Marcus Smart recentemente ha raccontato alcuni aneddoti della sua carriera ai microfoni di The Old Man & The Three (il podcast di JJ Redick).

FOTO: NBA.com

Questo contenuto è tratto da un articolo di Adam Taylor per CelticsBlog, tradotto in italiano da Erika Annarumma per Around the Game.


Nel corso degli anni vari podcast hanno avuto episodi con protagonisti alcuni giocatori dei Boston Celtics, passati e presenti. Ascoltare le parole di Marcus Smart, però, è un’occasione più unica che rara. Di recente è stato ospite di un episodio del podcast di JJ Redick, The Old Man & The Three, durante il quale ha trattato diversi argomenti.


Come ci si poteva aspettare, uno dei primi temi discussi nel podcast ha riguardato il fatto che, per gran parte della sua carriera, Smart si è trovato sulla bocca di tutti ogni volta che ci si avvicinava la trade deadline.

“Sono contento di essere ancora a Boston. Insomma, non è che non ci dorma la notte, alcuni dei miei compagni di squadra però sì. Ogni anno mi guardano come per dirmi ‘Come fai a sopportarlo?’ e ‘Sei ancora qui’, e io rispondo ‘Ve l’ho detto, lascio che sia il campo a parlare per me’. Però mi piacerebbe poter semplicemente andare sul parquet e giocare. Non dovermi più preoccupare di queste cose, così da poter convogliare le mie energie in quello che effettivamente dovrei fare in campo.”

Un aneddoto interessante che è emerso nella conversazione riguarda il fatto che alcuni fan della NBA preferiscano parlare delle trattative di mercato rispetto a guardare le partite, cosa che lascia perplessa la maggior parte degli atleti professionisti.

Ogni scambio di mercato stravolge in un batter d’occhio la vita di diverse persone: tanto per dirne un paio, i giocatori e le rispettive famiglie devono trovare una nuova casa e hanno a che fare con sistemi scolastici nuovi; in alternativa, i giocatori possono scegliere di non portare con sé le proprie famiglie e quindi fare da pendolari durante la stagione.

“Dai tutto te stesso e non puoi fare a meno di chiederti ‘è questa la vostra priorità?’. Come ho già detto, dai tutto te stesso, ogni sera vai là fuori e ci metti anima e corpo, e poi arriva qualcuno che si attacca a qualcosa che non c’entra nulla con il duro lavoro che hai fatto. Però si tratta di un business. Ai miei compagni di squadra dico sempre ‘Siamo nel business dell’intrattenimento, e chiaramente il business viene prima di tutto. Quando si tratta di affari, non puoi metterla sul personale, devi andare là fuori, fare quello che sei tenuto a fare ed essere professionale’. Funziona così.”

Quando dei tifosi discutono dei Celtics e viene fatto il nome di Smart, la conversazione può continuare in due modi, a seconda di come la pensano: o lo amano e ammirano il suo lavoro, o lo detestano e vedono la sua scarsa capacità di tiro e i suoi sfoghi in sala stampa come un fattore che penalizza la squadra. Non c’è una via di mezzo.

A quanto pare, Smart sente le critiche e legge i commenti. Nonostante ciò, è sicuro di sé e delle proprie capacità, e non ha mancato di ricordare alla gente che lui tuttora è il detentore del record per tiri da tre realizzati (11) in una sola partita nella storia della franchigia.

“Certo, possiamo sederci attorno a un tavolo e metterci a parlare di come tiro; con tutta probabilità non sono il miglior tiratore del mondo. Ci tengo a ricordare però che sono ancora io a detenere il record di triple realizzate in una sola partita dei Celtics.

In ogni caso, è una gara di popolarità. Il pubblico ha delle preferenze per alcune persone rispetto ad altre, quindi alla fine non importa cosa facciano quelle persone, perché saranno sempre nel giusto, e le altre sempre nel torto. Purtroppo, è così che funziona.

Io gioco la partita per vincere; poi vengono commentate le statistiche individuali, ma per me conta solo la vittoria. Il fatto che certe persone considerino solo le statistiche la dice lunga su quanto ne sanno di basket.”

Chiaramente, giocare ogni sera con una mentalità vincente non è da tutti, e non ottieni il titolo di Longest Tenured Player di una squadra NBA – ovvero, il giocatore che ha indossato la maglia di una sola squadra per più stagioni – se non hai qualcosa di speciale.

Quello che viene prima di tutto per Smart è il desiderio di competere al livello più alto possibile, ogni sera. Eppure, anche se la sua propensione al sacrificio è sotto gli occhi di tutti, raramente ci si domanda come faccia ad essere così motivato in ogni singola partita.

Ne ha parlato lui stesso, con delle parole molto toccanti:

“Mio fratello non ha avuto l’opportunità di rendere il suo sogno realtà. Questa possibilità gli è stata tolta molto presto; perciò, ogni volta che metto piede sul parquet, se non do tutto quello che ho, l’avrò perso invano. E questo non posso permetterlo. Il mio modo di pensare è: vai in campo e dai tutto quello che hai, perché ogni istante potrebbe essere l’ultimo.”

Smart e Redick hanno discusso anche dei tifosi di Boston, di come Redick in più di un’occasione stesse per firmare per i Celtics e di molti altri aneddoti che solo un giocatore NBA può condividere. A rendere questo episodio speciale è stata la presenza di un pubblico durante le riprese del podcast, al Crystal Ballroom di Boston, che ha dato all’evento le sembianze di un talk show.

Di seguito il video integrale della loro chiacchierata: