Quale aggettivo vi viene in mente guardando giocare Shai Gilgeous-Alexander? Mobile? Certamente. Sgusciante? Ovviamente. Efficace? Assolutamente. Stiloso? GQ Sports ve lo confermerebbe, dato che sia per il 2022 che per il 2023 la rivista americana l’ha nominato il cestista più stiloso dell’anno. Tutte queste sue caratteristiche sono reali, tangibili e la stagione che sta disputando ce lo mette in mostra ad ogni palla a due.

All’uscita di questo articolo, gli Oklahoma City Thunder sono secondi ad ovest a mezza partita dai Minnesota Timberwolves, con il loro giocatore più rappresentativo, Shai appunto, che sta viaggiando a 31.2 punti di media a partita, secondo nella lega dietro a Luka Doncic.

Tuttavia, per quanto il mero numero di punti segnati dia già un’idea della sua grandezza, è il suo bagaglio di skills ad impressionare maggiormente: la sua efficienza, unita al sistema offensivo che coach Mark Daigneault gli ha cucito intorno, rendono lo spettacolo che manda in scena ogni sera una delizia per chi ama la pallacanestro. Prendiamo ad esempio uno degli highlight di questa stagione:


A difesa schierata, è quasi sempre Shai a gestire il possesso, non a caso ha il quarto usage rate della lega. La tendenza principale del nativo di Toronto è quella di penetrare, da quattro anni guida la classifica in drives a partita: la sua capacità di creare vantaggio dal palleggio costringe le difese a rimodellarsi, a concedere il male minore, che sia singolarmente al canadese o agli altri quattro in campo con lui.

In quest’azione, sia Kenrich WIlliams che Joe fingono di portare un blocco, con Zubac prima e George poi che li seguono, spostandosi su un lato del campo, il sinistro, e creando spazio per la penetrazione di Gilgeous-Alexander. Questo spazio è necessario per il #2 di OKC, che può andare al lavoro e, palleggio dopo palleggio, capire quale sia il modo migliore per mandare fuori pista il difensore.

Il palleggio dietro la schiena è, a mio avviso, un tocco di classe: vede Powell che è in grado di stare con lui nella penetrazione, che lo sta pareggiando in velocità, quindi cambia lo scenario, punta il piede destro sul terreno (glielo vedremo fare spesso), fa rimbalzare la palla dietro di sé per evitare che Powell la possa toccare, lo manda fuori giri e genera uno spazio tale da permettergli non solo di segnare il tiro dalla media distanza, ma anche di scrollarsi la polvere dalle spalle nel mentre.

Nella NBA di oggi, sempre più squadre e giocatori sono portati a demonizzare il mid-range, tiro sulla carta meno redditizio di uno da tre punti o al ferro, eppure averlo nel proprio arsenale significa possedere un’arma in più per battere il difensore, che, sempre in teoria, è meno propenso a pensare che verrà superato con questo tipo di conclusione in quanto poco utilizzata.

SGA è ottavo nella lega per tiri dalla media tentati a 4.3 a partita e secondo, dietro solo a Joel Embiid, per percentuale di conversione, con il 48.6%. Gli isolamenti disegnati per lui, 5.9 a partita, contraddistinti dagli 1.17 punti per possesso, primo nella lega tra i cinque giocatori che hanno almeno 20 possessi di questo tipo a partita, si evolvono poi in una variante sconfinata di possibilità. Una di queste è la chiusura al ferro:

Gli avversari, soprattutto in transizione, trattano Shai Gilgeous-Alexander come Antetokounmpo, ovverosia gli costruiscono un muro attorno per evitare che prenda velocità, consapevoli della sua pericolosità al ferro dove è primissimo tra le guardie per percentuale di conversione a 70.3%. È molto più facile a dirsi che a farsi, però, specie con l’accelerazione improvvisa che ha il numero #2.

In questo caso i Clippers non hanno nemmeno il tempo di frapporsi tra lui e il canestro. Coffey lo segue con lo sguardo da inizio azione, come a prendergli le misure per poi agire, ma nel momento in cui si gira per capire dov’è il giocatore con cui deve accoppiarsi, George, il difensore a quel punto incaricato di fermarlo, si vede depistato da un crossover che spalanca la strada per una chiusura tutt’altro che agevole al ferro. Dall’altra parte dell’oceano questo stile lo chiamano “herky jerky”, uno slang utilizzato per descrivere un tipo di gioco fatto di rallentamenti, frenate, ripartenze, finte, contro-finte e sviamenti, alla Iverson per intenderci.

Più di 1 possesso su 5 dei Thunder avviene in transizione (20.8%) diretta conseguenza della squadra giovane e rampante che sta impressionando l’ovest. Anche quando OKC si ritrova ad attaccare a difesa schierata, comunque, il mantra delle corrette spaziature rimane costante.

SGA si prende tutto il tempo necessario per capire come le difese decidono di mostrarsi a lui, che tipo di marcatura gli portano, per poi replicare a sua volta. L’importanza dei cosiddetti ghost-screen è fondamentale per instillare nella difesa quel mezzo secondo di incertezza: qui Holmgren gioca appunto questo finto blocco, aprendosi sul perimetro, con Carter Jr. che rimane inizialmente in roaming su Gilgeous-Alexander, salvo poi recuperare su Chet. In questo preciso istante, Suggs non fa in tempo a chiudere la distanza su Shai che il numero 2, dandosi la spinta con il piede d’appoggio, accelera e anticipa al ferro anche l’aiuto di Banchero.

