L’ex Rockets ha avuto un impatto spaziale sui Nets, ed è il primo violino di Brooklyn nonostante la presenza a roster di Durant e Irving.

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A due mesi e mezzo di distanza dalla trade che ha cambiato per sempre il presente e il futuro dei Brooklyn Nets e degli Houston Rockets una cosa è ormai chiara, James Harden è il primo violino del roster allenato da Steve Nash.

L’infortunio di Kevin Durant e le gare saltate da Kyrie Irving non hanno fatto altro che accelerare un processo inevitabile. ‘Il Barba’ non è solo diventato il primo motore mobile dei Nets, ma ha addirittura scalato un altro paio di marce migliorando ulteriormente il suo gioco – incredibile ma vero, è possibile.


L’ex point guard dei Rockets è entrato prepotentemente nella corsa al titolo di Most Valued Player anche grazie a delle cifre che hanno poco a che fare con il genere umano. Harden sta girando a 25.8 punti, 8.1 rimbalzi e 11.2 assist di media con il 46.4% dal campo, il 54.6% di effective field goal percentage e un irreale 61.6% di true shooting. Rispetto al giocatore che ci si era abituati a vedere al Toyota Center, questa versione del Beard si prende 7 tiri di media in meno rispetto alla sua MVP season ed ha plasmato il suo gioco ad immagine e somiglianza di una squadra che può rendere alla perfezione pendendo dalle sue mani.

L’evoluzione dei supercreator

In questo momento il livello a cui sta giocando Harden è pressoché impareggiabile. Il modo in cui domina l’attacco dei Nets è sensazionale e qualcosa di mai visto prima se non, in parte, dallo stesso Barba quando giocava a Houston.

La svolta presa dalla lega dopo il 26 giugno 2003, giorno in cui è stato draftato LeBron James, è quella dei supercreator. LBJ è un tank che possiede delle mani sopraffine, capace di creare un’azione ad alta efficienza semplicemente penetrando verso il pitturato per poi scaricare in angolo se raddoppiato o concludere al ferro in caso contrario. Quale potrebbe mai essere l’evoluzione di un giocatore del genere? Ovviamente quella di avere un supercrator che sia al tempo stesso anche un super tiratore. Ovvero: James Harden.

Tenere quell’efficienza nonostante il numero di possessi giocati per partita è possibile solo se si è uno dei migliori attaccanti della storia di questo gioco e il Barba grazie al suo skillset offensivo sostanzialmente illimitato è già parte di questa meravigliosa élite. Non è un caso che le prossime due point guard che sembrano destinate a dominare la lega – Luka Doncic e Trae Young – giocano in modo similare per non dire identico ad Harden: il primo sfruttando di più la sua stazza, il secondo servendosi più di soluzioni dall’arco (nonostante le difficoltà di questa stagione). Nella clip sottostante è riassunto tutto questo:

Harden dunque è uno dei prodotti dell’evoluzione del gioco che ha abbandonato sempre più il mid-range a favore di conclusioni a più alta efficienza (close shot e tiri da tre punti). La shot chart (qui sotto) del Barba evidenzia proprio questa tendenza.

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Come scritto sopra, un giocatore con quella mole di possessi da gestire ad ogni partita ha una true shooting di oltre il 60% solo prendendo tiri super efficienti. Basti pensare che dei 686 tiri presi da Harden in stagione solo 26 arrivano dal mid-range (12/26) e solo 6 sono long-two (3/6); 164 sono al ferro (67.7% di realizzazione), 175 sono close-shot (45.1% di realizzazione), 315 da tre punti (35.9% di realizzazione).

Mike D’Antoni è uno degli artefici di questa evoluzione, infatti da quando l’head coach arrivò a Houston le tendenze del Beard sono state accentuate, rendendolo un giocatore immarcabile e uno dei più grandi attaccanti della storia del gioco.

“You are the point guard”

Parlando ai microfoni di ESPN con Malika Andrews Kyrie Irving ha fatto capire l’importanza di James Harden in questa squadra: “L’ho guardato e gli ho detto, tu sei la pointguard e io gioco da shooting guard”.

