FOTO: CBS Sports

Brandon Ingram si presentava in questa FIBA World Cup come una delle stelle più splendenti non solo di Team USA, ma potenzialmente dell’intera competizione. Scorer purissimo e pulitissimo, dotato di ottime qualità palla in mano tanto nel crearsi il tiro, quanto nello sfruttare il vantaggio per mettere in ritmo i compagni, dopo essere migliorato esponenzialmente come passatore. Tutte qualità che, per adesso, sono rimaste in ombra tanto nelle amichevoli, quanto nel debutto contro la Nuova Zelanda: per lui solo 2 punti con 1 su 4 al tiro e 2 palle perse, nulla per un giocatore che viaggia ampiamente sopra i 20 punti di media in NBA da orami 4 stagioni. Per non parlare di un plus/minus – dato non perfetto in sé, ma che rispecchia bene questa volta lo scarsissimo impatto della stella dei Pelicans – di +2, abbondantemente il peggiore tra i compagni con un minutaggio corposo in una partita chiusa con 27 punti di vantaggio. Tutto questo, ovviamente, lo sa anche lo stesso Ingram, che ha rilasciato queste dichiarazioni a Joe Vardon di The Athletic:

“Questo è qualcosa di totalmente diverso da ciò a cui sono abituato. La squadra sta vincendo, perciò non posso essere egoista pensando solo a me stesso. Ma sta diventando tutto un po’ frustrante per me in questo momento, e sto cercando di trovare un modo di essere efficace.”

Come spiegherà più avanti nell’intervista, le difficoltà derivano dal fatto che sia abituato a giocare diversamente con i Pelicans, molto più palla in mano e con un gioco ormai consolidato. La pallacanestro proposta da Team USA e da coach Steve Kerr è invece molto più dinamica, basata su transizione e semi-transizione, con molta attività nei primi secondi dell’azione: non è un caso che Austin Reaves, Anthony Edwards o, in generale, i quintetti con Paolo Banchero da 5 siano stati i migliori, trattandosi di giocatori fenomenali nel gestire early offense e situazioni di contropiede o a difesa non piazzata. Brandon Ingram predilige invece un gioco leggermente più statico, non per questo meno efficiente, ma che male si sposa con la filosofia di questa squadra. Non fraintendete, si tratta di un fenomeno e, come ha detto Anthony Edwards in un estratto di un discorso più ampio, “si tratta di una stella, può trovare il modo di farcela anche da solo” – prima di spiegare che avrà comunque sempre qualcuno a dargli suggerimenti – perciò non significa che prima o poi non possa tirar fuori il coniglio dal cilindro sganciando 25 punti sulla testa di qualche malcapitato. Semplicemente, per adesso, sta facendo fatica, ma come ha spiegato Steve Kerr:


“Per adesso nulla è andato per il verso giusto. Non ha avuto molte opportunità, ma penso che le cose cambieranno, che il suo momento stia per arrivare. Deve solo tenere duro. Se c’è una cosa che ho imparato dalle competizioni FIBA è che ogni partita appartiene a qualcuno di nuovo. Non avrei mai immaginato che Banchero sarebbe stato il nostro leading scorer al debutto, ma tutti e 12 sono così talentuosi che a ciascuno basta vedere la retina muoversi per dare il via alle danze. Mi aspetto che accada questo Brandon Ingram.”