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© Double Clutch

 

 

Il flopping non è giusto un improvvisato agitare delle braccia fino a lasciarsi cadere goffamente sul parquet, mentre i grigi fischiano flagrant all’avversario. Il flop è una forma d’arte. Richiede tempismo, perizia, malizia e un tipo di mentalità che ormai si sta facendo largo nel gioco della palla a spicchi. La mentalità del “vincere a tutti i costi” è così insita in certi giocatori NBA, che questi arrivano a rischiare la loro reputazione, pur di ottenere anche il più piccolo vantaggio.

 

Per iniziare questa disamina di come un flop possa essere efficacemente eseguito, diamo uno sguardo a due prestazioni da Oscar.

 

 

Notare come, in questo esempio, l’espressione facciale e l’agitare delle braccia facciano la maggior parte del lavoro. Vediamo Marcus Smart tirare fuori la sua migliore smorfia da Actors Studio e alzare le braccia al cielo per enfatizzare un colpo che possiede costituzionalità in ogni sport di contatto. Gli ufficiali di gara concentrano le loro attenzioni sulla parte superiore del corpo. Non  possono stare a guardare anche il movimento di gambe in queste situazioni. Di conseguenza, un flop di successo può essere venduto agli arbitri attraverso l’uso di espressioni facciali, spesso grottesche, e il dimenare convulso degli arti superiori.

 

L’uso distorto e snaturato del corpo, tuttavia, non basta. Per far sì che il fischio arrivi a proprio favore, un giocatore deve essere ben conscio della sua posizione sul campo, della posizione degli arbitri e delle relative prospettive e angolazioni da cui verrà giudicato il suo gesto. Sapere dove si trovano gli arbitri fa metà del lavoro.

 

 

Questa è solo un’introduzione di base. L’arte del flopping è diventata sempre più diffusa e popolare nella NBA degli ultimi anni. Si tratta, tuttavia, di un gesto che non va celebrato e incoraggiato. Al contrario andrebbe stigmatizzato e bannato, perché rallenta il gioco e mette in cattiva luce la reputazione di giocatori e Lega.

 

È possibile che questo sia un inevitabile effetto collaterale di uno sport in cui la vittoria viene spesso determinata dai più piccoli dei particolari. Gli spettatori, comunque, pagano per vedere della pallacanestro… non James Harden nella sua migliore interpretazione di una giraffa sui pattini.

 

 

Perché floppare?

 

Bene, congratulazioni, sei una star NBA che è riuscita a floppare con successo nei momenti decisivi della partita e a portare a casa la vittoria. L’unica ripercussione reale, se tale può essere definita, è una multa di $50.000 o meno, prima di venire preso in giro sui social per le successive 24 ore. Ora, se sei il giocatore simbolo di una franchigia con un max contract, a cui è richiesto di portare la squadra il più in là possibile, una multa del genere sfiora leggermente le tue tasche e non rappresenta nulla di fronte a una vittoria senza prezzo. Lasciando da parte discorsi di classifica e di lottery, la voglia di vincere in questa Lega è sempre la stessa, e quindi non stupisce assistere a campioni fare di tutto pur di avere successo.

 

Floppare in attacco può funzionare a meraviglia, specialmente quando è finalizzato a portare il mastino difensivo avversario ad avere problemi di falli. Anche se pensi che non ci sia spazio nella Lega per giocate del genere e che la pena debba essere più severa dell’equivalente che i giocatori NBA si possono permettere di fare durante una serata di festa, devi comunque ammirare la determinazione di un flopper seriale. So che potrebbe suonare contraddittorio. Dopo tutto, come può un flopper seriale (chiamiamolo Hames Jarden) essere definito “determinato”, quando prende la via più facile al posto che scontrarsi “ad armi pari” con la difesa? D’altra parte, però, quando un flopper riceve una chiamata in suo favore, gli avversari potrebbero adottare un approccio ancora più aggressivo, e pensare: “se tanto cadi in qualsiasi circostanza, non mi faccio problemi a difenderti con durezza”.

 

Parlando in rappresentanza della maggior parte della popolazione mondiale, posso tranquillamente affermare che non molta gente vorrebbe trovarsi di fronte lunghi come Zaza, Nurkic e Cousins con questo mindset. Almeno se non ti chiami James Harden.

 

Forse uno dei migliori argomenti del flopping è che si tratta di un’arma psicologica, che il Barba su tutti padroneggia con disinvoltura. Floppare innervosisce l’avversario, lo fa arrabbiare, gli fa perdere lucidità e causa frustrazione. Il che porta inevitabilmente il giocatore a lamentarsi con l’arbitro e a rischiare un tecnico. Quando un difensore è concentrato solamente a dare la caccia al suo opponente, perde di vista tutto il resto. Pensate ai flopper non come dei deboli, alla mera ricerca di liberi, ma come guerrieri psicologici in grado di far perdere a giocatori avversari il focus sulla partita. Mentre questo non è sempre il caso, soprattutto tra i migliori difensori della NBA, il flopping è ancora usato per entrare sotto la pelle del difensore, cosa che vale assai di più che qualche fallo e tiro libero fischiato a favore.

 

L’NBA si vanta di essere una delle leghe più competitive e piene di talento di qualsiasi sport professionistico, con atleti di classe eccelsa e un’abbondanza di giocatori fisicamente superdotati. Perché, allora, alcuni di loro cadono nella tentazione di ricorrere al flopping? In nessun modo questo gesto si conforma allo sfarzo e al fascino che la Lega oggigiorno possiede. Dopo tutto, il flopping non c’entra assolutamente nulla con lo sport. Non è basket. In Europa è assai più raro: pensate che il Vytautas Prienai e i loro avversari avrebbero sopportato il flopping dei fratelli Ball, se si fossero messi ad agitarsi convulsamente dopo un contatto di gioco?

 

I discorsi sul tema recentemente sembrano essersi affievoliti un po’. Forse perché stiamo assistendo a un’occorrenza sempre maggiore di questi gesti sul rettangolo di gioco. I benefici sono evidenti, così come le ripercussioni. Tuttavia, queste ultime non sono abbastanza per arginare il fenomeno. È stupido pensare che un ufficiale di gare possa andare a rivedere la giocata ogni volta che ci sia il dubbio di una simulazione. Non è però stupido però pensare che di più possa essere fatto per evitare che ciò avvenga. Si può assolutamente sostenere che il flopping sia dovuto al declino del livello difensivo, soprattutto durante la Regular Season, e che si sia diffuso come una facile via per aggiungere punti al tabellone.

 

Mentre la dedizione di alcuni verso il flopping può, a volte, essere considerata divertente quanto una giocata da highlights, pene più severe e più video analisi devono essere introdotti per limitarne il più possibile la diffusione, anche per evitare che l’ormai inflazionata etichetta di “soft player” venga sempre più tirata in mezzo. L’NBA, dopo tutto, è sia una lega sportiva sia un’impresa di spettacolo. Il flopping non appartiene a nessuna delle due categorie, a meno che tu non ti chiami Lance Stephenson – non cambiare mai Lance!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Questo articolo, scritto da Joe Hulbert  per Double Clutch e tradotto in italiano da Luca Losa per Around the Game, è stato pubblicato in data 2 febbraio 2018.