Nel 2003 John Rogers, ex guardia di Princeton, ha sconfitto “His Airness” in uno contro uno. Oggi racconta come è arrivato fin lì, in una meravigliosa epopea della Chicago anni Novanta.

Questo contenuto è tratto da un articolo di Jerry Bembry per Andscape, tradotto in italiano da Alberto Pucci per Around the Game.


I giorni di Micheal Jordan come spauracchio della NBA erano finiti da pochi mesi quando, nel 2003, decise di far spendere a dei vecchi 15mila dollari a Las Vegas per giocare un uno-contro-uno con lui: era la Micheal Jordan Flight School Camp, immortalata anche da un celebre episodio della sitcom My Wife and Kids (Tutto in Famiglia).


I partecipanti al camp avevano esperienze diverse: c’erano novizi della palla a spicchi che avevano ricevuto la partecipazione come regalo e giocatori da dopolavoro che erano fieri dello loro status di stelle nelle leghe dilettantistiche; oltre a loro, si presentava qualche ex giocatore di college ormai totalmente fuori dal mondo del basket, che voleva vedere se “ancora si ricordava come si facesse” (proprio per citare il #23).

Non importava molto chi fossero a MJ, che ogni anno passava del tempo durante il camp a sfidare i partecipanti in una partita uno-contro-uno. Se avevi il coraggio di alzare la mano e proporti per la sfida, infatti, l’obiettivo del 6 volte campione NBA era esporti ad una rapida e totale umiliazione, segnando il più presto possibile i tre canestri che lo avrebbero portato alla vittoria.

Un giorno, mentre la sessione di partite si stava per concludere, Micheal chiese un’ultima vittima dopo aver distrutto già oltre 20 partecipanti. John Rogers, che stava partecipando al suo terzo camp consecutivo, alzò la mano con imbarazzo, venendo chiamato al centro del campo.

Passiamo alla presentazione degli sfidanti:

All’angolo destro: Micheal Jordan, 1 metro e 98 centimetri, sei volte Campione NBA e MVP delle Finali, 5 volte MVP della Regular Season, 14 convocazioni all’All-Star Game, 30.1 punti di media in carriera, da molti considerato il più grande di tutti i tempi con una palla a spicchi in mano.

Lo sfidante: John Rogers, 45 anni, 1 metro e 82 centimetri, ex guardia dell’Università di Princeton, con una media di 3.5 punti a partita nelle 23 sfide a cui ha preso parte, 20 anni di onorata carriera da businessman.

Come imprenditore, Rogers aveva fondato ed era l’Amministratore Delegato della Ariel Investments, una società di investimento da molti definita come la più grande società finanziaria fondata da un rappresentante delle minoranze in America. Per tutti John era, quindi, null’altro che uno dei più grandi manager finanziari della Nazione.

Non era la prima volta, comunque, che i due si affrontavano. Quando MJ stava considerando il proprio ritorno sul parquet dopo il ritiro del 1998, Rogers è stato uno degli ex giocatori locali invitati da Micheal per aiutarlo, attraverso la partecipazione a delle partitelle, a riprendere il ritmo-partita.

“Avrò partecipato a 5-6 partite, ma la cosa è finita dopo che alcuni dei migliori giocatori del college della zona sono tornati a casa dalla fine della stagione. Però mi è capitato di marcare Mike a volte in queste partite. Ricordo che una volta ero davvero sicuro di stoppargli un tiro, e ovviamente non ho neanche visto la palla.”

La sua rivincita sarebbe arrivata due anni dopo…

La città di Chicago ha prodotto una grande quantità di talenti: da Maurice Cheeks a Tim Hardaway, oltre a Isiah Thomas. John Rogers non compare in nessuno di questi elenchi dei grandi di Chicago, ma ha giocato contro alcune di queste future stelle NBA.

Playmaker dalle grandi capacità realizzative, a Rogers si sono interessate moltissime università di Division III, durante il suo anno da senior all’High School. Era tuttavia la sua capacità sui banchi a permettergli di visitare alcune scuole prestigiose. E ogni volta che si recava in un’università, John si assicurava di incontrare il coach della squadra di basket.

A UPenn questi era il futuro Hall of Famer e medaglia d’oro olimpica nel 1992 – alla guida del Dream Team – Chuck Daly: “Abbiamo passato un’ora insieme” – ricorda Rogers – “e si poteva vedere benissimo come non fosse interessato a me”.

La visita a Princeton, invece, lasciò a John sensazioni differenti: era impressionato dalla storia del college, che aveva prodotto anche un campione NBA – e Senatore degli Stati Uniti – come Bill Bradley, e una scelta al primo giro del Draft come Armond Hill.

A Princeton sono stati tutti gentili con me, mi è sembrato un posto speciale con una grande storia di eccellenza, anche nel basket”.

