Proviamo a riscrivere, con tutte le accortezze del caso, la sceneggiatura del Draft che ha portato “the Greek Freak” nel mondo NBA.

 


Antetokounmpo_NBA_Around_the_Game

 

 

“Il nostro lavoro non è sapere cosa funzionerà bene; è sapere cosa funzionerà meglio rispetto a quello che altri team pensano possa andare bene. Devi riconoscere per primo quello che gli altri team semplicemente non vedono”.

 

Questo è il mantra di Daryl Morey, GM dei Rockets, votato migliore tra i suoi pari nella scorsa stagione. Da questa frase pronunciata nel podcast di Adrian Woynarowski si evince molto, se non tutto, del lavoro di un General Manager nell’NBA moderna. E questa filosofia, come spiega Morey, si applica soprattutto in due circostanze precise del multiforme ambito in cui lavorano i front office: la ricerca dei giocatori a cui assegnare i contratti al minimo salariale per completare il roster e soprattutto il processo di scouting che precede il Draft.

 

Il draft appunto, la scienza più inesatta in una Lega sempre più dominata da statistiche avanzate e analytics. Tanto inesatta che le cosiddette “cantonate” si susseguono anno dopo anno e tanto più che quest’ultime, ancor più delle scelte effettivamente azzeccate, fanno da filo conduttore nella storia di questo affascinante evento annuale del mondo NBA.

 

Da Kwame Brown a Darko Milicic, fino ad Anthony Bennett, la lista è lunga e con grande dispiacere di tifosi e addetti ai lavori continuerà a crescere. Le variabili in gioco quando si tratta di scegliere il giusto giocatore e soprattutto la giusta persona su cui puntare sono innumerevoli e non si fermano solo a mere statistiche e misurazioni antropometriche. C’è molto di più, e così come in tutte le scienze inesatte la fortuna svolge un ruolo da protagonista.

 

Ciò detto riscrivere a posteriori l’ordine delle scelte di un draft può sembrare un “gioco” superficiale, allo stesso tempo però si possono trarre spunti interessanti (e divertenti) sul processo decisionale dei vari front office e sulle analisi dei cosiddetti esperti del settore.

 

Ecco quindi la rivisitazione del primo giro del Draft 2013, l’ultimo officiato da David Stern nel ruolo di Commissioner, per l’occasione subissato di fischi ad ogni apparizione dal pubblico del Barclays Center di New York.

 

 

 

1: Giannis Antetokounmpo

 

Basta un termine per giustificare questa scelta: MVP. Il greco è di gran lunga il miglior giocatore uscito da quella annata e l’unico assieme ad Oladipo ad aver già partecipato ad un All-Star Game. Scelto alla 15 dai Bucks, rappresenta l’incarnazione di quanto detto da Morey in precedenza; la dirigenza di Milwaukee ha visto in lui il futuro della Lega e in questa occasione ci ha visto davvero bene.

 

Interessante l’analisi che l’esperto di prospetti internazionali Fraschilia diede durante la classica diretta televisiva di ESPN: “di sicuro il giocatore tra i presenti con più upside”. Beh anche lui ci aveva visto bene.

 

Per la cronaca, i favoriti dei vari analisti di ESPN per la prima scelta erano Noel, Oladipo e, dulcis in fundo, Ben McLemore…

 

 

 

2: Victor Oladipo

 

In uscita da Indiana University, all’epoca era uno dei favoriti per andare alla 1. Venne scelto invece con la seconda scelta assoluta dagli Orlando Magic, che in lui intravidero tutte le caratteristiche che ne fanno la stella della sua franchigia… gli Indiana Pacers.

 

Ad Orlando così come ad Oklahoma City non è infatti andata come sperato e a Victor a quanto pare serviva tornare alle origini, tornare nel “Basketball State”, per imporsi anche a livello professionistico.

 

 

 

3: Rudy Gobert

 

Nella suddetta diretta di ESPN al momento della scelta vengono snocciolate le misurazioni antropometriche fuori dalla norma di questo francesone semi sconosciuto ai più: quarta wingspan (7.9 ft) più ampia di sempre misurata al Draft Combine e seconda Standing Reach (9.7 ft) più alta rilevata. Davanti a queste misure Bill Simmons, uno degli analisti presenti, esclama tra il serio ed il faceto: “con queste misure forse sarebbe dovuto andare più in alto.”

