FOTO: NBA.com

Sono state 24 ore turbolente per i Dallas Mavericks: dopo il passo indietro di Donnie Nelson, GM dei Mavs dal 2005, è arrivato il momento dell’addio di Rick Carlisle, head coach di Dallas da 13 anni. Un addio decisamente imprevisto.

Dopo l’eliminazione contro i Clippers, sembravano esserci pochi dubbi riguardo la permanenza in Texas dell’allenatore, visti anche i due anni rimanenti di contratto e le parole di Mark Cuban, che qualche giorno prima aveva definito “sicura” la sua posizione sulla panchina di Dallas. “He isn’t going anywhere”.


Poi, nella giornata di ieri, la rottura.

“Dopo una serie di conversazioni avute con Mark Cuban nel corso dell’ultima settimana, oggi l’ho informato che non sarò l’allenatore dei Dallas Mavericks”, ha detto Carlisle a ESPN.

“E’ stata una mia decisione, mia soltanto. Insieme alla mia famiglia ho vissuto 13 anni incredibili qui, lavorando con persone fantastiche in una grande città come Dallas. È stato un onore lavorare al fianco di Mark, Cynt, Donnie, Fin, Keith, Dirk, J-Kidd e ogni giocatore e assistant coach. Dallas sarà sempre casa per me, ma sono contento di pensare al prossimo capitolo della mia carriera da allenatore”.

Come lasciato intendere dallo stesso Carlisle, dunque, a questo punto si tratta solo di capire quale sarà la sua prossima panchina. Le opzioni non mancano: Boston, Indiana, New Orleans, Orlando, Portland e Washington sono alla ricerca di un nuovo coach (e lo sarebbe anche Milwaukee, nel caso in cui Gara 7 contro Brooklyn dovesse andare male). Per tutte queste squadre, Carlisle dovrebbe essere già diventato uno dei primi nomi – se non il primo – sulla lista.

Quanto a Dallas, invece, quello di Carlisle è l’addio (imprevisto) di una colonna portante dell’organizzazione, la (brusca) fine di un’era. Un momento di rottura che arriva – causalmente più che casualmente – in un frangente particolare: Luka Doncic il 2 agosto sarà infatti eleggibile per una supermax extension da più di 200 milioni di dollari in 5 anni, che si attiverebbe dal 2022/23. “Credo sappiate già quello che farò”, aveva detto nella sua ultima media availability della stagione.


FOTO: NBA.com

Proprio Doncic sembra che abbia avuto un ruolo non marginale, anzi, nella questione. Negli ultimi mesi, secondo quanto riportato da Adrian Wojnarowski e Tim MacMahon (ESPN), la tensione tra lo sloveno e Carlisle ha gradualmente iniziato a destare preoccupazioni all’interno dell’organizzazione, soprattutto in occasione di alcune discussioni tra i due davanti al resto del coaching staff e della squadra.

Sarà interessante, a questo punto, seguire gli sviluppi della vicenda, viste le tensioni presenti anche in altri ambiti del front office, come riportato negli ultimi giorni da Tim Cato e Sam Amick (The Athletic) riguardo al controverso ruolo di Haralabos Voulgaris, “la voce più ascoltata all’interno dei Mavs”, mal sopportato da alcuni giocatori tra cui, in primis, Doncic.

Prima di ogni altra cosa, ci sarà da ricomporre il puzzle a livello dirigenziale. Mark Cuban ha chiarito che si cercherà un nuovo capo delle Basketball Operations prima di scegliere il prossimo head coach. Un fronte su cui i Mavs, per ESPN, sono già al lavoro, affiancati dalla società di consulenza Mike Forde’s Sportsology, partner consultato spesso negli ultimi anni da franchigie NBA alla ricerca di un nuovo General Manager.

Successivamente, sarà il momento di provvedere alla scelta dell’allenatore. E se quest’utimo fosse l’assistant coach Jamahl Mosley, come riportato da Tim MacMahon, non sarebbe una sorpresa: non è da escludere una decisione allineata con la visione di Doncic, insomma, in vista dell’estensione contrattuale.

Gli altri nomi emersi nelle prime ore sono gli stessi che stanno circolando in queste settimane per le tante panchine NBA ancora vacanti – in primis: Becky Hammon, Terry Stotts e Jason Kidd.

Per il momento, però, sono inevitabilmente delle semplici suggestioni. Il post-Carlisle è appena iniziato, all’improvviso, e per Dallas sarà necessario del tempo perché prenda forma.