Un po’ per nostalgia, un po’ per disperazione, un po’ per ironia: ripercorriamo insieme alcuni dei momenti più assurdi della storia dei Knicks.

Questo articolo, scritto da Harrison Liao per The Knicks Wall e tradotto in italiano da Marco Richiedei per Around the Game, è stato pubblicato in data 8 settembre 2020.


Non è di certo eresia affermare che i New York Knicks abbiano vissuto alcune delle situazioni più assurde della storia dello sport americano.


Per quanto possa essere intrigante, pare in realtà impossibile classificare questi momenti secondo determinati criteri logici: i Knicks sembrano infatti sfidare costantemente la sorte e andare oltre ogni logica.

Non è un caso che molti tifosi dei Knicks siano perennemente preoccupati, nonostante young core promettenti e progetti tecnici diversi. La normalità non fa parte del DNA dei Knicks, l’assurdità invece sì.

Dalla fine dell’era Patrick Ewing/Pat Riley, i Knicks sono stati la franchigia più “assurda” della Lega, ed è difficile pensare che le cose cambieranno.

Ecco quindi una lista – senza un ordine particolare, come detto – dei momenti più assurdi della storia dei New York Knicks.

I Bulls stoppano Charles Smith per quattro volte consecutive (Eastern Conference Finals 1993)

Forse il momento più straziante nella storia dei Knicks.

Con la serie in parità (2-2) e la squadra in svantaggio 95-94, i Knicks preparano uno schema per la loro superstar, Patrick Ewing. John Starks inizia l’azione palleggiando sul lato destro del campo e i Bulls schierano la difesa invitando Starks a spostarsi ulteriormente a destra (cosa che non farà).

Starks scarica la palla a Ewing, che è marcato da Antonio Blakeney. Ewing cerca di andare a canestro ma incontra la resistenza di Blakeney e perde l’equilibrio: prima di cadere sul parquet, passa la palla a Charles Smith.

Smith prende palla a poco più di un metro dal canestro e ha la possibilità di portare la serie (contro quella che è probabilmente la migliore squadra della storia NBA) sul 3-2 con un semplice layup… il resto è storia.

Smith viene stoppato quattro volte consecutive (una da Horace Grant, una da Michael Jordan e due da Scottie Pippen), i Bulls recuperano palla, B. Armstrong arriva a canestro e segna: la serie finisce sostanzialmente qui.

Gran parte della colpa è di Smith, nonostante grandi meriti vadano attribuiti all’incredibile concentrazione, al tempismo e alla volontà della difesa di Chicago: pochi riuscirebbero a segnare contro una tale mole di energia e di determinazione.

I Knicks recupereranno l’anno successivo, battendo i Bulls in Gara 7 e approdando alle Finals, dove verranno poi sconfitti dai Rockets di Hakeem Olajuwon.

La parabola di Stephon Marbury

I tifosi dei Knicks vedevano Stephon Marbury come una specie di Neo di The Matrix, arrivando persino a soprannominarlo “New York Point God” come fosse una creatura mitologica.

Nato e cresciuto a Conley Island, Brooklyn, viene soprannominato “Starbury” fin da piccolo, grazie al suo talento fuori dal comune. E infatti gioca come ci si aspetterebbe da un giovane di Conley Island: inarrestabile, grintoso e feroce.

Dopo un paio di stagioni mediocri a Minnesota, “Starbury” inizia a dimostrare che il suo soprannome non è stato scelto a caso: viene mandato via trade prima ai New Jersey Nets, dove diventa un All-Star e un All-NBA, e poi a Phoenix (in cambio di Jason Kidd), dove continua a giocare ad altissimi livelli.

Il 5 gennaio 2004, Stephon Marbury viene scambiato ai New York Knicks. E’ ormai una vera Star e vuole tornare a casa per giocare davanti a gente che lo idolatra.

Eppure, la “stella” Marbury si consuma molto prima che possa raggiungere lo stadio “supernova” che tutti si aspetterebbero per lui. I risultati ottenuti da Marbury e compagni alle Olimpiadi nell’estate 2004 sono premonitori circa quale piega prenderà la sua carriera ai Knicks.

Appena arrivato a New York, iniziano i contrasti con l’allenatore, Larry Brown, noto per la poca tolleranza nei confronti di point guard con tanti punti nelle mani. Brown viene poi licenziato. Qui la domanda nasce spontanea: come sarebbero andate le cose se nel 2005 i Knicks avessero assunto un altro allenatore rispetto a Isiah Thomas?

Quell’anno Isiah Thomas lascia il ruolo di General Manager dei Knicks e diventa l’allenatore della squadra guidata da Marbury. La scelta si rivela una catastrofe.

