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Dopo che quest’estate ha visto la prima franchigia non americana vincere il titolo NBA, un altro stato confinante con gli Stati Uniti, questa volta a sud, si prepara per assaggiare personalmente il sapore della Lega.

 

Alla conferenza stampa di mercoledì scorso riguardante le partite che si giocheranno a Città del Messico durante la prossima stagione (rispettivamente la ventinovesima e la trentesima, mai nessun paese ha ospitato così tante partite NBA oltre a USA e Canada), buona parte dei discorsi hanno girato attorno al futuro dello sport in Messico. 

 

Le quattro squadre che parteciperanno alle partite in Messico, che si giocheranno verso metà dicembre, saranno i Detroit Pistons, i Dallas Mavericks, i San Antonio Spurs e i Phoenix Suns. L’ex ala dei Suns Shawn Marion era presente all’evento in veste di ambassador ufficiale, ed era entusiasta riguardo all’opportunità di ritornare in Messico per le partite, e anche della nascita di un’eventuale franchigia nel futuro.

 

“Amo questa cultura e, ogni vola che riesco, vengo in vacanza in Messico. E’ incredibile poter lasciare gli Stati Uniti per venire a giocare in Messico” – ha affermato Marion. “Quest è la mia seconda volta a Città del Messico. Sono venuto qui due anni fa per le partite… e amo la cultura che c’è qui.

 

“Essere un ambasciatore dell’NBA è fantastico. Viaggio molto, ma non così lontano dagli States… quest’anno, qui in Messico, verrà giocata la trentesima partita di NBA. E’ incredibile giocare fuori dal nostro Paese. Per la prima volta, due partite di Regular Season verranno giocate in Messico con quattro squadre coinvolte. Normalmente le squadre sono tre ed una di queste viene considerata ‘di casa’, ma questa volta non sarà così”.

 

L’ex Phoenix ha trascurato il fattore della distanza, facendo notare che la lontananza tra alcune città NBA è maggiore di quella che si percorrerebbe da alcune città della Lega al Messico: “Credo sia possibile pensare alla possibilità di avere una squadra NBA in Messico nel futuro, perché la questione principale, quando si parla di franchigie internazionali, è la distanza – che in questo caso non è un gran problema, anzi”.

 

The Matrix, nome con cui a volte viene chiamato Marion, si è dimostrato entusiasta riguardo all’idea di una squadra NBA messicana, vista la presenza di milioni di tifosi e di infrastrutture adeguate per supportare una franchigia. “Penso sia possibile per i tifosi… abbiamo milioni di messicani che supportano l’NBA e la loro gratitudine è stata impressionante… spero che tutto ciò continui a crescere”.

 

Il suo ottimismo si è notato in modo evidente: “E’ davvero possibile, può accadere. Il futuro è brillante”.

 

Buona parte di questo possibile futuro si baserebbe sul lavoro che la Lega ha svolto finora, gettando le basi per una visione che mira ad una crescita internazionale: sette accademie, di cui una in Messico, pensate per far crescere in qualsiasi angolo del Pianeta il gruppo di atleti che entreranno nel mondo dello sport. Gli sforzi continuano con lo scopo di trasferire una squadre di G-League in Messico e di aumentare il coinvolgimento dei giovani nel mondo dello sport attraverso programmi come la Junior NBA, con le speranze che i vari riscontri generino l’inerzia necessaria per continuare a portare lo sport al primo posto tra gli interessi globali.

 

Marion si è dato da fare ed è diventato socio dei New Zealand Breakers, una squadra della National Basketball League australiana, visto che parte dei giovani talenti americani sceglie di non giocare in NCAA preferendo avere un vero stipendio. “In questo momento i ragazzi, giocando oltreoceano, sentono di poter migliorare le proprie abilità e di avere sfide migliori, oltre ad avere la possibilità di fare soldi”, ha affermato l’ex Maverick.

 

 

Il General Director di NBA Mexico Raúl Zárraga ha notato la forte crescita dello sport sin dalle prime partite giocate nel suo Paese nel 1992. Ha detto: “Stimiamo che oggi ci siano almeno 20 milioni di fan della pallacanestro in Messico che, almeno una volta a settimana, usufruiscono di un contenuto dell’NBA; il numero è cresciuto molto, nel 1992 era di circa 14.5 milioni”.

 

Sviluppare lo sport partendo dalle radici, tuttavia, è più che una priorità per il futuro, secondo Zárraga: “Optare per l’NBA G League, oggi, è per me la cosa più importante e quella su cui trascorro la maggior parte del mio tempo; siamo molto concentrati a riguardo, perché se questo desse i suoi frutti, sarebbe davvero qualcosa di storico”.

 

Ha anche parlato dell’importanza della crescita degli accessi alle partite online, così come quelli dal vivo, e ha detto: “I fan sono sempre stati al nostro fianco e noi abbiamo questo impegno. Dobbiamo migliorare a riguardo, e questo è confermato dal numero delle piattaforme digitali presenti; dobbiamo poi sviluppare il talento, coinvolgendo più bambini nel gioco”.

 

Sebbene molta gente del posto non speri in una gratificazione istantanea, sembra che la Lega abbia un ampio piano per espandersi in America Latina, con una franchigia per far crescere il valore di un mercato oggi poco sfruttato. Con 120 milioni di anime in più e l’esempio di mezzo Canada a guardare le NBA Finals durante Gara 6 della passata stagione, vinta proprio dai Raptors, è difficile schierarsi contro una saggia e ben preparata espansione della Lega verso i confini meridionali.

 

 

 

 

 

 

 

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Questo articolo, scritto da Justin Quinn per Double Clutch e tradotto in italiano da Alessandro Di Marzo per Around the Game, è stato pubblicato in data 10 settembre 2019.