 

Effettivamente la ventisettesima scelta per il due volte miglior difensore NBA (2017/18 e 2018/19) è un po’ bassina…

 

 

 

4: CJ McCollum

 

Dopo l’esperimento riuscito l’anno prima con Damian Lillard, Rookie dell’Anno nel 2012/13, Portland punta di nuovo su una guardia in uscita da un college non di primo livello in quanto a programma cestistico, ossia LeHigh University (primo e finora unico giocatore scelto al Draft proveniente dai Mountain Hawks).

 

Dopo due stagioni difficoltose, la decima scelta assoluta si consacra nel 2015/16, anno in cui vince l’MIP; e da allora forma con Dame uno dei backcourt più invidiati della Lega.

 

 

 

5: Steven Adams

 

Sam Presti si conferma abile scout. Dopo aver scelto nei vari draft gente come Durant, Westbrook ed Harden, chiama alla 12 il lungo neozelandese, affermatosi negli anni tra i migliori centri vecchio stampo in circolazione; e come figura di culto ad OKC, e non solo.

 

 

6: Dennis Schröder

 

Appena giunti ad Atlanta il GM Perry e coach Mike Budenholzer decidono di portare un po’ dello spirito internazionale che si respirava a San Antonio e utilizzano la 17esima scelta per un giovane tedesco che ben ha impressionato al Nike Hoop Summit di quell’anno: Dennis Schröder da Braunschweig – per l’occasione pronunciato nelle più diverse declinazioni possibili da David Stern e compagnia…

 

 

 

7: Andre Roberson

 

L’attuale ala dei Thunder venne inizialmente scelta dai Golden State Warriors, i quali però il giorno stesso del Draft lo spedirono in Oklahoma in cambio di Goodwin, scelto alla 29 da OKC, e soldi.

 

A posteriori, altra grande mossa del front office guidato da Presti, che si ritrova a roster un difensore di primissimo livello (96.6 di Defensive Rating nella stagione 2017/18).

 

 

 

8: Otto Porter

 

Una delle giovani promesse più attese, venne scelto con la terza scelta assoluta dai Washington Wizards.

 

Al piano superiore ha mostrato solo in parte ciò che doti fisiche e tecniche facevano intravedere, nonostante ciò la dirigenza della capitale, spinta da offerte fuori mercato dei Nets, ha deciso di rifirmarlo a cifre altissime (106 milioni in quattro anni). All’epoca uno dei contratti più onerosi in tutta la Lega, tanto che i Wizards per liberarsene nel febbraio 2019 si sono accontentati di avere in cambio dai Bulls Jabari Parker, Bobby Portis e una futura seconda scelta. 

 

 

 

9: Kelly Olynyk

 

Scelto alla 13 da Dallas, venne subito mandato a Boston in cambio di due seconde scelte future e Nogueira, scelto alla 16. In studio i diversi analisti si facevano beffe di Bill Simmons, noto tifoso Celtics, ancora abbacchiato dopo la fine dell’era dei big three bianco verdi e non certo entusiasta per il nuovo “erede” di KG.

 

In quel momento mai avrebbe pensato di assistere ad una prestazione del genere (video sotto) da parte sua…

 

 

 

 

10: Tim Hardaway Jr

 

Figlio d’arte, venne scelto alla 24 dai Knicks, per i quali, dopo un intermezzo di due anni ad Atlanta, ha ancora giocato, prima di passare ai Mavs nella trade-Porzingis.

 

Fin da subito la sua qualità principale è stata la produzione offensiva, e i 10 ppg della prima annata gli valsero l’inserimento nel primo quintetto di matricole 2013/2014. Una cosa è certa, fare canestro è nel suo DNA.

 

 

 

11: Mason Plumlee

 

Il secondo dei tre fratelli Plumlee ad approdare in NBA e senza dubbio quello con maggior talento, venne scelto dai Brooklyn Nets del neo allenatore Jason Kidd. Oltre ad indubbie doti atletiche e fisiche, che lo rendono un ottimo rimbalzista, negli anni ha mostrato anche di avere spiccate qualità come passatore (nell’ultima stagione a Portland ben 4 assist di media a partita).

 

 

 

12: Nerlens Noel

 

L’estate 2013 ha visto il prorompente ingresso in scena di uno dei General Manager più geniali e controversi della storia recente dell’NBA: Sam Hinkie. Come prima mossa dal suo insediamento a Philadelphia, Hinkie scambia il suo giocatore di maggior talento, Jrue Holiday, per Nerlens Noel, scelto alla 6 da New Orleans, e una futura prima scelta.

 

Il “Processo” ebbe ufficialmente inizio quel giorno e un giocatore come Noel, talentuoso e promettente, ma soprattutto infortunato (rottura del crociato anteriore a febbraio del 2013), non poteva che rappresentarne il primo tassello. E via di tanking sfrenato.