Rogers era uno dei 9 nuovi reclutati da Princeton tra i freshmen del 1976. Ben prestò, però, realizzò che i posti nella prima squadra erano solamente 4, e che lui non era uno dei candidati forti. Fu capace, però, di salire nelle gerarchie fino a diventare il playmaker titolare della squadra freshmen, e fu fortunato nel vedere aprire un quinto posto nella squadra principale, che raggiunse nel suo secondo anno. Tuttavia, in quella stagione giocò un totale di 7 minuti, ripartiti in 4 gare, segnando 2 punti. Il suo coach, il leggendario Pete Carril, non fu certamente morbido:

In una partita di basket 5 contro 5 Rogers è letteralmente cieco; non ha alcuna visione di gioco, e io quella non la posso insegnare. Per questa ragione non può giocare in questa squadra”.

Nonostante queste parole, Carril, a detta di Rogers, ammirava almeno una qualità del suo playmaker: “Diceva che ero un ottimo giocatore di uno contro uno, perché ero bravo a segnare tiri difficili con entrambe le mani”, ricorda John.

Chissà se era proprio questo complimento a frullare nella testa di Rogers quando Micheal gli ha passato la palla per iniziare l’uno contro uno nel 2003. Certo è che MJ non aveva rinunciato al suo spirito provocatore: “Non ti arrabbiare con me, sono solo più bravo di te” – disse Jordan al suo avversario mentre si metteva in posizione difensiva, tirandosi leggermente su, come d’abitudine, i calzoncini. Aggiunse poi, mentre Rogers cercava di trovare concentrazione: “Pensi che organizzi questo camp per lasciarvi vincere?”.

Non aveva ancora finito quest’ultima frase, che Rogers aveva già palleggiato verso destra ed era arrivato al ferro per un layup che, nonostante fosse contestato da uno dei più grandi di sempre, si era insaccato docilmente.

É entrato e ho pensato – che bella sensazione! Non volevo rendermi ridicolo, tirare un airball. Pensavo che penetrare sarebbe stato il modo più facile per segnare un canestro, perciò dopo averlo messo, mi sono gasato.”

I partecipanti al camp gioiscono; Jordan, che spesso faceva segnare un canestro agli avversari di queste partite prima di umiliarli, sorride, sardonico. Rogers, camminando verso la linea da tre punti, si permette anche di dare una pacca sullo stomaco di Jordan, come a dire: “Dai, ci hai provato” .

Ovviamente, chi segna mantiene il possesso. E così Rogers recupera la palla, finta un tiro da fuori, palleggia due volte verso il ferro con la sinistra e si appoggia col corpo a Jordan, per creare separazione. Segna, con l’aiuto del tabellone, un tiro difficile di mano sinistra. Rogers 2, Jordan 0.

Poche persone avevano delle aspettative su Rogers come giocatore di basket, quando è entrato a Princeton; ma alla fine del suo penultimo anno, John ha mostrato alcuni lampi di talento, segnando 14 punti contro Yale e 20, career-high, contro Brown University. “Un reporter di una testata locale chiese a coach Carril del mio gioco” – ricorda ancora Rogers – “e lui rispose – se Johnny Rogers sapesse passare o palleggiare un minimo, potrebbe giocare molto di più”.

Rogers aveva raccolto solo tre presenze da titolare nel suo anno da junior, con cinque apparizioni totali, ma divenne capitano della squadra nel suo ultimo anno. In quella stagione i Tigers arrivarono primi a pari merito in Ivy League e mancarono il torneo NCAA solo per una sconfitta 50-49 contro quella UPenn che non aveva creduto in John.

Rogers era l’uomo che si sacrificava per prendere sfondamenti e recuperare i palloni, per questo è diventato il nostro capitano”. Così ricorda Rogers il suo compagno Craig Robinson, due volte giocatore dell’anno nella Ivy League e professionista in Inghilterra.

Nonostante il sogno di Rogers fosse, dopo l’università, diventare un coach dello sport che amava di più, tre anni dopo la laurea il giovane fondò, a Chicago, la Ariel Capital Management, oggi Capital Investors, che gestisce finanze di privati per un valore di oltre 10 miliardi di dollari. Per questo Rogers è stato riconosciuto, nel 2014, come uno dei migliori 99 investitori del mondo, nello stesso elenco in cui figurano Warren Buffet e Peter Lynch.

Ha anche fatto parte del CdA di aziende come McDonald’s, Nike e The New York Times, oltre a presiedere il comitato per l’inaugurazione del 44esimo Presidente degli Stati Uniti: il suo amico di lunga data Barack Obama. In tutto questo, Rogers è riuscito a mantenere il proprio amore per il basket. Insieme a Craig Robinson e ad altri ex giocatori di Princeton ha infatti creato una squadra dilettantistica che giocava nelle rec leagues di Chicago, dove incontrava avversari come Juwan Howard e Micheal Finley; a questa squadra si unirà anche Arne Duncan, grande ex giocatore di Harvard e futuro Ministro dell’Istruzione con Obama.