Thomas e Marbury litigano costantemente e in modo poco costruttivo. Thomas decide di lasciare Marbury in panchina: il diretto interessato lo viene a sapere solo da fonti esterne e, in risposta, si fa sottoporre a un inutile intervento chirurgico alla caviglia per poter porre fine alla propria stagione.

A questo punto i fan dei Knicks si scagliano contro il ragazzo che una volta idolatravano, accusandolo di aver usato la storia dell’operazione come scusa per abbandonare la squadra (il che è in parte vero, ma minimizza le colpe di Thomas). A peggiorare le cose, le signature shoes di Marbury (le famose “Starburys”) si rivelano un flop sul mercato e il giocatore deve affrontare anche la morte del padre.

Anche l’atleta più calmo e lucido faticherebbe a restare concentrato in una stagione così disastrosa. Marbury non era, per così dire, l’atleta più calmo.

Non a caso fa una delle cose più assurde mai viste.

Mangia Vaselina per curare un mal di gola, piangendo come un bimbo all’ascolto di musica anni ’90. Questo accade nel 2009, quando è ormai chiaro che la carriera NBA di Marbury è finita. Nel 2015 ammette poi di essere stato clinicamente depresso e di aver avuto istinti suicidi.

Sua moglie Latasha confida successivamente, in un’intervista rilasciata a Sports Illustrated, che nel periodo di esaurimento “stava a letto tutto il giorno a mangiare”.

Di recente le cose sono migliorate per Marbury: si è trasferito in Cina, posto che ora chiama “casa”, ed è diventato il “Michael Jordan cinese”. A Pechino è stata persino eretta una statua in suo onore.

L’anno scorso Marbury ha dichiarato a The Undefeated:

“Gli ultimi due anni sono stati completamente diversi rispetto ai precedenti dieci,”

Eppure, spesso ci si chiede ancora cosa sarebbe successo se le cose a New York fossero andate diversamente:

  • E se Marbury avesse avuto un allenatore più comprensivo e più vicino ai giocatori come Ty Lue? E se quell’allenatore si fosse occupato di più sia del suo gioco che della sua salute mentale per aiutarlo a massimizzare il suo potenziale?
  • E se l’NBA avesse avuto già allora l’attenzione che ha oggi verso la salute mentale dei giocatori? Marbury avrebbe ricevuto l’aiuto di cui aveva bisogno?
  • Se entrambe le cose fossero accadute, e se i Knicks avessero costruito la squadra intorno a Marbury, oggi sarebbe considerato uno dei migliori giocatori dei Knicks di tutti i tempi? Probabilmente sì. In questa realtà alternativa, probabilmente Marbury non avrebbe regalato un titolo ai Knicks, ma avrebbe dato tutto per la squadra e New York lo amerebbe per sempre per questo: non credete?

Starbury, senza dubbio di uno dei più grandi punti interrogativi della storia NBA.

“Air Bargnani”

Diamo un’occhiata a questo video: non ci sarà bisogno di aggiungere altro.

In seguito a questa azione, Andrea Bargnani subisce uno strappo al legamento del gomito e rimane fuori per il resto della stagione.

JR Smith slaccia le stringhe all’avversario

La giocata “sporca” più creativa di sempre?

“Linsanity”

L’exploit di Jeremy Lin nel 2012 è, a mani basse, il momento più importante nella storia (non così ricca) delle relazioni sportive tra Asia e Stati Uniti.

Eppure, nonostante l’iconica e inaspettata affermazione di Lin, si sa ancora relativamente poco di lui.

Nel periodo che segue la cosiddetta “Linsanity”, lo status di Lin come pilastro dell’identità asiatico-americana mantiene il suo significato nell’immaginario comune, ma la sua personalità va al tempo stesso nella direzione opposta: Lin come giocatore rappresenta infatti tutti gli asiatici-americani, ma Lin come uomo rappresenta in realtà solo gli asiatici-americani più devoti.

È un uomo semplice, e non in senso negativo. Se si dà un’occhiata al suo account Twitter, si troveranno molte riflessioni cristiane unite a considerazioni generali sul basket. Questo è letteralmente tutto ciò che sappiamo di Jeremy Lin come persona: ama Dio e ama il basket, in quest’ordine. Il che, con il senno di poi, rende il fenomeno della “Linsanity” ancora più bizzarro.

Molti intravedevano in lui una sorta di superstar dal carattere molto riservato, probabilmente a causa dei pregiudizi nei confronti degli asiatici. In fondo, penso che sia quello che molti asiatici-americani volevano che fosse, ma lui non è così. Jeremy Lin è un uomo normale.

Il fatto che un uomo così semplice abbia ricevuto una tale attenzione mediatica, rende la “Linsanity” ancora più strana e speciale.