 

 

 

13: Cody Zeller

 

Nato e cresciuto nel “Basketball State”, vi frequenta anche il college ad Indiana University assieme a Victor Oladipo. Presentato come uno dei lunghi più atletici e fisici della nidiata, viene scelto con la quarta assoluta dagli allora Charlotte Bobcats.

 

Non la prima né tantomeno l’ultima di una serie di chiamate sbagliate in sede di Draft da parte di Jordan e soci.

 

 

 

14: Allen Crabbe

 

Presentato come uno dei migliori tiratori disponibili, Crabbe dovette aspettare il secondo giro prima di essere selezionato da Cleveland, la quale lo girò subito a Portland in cambio di due future seconde scelte. Non un errore madornale, sia chiaro, ma la ciliegina sulla torta di una notte tragicamente indimenticabile in casa Cavaliers – il cui front office, in onore del crudele nomignolo affibbiato alla loro città, decise di aggiungere due ulteriori “mistake on the lake”: Anthony Bennett, prima scelta assoluta, e Sergey Karasev, 19esima pick.

 

Dopo delle stagioni non trascendentali a Portland, il nostro Allen ha fatto jackpot nell’ormai famigerata estate del 2016, durante la quale è riuscito a strappare un contratto da $75M in quattro anni!

 

 

 

15: Reggie Bullock

 

Scelto alla #25 dai Clippers, è un giocatore molto simile a Crabbe, tiratore affidabile (44.5% da tre nella stagione 2017/18, secondo al solo Collison); l’unica differenza sostanziale con il suddetto sono i 16 milioni di dollari in meno che guadagna all’anno. Misteri del magico mondo dell’NBA.

 

Se non altro potrà dire ai nipotini di aver giocato assieme a LeBron James, anche se per poco.

 

 

16: Trey Burke

 

Uno dei prospetti più interessanti dell’epoca, forte dei suoi 18.6 ppg e 6.7 apg a Michigan, i Timberwolves utilizzarono la nona pick per chiamarlo, ma lo scambiarono successivamente con i Jazz per altri due rookie selezionati la sera stessa, Gorgui Dieng e Shabazz Muhammad.

 

Il primo anno nello Utah è più che positivo, ma da lì in poi pochi miglioramenti. Segnali di vita pervenuti nella stagione 2017/18, in cui ha chiuso alla grande nel desolante contesto dei Knicks, per poi essere incluso nella trade che ha visto Porzingis volare a Dallas. Durante la Free Agency 2019 ha firmato con i Philadelphia 76ers.

 

 

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17: Tony Snell

 

Scelto dai Bulls con la ventesima chiamata, in lui Thibodeau vedeva un potenziale 3&D da sviluppare in stile Jimmy Butler. Le cose non sono andate esattamente così, ma Tony rimane comunque un discreto giocatore di rotazione.

 

 

 

18: Kentavious Caldwell-Pope

 

Giocatore solido su entrambi i lati del campo, sì, ma forse non così tanto da meritarsi 30 milioni in due anni dai Lakers! Per sua fortuna l’agente si chiama Rich Paul, lo stesso di un certo LeBron James e dell’ultimo arrivato a Los Angeles, Anthony Davis.

 

Dopo varie stagioni in doppia cifra per punti segnati con la maglia dei Pistons, a Los Angeles ha trovato molto meno spazio. Detroit poteva spendere meglio la sua ottava chiamata, mentre LA, i suoi soldi, sa bene perché (e soprattutto per chi) li ha spesi…

 

 

 

19: James Ennis

 

Altro second rounder, questa volta scelto da Atlanta con la 50, viene girato subito a Miami. Dopo anni in giro per l’NBA, tra le altre Memphis e Detroit, e soprattutto dopo tanta gavetta in G-League, si è costruito un solido ruolo da 3&D, tanto da aver giocato nelle ultime stagioni in squadre con importanti ambizioni, come Rockets e Sixers.

 

 

 

20: Gorgui Dieng

 

Fresco campione NCAA con Louisville di Rick Pitino, venne selezionato da Utah con la 21esima pick e mandato a Minnesota nella trade per Trey Burke. Al momento della chiamata il Commissioner David Stern si inorgoglì citando la storia di Gorgui, scoperto tramite il progetto “Basketball Without Borders”.

 

 

 

21: Mike Muscala

 

Venne scelto al secondo giro (n°44) dai Mavs e scambiato successivamente assieme a Cunningham e Nogueira, quella sera in versione pacco postale senza destinatario, ad Atlanta in cambio di Larkin e cash.

