
Questo articolo contiene un estratto dell’articolo “What the Hell Happened to Darius Miles”, pubblicato in data 24 ottobre 2018 su The Players’ Tribune.
In tutte, o quasi, le classifiche dei peggiori “bust” al Draft negli ultimi vent’anni compare prima o poi elencato il nome di Darius LaVar Miles.
Chiamato con la terza scelta assoluta dai Clippers nel 2000, attorno al ragazzino cresciuto a East St. Louis c’erano aspettative notevoli. Le sue rare capacità atletiche avevano portato importanti addetti ai lavori a giurare che il ragazzo ne avrebbe fatta di strada, eccome. E così, con un biglietto solo andata verso il professionismo, il 18enne sbarcò nel mondo dell’NBA, cestinando a piè pari l’opportunità di fare un’esperienza a St. Johns (i più maliziosi dicono che la scelta fosse dettata dai risultati scolastici non proprio eccelsi).
Sette stagioni in NBA in quattro franchigie diverse non hanno lasciato un particolare segno nelle menti dei tifosi, tant’è che Darius viene ricordato più che altro per questioni extra-cestistiche. In particolare, quando si parla di lui, si citano le vagonate di milioni di dollari – chi gli ha fatto i conti in tasca ne calcola 62 – sperperati a tempo di record.
In un lunghissimo pezzo scritto per The Players’ Tribune, Miles racconta il suo viaggio in NBA. Il suo sbarco nei Clippers di Donald Sterling. Svela ricordi di un’infanzia complicata, in cui letteralmente il basket ha significato la via di fuga da una vita fatta altrimenti di stenti o di “soldi facili”, e ci parla della sua caduta nell’oblio, tra un grave infortunio al ginocchio, la morte della madre e la bancarotta.
Le sue parole ci ricordano questioni alle volte dimenticate, o sottovalutate. Denaro e fama ci mettono nulla ad arrivare. Così come a sparire, da un giorno all’altro. Soprattutto se non sei preparato – chi a 18 anni lo è veramente? – a gestire una situazione del genere.
“Quando sei un ragazzino pensi che i soldi dureranno per sempre. Non importa quanto sei sveglio. Non importa se per strada te la sai cavare. Quando passi dal non avere nulla a fare milioni a 18, 19 anni, non puoi essere preparato.”
Passare da un quartiere infestato da droga e crimine agli sfarzi di LA è stato, nelle parole di Miles, un vero e proprio shock culturale:
“Quando nasci a East St. Louis è droga, armi e pericolo – dall’inizio alla fine. Non lo dico per tirarmela. È semplicemente come stanno le cose. È la capitale americana per omicidi.”
In un attimo, poi, ti ritrovi a vivere un sogno, nel paese dei balocchi.
“Subito dopo al Draft, sono seduto su un jet privato diretto a LA, con Quentin Richardson. E increduli ci guardiamo come a dirci – fratello, fratello, siamo su un cazzo di jet privato!”.
“Cioè, vengo da East St. Louis, capite? Q viene da Wild Hunneds. Mia mamma guidava lo scuolabus. Il papà di Q la sopraelevata di Chicago. Ora, invece, siamo seduti su un jet privato!? Ce l’abbiamo fatta fratello. Era surreale. Direttamente dall’high school a questo mondo.”

Nel corso della lettera, poi, non mancano riferimenti ad avventure e aneddoti che rendono ancora più irreale e fantastico, soprattutto agli occhi di un teenager, l’approdo in NBA. Eccone qui di seguito un paio:
“Quindi, atterriamo a Los Angeles, pensando che da subito saremmo stati padroni della città, circondati da belle ragazze. Poco dopo, però, realizzi che sei solo un ragazzino. Passavamo il tempo, più che altro, a giocare alla Playstation. Poi, un mese dopo circa, arriva il nostro momento. Alonzo Mourning ci invita a Miami nella sua villa estiva… Il posto è leggendario. Attori, cantanti, giocatori… Iverson presente. Marbury e Payton pure. Lenny Kravitz…”
“Alonzo è il numero uno. La miglior persona sulla faccia della terra. Quindi, un giorno, Zo, in pieno stile Zo, ci fa – hey ragazzi, dovreste farvi un giro sui WaveRunner!””WaveRunner!?’ – lo guardo confuso.””Sì, i WaveRunner, le moto d’acqua.”
“Vengo dal ghetto. Non ho mai guidato una moto d’acqua in vita mia, ma in quel momento io e Q ci siamo detti: perché no? Siamo a casa di Alonzo, facciamoci questo giro sui WaveRunner.”