La partenza dalla punta di un penetratore è sempre la più difficile da anticipare per un sistema difensivo, in quanto l’attaccante ha a disposizione il campo in tutta la sua ampiezza da scannerizzare e mettere sia sé stesso che i suoi compagni nelle migliori condizioni di incidere sull’azione.

Un lato del gioco su cui SGA doveva migliorare erano i tiri da tre punti: il 34.5% su 2.5 tentativi a partita della scorsa stagione strideva con l’enorme repertorio di conclusioni di cui era in possesso. Quest’anno queste conclusioni sono diventate 3.3 di media a serata, ma il grande incremento sta nella percentuale di conversione, 39.2%.

Un po’ come l’Harden delle passate fermate, Houston su tutte, anche Gilgeous-Alexander preferisce crearsi autonomamente il tiro, senza ricevere scarichi. L’attuale giocatore dei Clippers si metteva in ritmo tramite la melodia sincopata dei suoi palleggi tra le gambe, e poi ad un certo punto, quando era soddisfatto della distanza acquisita dal difensore, lasciava partire la tripla.

Shai sfrutta come Harden il cuscinetto che il marcatore gli concede, preoccupato dalla penetrazione, palleggiando più volte in avanti e facendo credere, prendendo costantemente velocità, ad un’incursione verso il ferro. Come visto inizialmente, trae poi beneficio dal suo gioco di piedi: arresto, in questo caso con un lungo arco, sul piede destro, passo di arretramento sul suo amato piede sinistro e tiro da tre con un passo di vantaggio su Holiday. È evidente la sua volontà di iniziare l’azione dal centro del campo, così come la predilezione per i tiri pesanti above the break (3.1 a partita) rispetto a quelli presi dagli angoli (0.3 a partita).

Viste le volte in cui in questa stagione è salito in cattedra – quarantacinque partite con almeno 30 punti – i coach avversari cercano di trovare la giusta alchimia per limitarlo ed evitare da lui una pioggia di punti. Con questo genere di attenzioni, SGA ha imparato oramai a convivere e a reagire di conseguenza: il piano difensivo avversario è sempre più incentrato sul fargli scaricare la palla, sanno che la sua tendenza è quella di penetrare, pertanto collassano a centro area, congestionandola.

Questo contro i Rockets è un caso emblematico: appena Shai mette palla per terra ci sono quattro giocatori di Houston nel pitturato e il quinto, VanVleet, ha comunque gli occhi fissi sul canadese. Il front office di OKC ha fatto un lavoro certosino nell’implementare attorno a Gilgeous-Alexander una batteria di tiratori che aprono il campo in modo efficace.

I Thunder sono la miglior squadra per effective field goal percentage nei catch & shoot con il 60%, nonché la squadra che in generale tira meglio da tre punti, 39.6%, nella lega. Hanno a roster ben cinque giocatori che fanno meglio del 39.2% di SGA: Jalen Williams (44.7%), Isaiah Joe (43%), Cason Wallace (41.3%), Chet Holmgren (39.8%) e Luguentz Dort (39.6%).

Dietro a Beasley, Allen e Nesmith, Joe è il quarto per percentuale nel catch&shoot nella lega, con il 45.5% su 211 tentativi. Come dicevamo prima, causare quell’attimo di esitazione durante un pick&roll, pick&pop o finto blocco consente all’attacco di acquisire un vantaggio. Qui Joe non fa moltissimo, in realtà, per ostacolare Branham, che non si intende con Sochan e va a marcare anche lui Shai (dubito che l’obiettivo fosse quello di lasciare un tiratore da 45.5% in catch&shoot libero), il quale, appena riesce a recuperare il pallone e a creare una linea di passaggio, mette nelle condizioni l’ex giocatore di Philadelphia di segnare un rigore a porta vuota.

Oklahoma City non porta un blocco solamente con il lungo, che sia Holmgren o Kenrich Williams (che in un’altra vita era un’ala piccola), ma anche con un “piccolo” come Joe: l’intento non è tanto quello di creare un accoppiamento favorevole, ma quello di dare agli attaccanti coinvolti quel minimo di vantaggio per poi convertire il set chiamato in un canestro.

Qui Martin è talmente in apprensione verso quello che sta per fare Gilgeous-Alexander da perdere totalmente il contatto visivo con Wallace, che ha gioco facile nel mettersi in visione sotto canestro e battere il recupero di Miller. Al momento gli assist che Shai smazza a partita sono 6.5, ma è fuori di dubbio che con il passare delle partite e degli anni questo numero tenderà ad aumentare ancora di più.

I Thunder sono una squadra in rampa di lancio, che assaporeranno la post-season per la prima volta con questo nucleo. Faranno sicuramente fatica, peccheranno di inesperienza, ma a mio avviso sono strutturati bene per potersela giocare a viso aperto già in questa stagione. È fisiologico che il roster andrà ad evolversi nel tempo di pari passo con le ambizioni.

La certezza, però, è che in carica ci sarà sempre quel giocatore che Jerry West ha lasciato andare con enorme riluttanza nello scambio che ha portato Paul George a Los Angeles. Un giocatore che già in mano le chiavi di Oklahoma City. Shai Gilgeous-Alexander, l’insostenibile leggerezza dell’essere.