 

Agli Hawks Muscala si è piano piano ritagliato un ruolo importante dalla panchina e nella off season 2018  è passato a Philadelphia, in cerca di un sostituto di Ilyasova.  Dopo neanche un anno nella città dell’amore fraterno si è trasferito a Los Angeles, dove nel giro di due mesi ha vestito, si fa per dire, la casacca di entrambe le squadre losangeline.

 

 

 

22: Alex Len

 

Uno dei grandi (e tanti) errori dei Suns negli ultimi Draft.

 

Scelto con la quinta chiamata assoluta da Phoenix, e presentato dagli analisti come un centro vecchia scuola abile in post basso, non è mai riuscito a fare il salto di qualità definitivo, nonostante in Arizona tempo e spazio per farlo gli siano sempre stati concessi. Nel 2017 è passato ad Atlanta, dove presumibilmente rimarrà fino a luglio 2020, quando diventerà unrestricted free agent.

 

 

 

23: Alex Abrines

 

Venne scelto al secondo giro da OKC, 32esima pick, ma il suo debutto nella pallacanestro americana avvenne solo due anni dopo. Di lui abbiamo recente parlato qui.

 

 

 

24: Solomon Hill

 

Altro giocatore solido, ma nulla di più. Buono per allungare le rotazioni.

 

A ben vedere altro “miracolato” della free agency 2016, quando la dirigenza dei Pelicans decise di offrirgli un quadriennale da 48 milioni complessivi, il tutto dopo un’entusiasmante stagione da 4 punti di media a partita ad Indiana. Ah, l’estate 2016…

 

 

 

25: Isaiah Canaan

 

Scelto dai Rockets nel secondo giro (n°34), in questi anni ha girovagato come pochi tra le franchigie in cerca di “tappabuchi”, senza che nessuno gli offrisse mai un contratto garantito. 

 

 

 

26: Lorenzo Brown

 

Altro esempio di girovago professionista, dall’estate 2017 in poi ha militato nei Toronto Raptors. Sfortunatamente per lui non ha fatto parte del roster che ha vinto il titolo nel 2019, essendo stato tagliato dai canadesi nel febbraio dello stesso anno.

 

 

 

27: Michael Carter-Williams

 

Triste parabola per quello che fu la matricola dell’anno nel 2014, preso con l’undicesima scelta assoluta dai Sixers. Dopo una campagna da rookie notevole – chiusa con 16.7 ppg, 6.3 apg, 6.2 rpg e il titolo di ROY – venne scambiato la stagione successiva e finì a Milwaukee.

Da lì in poi il declino è stato inesorabile.

 

 

28: Shabazz Muhammad

 

Finalmente parliamo dell’Eriberto (anche noto come Luciano) in versione stelle e strisce. Proprio come l’indimenticata ala del Chievo Verona dei miracoli, il nostro Shabazz mentì riguardo la propria età, attribuendosi un anno in meno e sfruttando così l’opportunità di giocare contro avversari più piccoli – e in adolescenza anche un anno fa la differenza, eccome.

 

Nonostante lo scandalo scoppiò prima del Draft, venne ugualmente selezionato con la numero 14 dai Jazz e girato a Minnesota. Dopo anni in NBA con più ombre che luci, ora gioca nel campionato cinese per gli Shaan Xi Wolves.

 

 

 

29: Raul Neto

 

Scelto al secondo giro da Atlanta e girato a Utah, fece il suo esordio in NBA due stagioni dopo. Dopo l’esperienza tra le fila dei Jazz, ha firmato nell’estate del 2019 un contratto annuale con i Sixers.

 

 

 

30: Shane Larkin

 

Scelto al primo giro con la diciottesima chiamata dagli Atlanta Hawks, passò la sera stessa ai Dallas Mavericks, per i quali giocò una sola stagione. È passato, tra le altre, dalle due squadre di New York e da Boston, con la quale ha disputato nel 2018 una discreta serie di Playoffs contro Milwaukee (uno dei tanti miracoli di Brad Stevens). Per lui esperienze anche in Spagna (Baskonia) e Turchia (Efes).

 

 

 

 

 

Bonus track il video con il classico annuncio della prima scelta assoluta, che contiene perle memorabili: tra le altre il “wow” gridato da Simmons al momento dell’annuncio, l’impietoso primo piano su Nerlens Noel, convinto che sarebbe stato lui ad essere chiamato, ed infine la domanda di Shane Battier a Bennet:

 

Jabbar, Magic, LeBron, Bennett: how’s that sound?

 

Profetico.