Con Rogers, il team vinse varie competizioni regionali, nazionali e mondiali di basket tre contro tre. Così lo ricorda il compagno Kit Mueller, secondo di sempre per punti segnati con la canotta di Princeton e due volte miglior giocatore della Ivy League:

Quando andavamo a giocare i tornei 3 contro 3, io mi mangiavo tranquillamente un cheeseburger mentre John faceva lo scouting degli avversari: era ossessionato dalla vittoria e ossessionato dallo scoprire un qualsivoglia dettaglio che gli desse un vantaggio.”

Ma torniamo al camp del 2003. John aveva creato un vantaggio pure contro MJ: era sopra 2-0 e aveva la palla in mano. Tentò quindi, di nuovo, di attaccare il ferro da destra, ma sbagliò il tiro con spazio contro un Jordan ancora abbastanza pigro in difesa. Quasi vent’anni dopo Rogers si dice ancora stupito che non sia entrato.

Jordan, che finalmente aveva recuperato la palla, stuzzica Rogers e segna in scioltezza un tiro da tre punti. Recuperata la palla, ne segna un altro.

Rogers, che pensava che i tiri da tre valessero doppio, esce dal campo convinto che il match sia finito 4-2, ma Michael lo richiama in campo Il risultato è ancora 2-2.

Dopo un paio di altri errori, Rogers si ritrova con la palla in mano e la possibilità di vincere.

Ero indeciso se tirare da fuori o penetrare. Ho semplicemente seguito il mio istinto”.

Palleggia verso sinistra, si butta nuovamente contro Jordan e lancia per aria una preghiera…

Mi ricordo ancora la palla che sale e io che, mentre sto cadendo fuori dal campo, sento Mike dire ‘Oh No!’ , prima di vederla entrare. Sapevo che quel tiro era il mio marchio di fabbrica.”

I due si abbracciano e la folla, tra cui c’è Damon Wayans, uno dei migliori amici di Jordan e il protagonista/creatore proprio di My Wife and Kids, impazzisce. “Levate quella foto di lì”, grida Wayans indicando il ritratto di MJ, “e mettetene su una di Rogers”.

Dopo la vittoria Rogers aveva un altro enorme problema: farsi dare il filmato.

L’ho chiesto immediatamente e mi è sembrata un’attesa eterna, pensavo l’avessero perso e continuavo a infastidire il camp. Fortunatamente, due mesi dopo, me l’hanno mandato.”

Con il filmato nelle sue mani, la prima cosa che Rogers fece fu copiare la cassetta per i suoi amici, che finalmente avevano una prova concreta di quella partita che aveva raccontato. “Ne era super orgoglioso”, ricorda Kit Mueller, “e come puoi biasimarlo: ha battuto Micheal Jordan!”.

Anche Craig Robinson, che oltre ad essere il già citato ex compagno di Rogers è il fratello di Michelle Robinson (che ha sposato Barack Obama), fu stupito dalla vittoria dell’amico:

Quando l’ho sentito dire ‘Ho battuto MJ’ pensavo che Mike avesse giocato senza cattiveria, invece vedi il video e ti accorgi che ha giocato… è una leggenda per aver fatto ciò? Certo, oggi una cosa del genere sarebbe virale!”

Il video, in realtà, è oggi virale grazie al Wall Street Journal, che ne ha pubblicato una versione editata nel 2008. Non è raro quindi che Rogers venga riconosciuto per Chicago o negli hotel. Non per essere un imprenditore di successo molto vicino ad un ex Presidente degli Stati Uniti, ma per aver battuto Mike al suo camp 19 anni fa.

É divertente perché io sono una persona di basso profilo, eppure quando vado a delle conferenze, chi mi presenta tira sempre fuori questa cosa come se fosse il punto più alto del mio curriculum.”

Rogers, oggi 63 anni, ha avuto moltissimi riconoscimenti sportivi nella propria vita. É stato compagno di gioco del Presidente Obama negli anni Novanta, ha battuto 176 avversari al torneo di poker di Warren Buffet, lavora con la Nazionale americana per preparare alcuni giocatori ai Giochi Olimpici per il basket tre contro tre.

Ma dove si colloca la vittoria contro Jordan in tutto questo?

“In cima” – ha detto Rogers – “Ma senza tutto il resto, gli anni a Princeton, coach Carril, i tornei, le amicizie, tutto ciò non sarebbe così bello.”

Rogers, che ha smesso di giocare solo 6 anni fa dopo aver dovuto impiantare una protesi all’anca, è comunque realista sulla sua partita contro His Airness: è stato più fortunato che bravo. “Sappiamo tutti che se avessimo giocato altre 100 volte mi avrebbe battuto 100 volte. Ma quel momento lo ricorderò per sempre e, in tutto, avrò guardato quel video almeno un milione di volte.”