Quando un giocatore con lo status e l’importanza di Uncle Drew fa una dichiarazione del genere in pubblico, diventa chiaro che stia dando ulteriori responsabilità al Barba. E quest’ultimo, infatti, è arrivato da Houston in missione: vuole provare a vincere e sta facendo di tutto per portare più lontano possibile i Nets.

Anche nelle poche partite con KD è stato evidente fin da subito quale fosse il giocatore chiave della squadra. Questo non vuol dire che Durant e Irving non si prenderanno i loro tiri ai Playoffs ma che nella maggior parte dei casi queste conclusioni verranno ispirate dalla mano armata di Harden, che sta girando a 19.4 potential assist di media a partita.

Per dare un impatto reale dell’importanza di James Harden, basta citare alcuni dati: è nel 93esimo percentile per la Usage Percentage (34.7%), una statistica che però non comprende tutte le azioni che terminano con un assist o con un passaggio. Dunque per allargare la visuale a 360 gradi aggiungiamoci anche che è nel 95esimo percentile per la Assist Percentage (43.3%). Questi dati sono tutti adjusted da Cleaning The Glass e quindi non comprendono quelli del garbage time.

La lineup dei Nets che verosimilmente chiuderà le partite ai Playoffs (Harden – Irving – Harris – Durant – Green) su un campione di oltre 150 possessi ha un differenziale incredibile di +26.7 (136.4 di offensive rating, 109.7 di defensive rating); la stessa ma con Caris LeVert al posto del Barba ha -0.5 di differenziale. Il campione in questo caso è molto esiguo e probabilmente sui 150 possessi sarebbe stato leggermente positivo (+3/+4), ma anche così fosse si capirebbe l’impatto irreale di Harden su questa squadra.

Anche una delle critiche più insensate mosse al Beard, quella della mancanza di leadership, è stata prontamente smentita dalla sua breve esperienza a Brooklyn. L’atteggiamento del numero 13 sia dentro che fuori dal campo è sempre estremamente propositivo e i compagni si dicono entusiasti di poter giocare con lui.

La vita facile di un lungo che gioca insieme ad Harden

Oltre ad essere un supercreator, un supertiratore e il primo ball-handler della squadra, Harden è anche e soprattutto un facilitatore come pochi altri nella storia. A beneficiare del ‘Beard effect’ sono state due tipologie differenti di giocatori: i tiratori e i lunghi.

Joe Harris, Landry Shamet e Timothé Luwawu-Cabarrot erano già dei tiratori estremamente affidabili (il primo è uno dei migliori in NBA), ma al fianco del Barba è tutto più facile. Discorso diverso per DeAndre Jordan, Nicolas Claxton, Jeff Green e Blake Griffin. Chi per motivi fisici, chi per inesperienza, tutti quanti hanno beneficiato a dismisura dell’arrivo a Brooklyn di Harden. Un lungo con ottime capacità di rollare e che sia un buono schiacciatore renderà infinitamente di più al fianco di un giocatore come il #13 dei Nets.

L’esempio più lampante è proprio Claxton. Scelto alla #31 nel Draft del 2019, il lungo è entrato nella lega come un giocatore tutto da costruire offensivamente, nonostante fosse un difensore moderno capace di cambiare su ogni blocco e tenere molto bene anche giocatori più piccoli e agili di lui. Dopo un primo anno con più bassi che alti sotto la guida di Atkinson, sembrava che l’infortunio subito all’inizio di questa stagione gli avesse definitivamente tarpato le ali in quel di Brooklyn. Con l’arrivo di Harden è diventato probabilmente il miglior lungo della squadra per quello che dà in difesa e per avere una dimensione offensiva positiva proprio grazie al Barba.

In conclusione, l’eco avuta da Harden sulla galassia Nets è semplicemente spaziale. Quello che fa in campo ha pochi paragoni nella storia di questo gioco e ciò è evidenziato dal fatto che riesce ad avere questo impatto nonostante condivida il parquet con due superstar assolute come Durant e Irving, seppure il primo è fermo ai box da diverso tempo.

James Harden, oggi, è senza alcun dubbio il giocatore più importante dei Brooklyn Nets.