“Ora, quello che dovete tenere a mente, è che era pieno di barche attraccate nel porticciolo. Una di quelle era veramente bassa, a pelo d’acqua. Probabilmente era un motoscafo da competizione. Si poteva a malapena scorgere. Prima di uscire, Zo ci dice qualcosa sul fare attenzione alle bandierine rosse in mezzo all’acqua, ma in quel momento la mia attenzione è da un’altra parte…”
“Siamo a sfrecciare sull’acqua, sotto un sole splendente. L’ultima cosa che ricordo, poi, da un attimo all’altro, è una bandierina rossa… Il momento dopo ero in aria.”
L’unica cosa che mi passa nella mente sono i titoli di giornale il giorno dopo, tipo – Rookie NBA muore in un incidente con la moto d’acqua a South Beach…”
“Mi ricordo un giorno, ero in ritardo per l’allenamento. Stavo volando giù per la 405. D’un tratto, guardo negli specchietti retrovisori e vedo delle sirene lampeggiare. Questo veicolo della polizia non contrassegnato mi sta attaccato. Vetri oscurati. Un pick-up bello grosso.”
“Sapevo di andare troppo forte. Quindi accosto, tiro giù il finestrino e incomincio a tirare fuori dal cruscotto i documenti…. E poi sento questa voce. Una voce forte e risonante.”
“Dove stai andando, ragazzo?”
“Penso – cazzo, mi hanno messo il sergente alle calcagna”.
“Mi giro verso il finestrino e non riesco nemmeno a vedere la faccia di questo tipo, talmente è grosso. Vedo solo il suo petto enorme.”
“Ho detto, dove stai andando, ragazzo?”.
“Poi si china a guardare all’interno della macchina. Con un enorme e stupido sorriso sulla sua faccia. È Shaq.”
“Gli faccio – Sto andando all’allenamento, mi stai facendo ritardare!”
“Lui non batte ciglio. Da un ticchettio alla carrozzeria, si gira e dice – Non ti preoccupare, la pago io la multa. Basta che mi fai un fischio.”
“Guardo nello specchietto retrovisore, incredulo. Shaq aveva nel suo pick-up una di quelle vecchie luci della polizia che metti sul tettuccio della macchina. Come quelle che vedi in COPS… Sale su, ridendosela alla grandissima, e mi fa un cenno di saluto.”
Nonostante fossero ben consci di essere finiti nei “damn Los Angeles Clippers”, ai tempi vera barzelletta di tutta la Lega, quella squadra di ragazzini terribili – oltre a Miles e Richardson, quei Clips contavano prospetti molto interessanti come Lamar Odom, Corey Maggette a Kenyon Dooling – voleva farsi un nome e conquistarsi il rispetto sul campo.
“Sapevamo di essere finiti nella peggiore squadra della Lega, e sapevamo che il proprietario, Donald Sterling, era un tipo strano, ma sentivamo che avessimo il talento e l’energia necessarie per cambiare la mentalità di quella franchigia. Forse non avremmo vinto le partite, ma eravamo sicuri di elettrizzare e intrattenere il pubblico come pochi altri.”
“Ora, sarò onesto. Non ero un tiratore. Non avrei segnato nemmeno in una vasca da bagno. Ma potevo schiacciare su chiunque. Andatevi a rivedere i video. Ero aggressivo. Un cane da combattimento.”
“Una volta, dopo aver giocato a Portland, mi sono imbattuto in uno dei miei idoli, Shawn Kemp. Mi ero mangiato tutte le sue videocassette. Mi disse – Senti, non voglio insegnarti niente, ma lasciami dire solo questo. Ogni volta che schiacci, schiaccia forte. Se lo fai, sai cosa succede poi?”
“Risposi – Cosa succede, Shawn?””I tuoi avversari smetteranno di saltare, non ci proveranno nemmeno, ti faranno cenno con la mano”.
“Dopo che mi disse questo, seguii alla lettera il suo consiglio: ogni volta che schiacciavo, provavo a eliminare chiunque provasse a fermarmi. La città era elettrizzata. Se non eravate lì ad assistere al tempo, e guardate solo i miei numeri, pensate che io stia mentendo. Ma non è così.”
“Abbiamo vinto solo 31 partite in quella prima stagione, ma sembrava che avessimo raggiunto le Conference Finals. Tutti ci amavano.”
Ora, dopo anni a lottare contro la depressione in seguito alla morte della madre, Darius ha ritrovato la forza di voltare pagina e adesso vive in Florida, nella stessa via di Quentin Richardson. Nonostante quello che si dica di lui, del talento buttato, dei milioni bruciati, Darius guarda al passato senza rimorsi.
“Sento la gente dire: cosa diavolo è successo a Darius Miles? Chiedono dei soldi, e mai di mia madre. Non mi chiedono da dove vengo e le cose che ho visto.”
“Ho fatto di tutto. Ho fatto i soldi e li ho spesi. Sono passato dal festeggiare nel night club più squallido di East St. Louis – a soli 13 anni e con compagni trentenni – la vittoria del campionato, a fare la bella vita all’Ermitage di Los Angeles. Giravo in limousine. Me la sono spassata.”