Spike Lee VS Reggie Miller

Gli appassionati di basket attribuiscono generalmente la colpa di questo episodio a Spike Lee, e non hanno tutti i torti: probabilmente avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Ma se guardiamo il video, capiremo che non è stata tutta colpa sua se Reggie Miller ha giocato la sua miglior partita di sempre…

Diciamo che la colpa è per il 30% di Spike Lee: al resto ci pensa la difesa assolutamente orrenda dei Knicks.

Arrivati all’ultimo quarto in vantaggio di 70-58 (che Kevin Harlan definì un punteggio “molto alto”, anche se per l’NBA di oggi sarebbe ridicolo), i Knicks iniziano a commettere errori folli in difesa:

  • John Starks perde Reggie Miller su un blocco, Miller taglia verso la linea dei tre punti, prende palla e segna. Inutile chiedersi perché Starks non abbia attuato una marcatura più stretta su uno dei migliori tiratori di sempre.
  • Miller si ritrova ancora una volta smarcato e si prende un tiro aperto da tre punti – Starks lo aveva perso nuovamente su un blocco – e Herb Anderson non fa assolutamente nulla per contestare il tiro.
  • L’intero quintetto dei Knicks perde di vista Miller e cade sul parquet (o meglio, su LaSalle Thompson). Miller corre verso l’angolo sinistro e mette a segno un altro tiro (da due punti questa volta, visto che il suo piede era sulla linea dei tre punti).

A questo punto, Spike Lee gli urla qualcosa nel tentativo di deconcentrarlo… ma è ormai troppo tardi.

Eddie Curry viene denunciato per “aver mostrato il proprio membro” al suo autista

Nel gennaio 2009, ovvero nel periodo di tensioni tra Stephon Marbury e Isiah Thomas, i Knicks si ritrovano al centro di un’altra storia assurda: l’ex autista di Eddy Curry, Dave Kuchinsky, presenta una denuncia per molestie sessuali nei confronti del proprio cliente e sostiene che Curry gli debba circa 100.000 dollari di risarcimento.

La vicenda è così ridicola che sarebbe assurdo raccontarla per intero. Ecco però alcuni dettagli:

  • Kuchinsky sostiene che Curry gli debba 68.000 dollari di stipendio arretrato e altri 25.000 dollari per debiti passati.
  • Kuchinsky afferma poi di essere stato vittima, in almeno due episodi distinti, di molestie sessuali da parte di Curry:- Un giorno Curry avrebbe mostrato il proprio membro all’autista dicendo “Guardami, Dave, guardami. Vieni a toccare, Dave”.- Curry gli avrebbe anche fatto svolgere “compiti umilianti solo per divertimento”, come pulire salviette sporche di sperma in modo che la moglie non le potesse trovare.- Di fronte al rifiuto di Kuchinsky, Curry avrebbe iniziato ad insultarlo in malo modo e avrebbe poi puntato una pistola carica contro l’autista per evitare lamentele.

Curry ovviamente nega tutto e lo fa con validi motivi. Qualche dettaglio in più sulla vicenda rende più che dubbia la veridicità delle affermazioni di Kuchinsky:

  • Kuchinsky se ne sarebbe uscito con queste accuse solo dopo essere stato licenziato da Curry.
  • Subito dopo il licenziamento, Kuchinsky avrebbe parlato con l’avvocato di Curry, Kelly Saindon, senza però fare alcun accenno a questi presunti episodi.
  • Kuchinsky era già stato condannato per diversi reati, tra cui furto con scasso avvenuto nel 1992.

“Immagino sia uno di quei casi in cui per davvero bisogna stare attenti a chi si ha intorno, pensavo davvero fosse mio amico.” (Eddy Curry)

Charles Oakley VS James Dolan

Ora, ditemi se una qualsiasi altra franchigia nella storia dello sport americano sia mai stata protagonista di una sequenza di eventi come questa:

1. Mentre assiste ad una partita in casa, un ex giocatore dei Knicks – Charles Oakley, una leggenda quasi universalmente amata dai fan – viene allontanato di forza dal suo posto, ammanettato e trattenuto da agenti di sicurezza e poliziotti.

2. In segno di protesta, fa capire a chi lo circonda che quanto sta accadendo è opera di un presidente meschino e di una franchigia in decadenza.

3. Il giocatore in questione denuncia il proprietario della squadra.

4. Perché tutto questo risentimento tra il proprietario e il giocatore? A quanto pare, 15 anni prima il giocatore avrebbe rilasciato delle dichiarazioni che avrebbero offeso il proprietario della franchigia, al punto che questo abbia deciso di non voler riconoscere l’esistenza del giocatore stesso.

5. Il giocatore in questione non sa nemmeno di che dichiarazioni si tratti e ha inoltre cercato per anni di fare ammenda con il proprietario.

Dubito davvero che qualcosa di simile sia mai accaduto ad altre squadre. Solo a New York.