Questo contenuto è tratto da un articolo di Oliver Fox per Celtics Blog, tradotto in italiano da Edoardo Viglione per Around the Game.
Da St.Louis, passando per Duke e il draft del 2017, per arrivare ad oggi, dove è la stella della squadra migliore della lega. Naturalmente nessuno al di fuori degli spettatori in prima fila ha potuto sentire il ruggito di Jayson Tatum mentre i 76ers si avviavano sconsolati verso la loro panchina, dato che Doc Rivers aveva appena chiamato il suo quarto timeout. Al TD Garden tutto il linguaggio percepibile era ovattato da qualsiasi tipo di urlo, mentre coloro che guardavano da casa sono stati accompagnati da Mike Breen il quale, dopo aver visto il suo canestro, ha gridato: “He’s unguardable”. Jayson Tatum, grazie alla tripla appena segnata, era appena salito a 38 punti portando i Boston Celtics a 73, chiudendo in poco meno di 4 minuti, partendo dal -1, un parziale di 16-0 nella Gara7 delle semifinali di Conference.
Tatum si è poi fermato per un attimo ad assaporare ogni tipo di adulazione che il TD Garden aveva da offrire, si è voltato lentamente, ha contratto i muscoli e ha proseguito tra le braccia della sua gente. Le telecamere di ESPN non riuscivano a distogliere lo sguardo da Tatum mentre indicava due volte il parquet, rivendicandone la proprietà senza tanti giri di parole. Gli altri Celtics hanno mantenuto le distanze accorgendosi che Tatum fosse troppo vulcanico da gestire. Malcolm Brogdon era il giocatore più vicino alla scena e si è limitato a correre sorridendo verso la panchina, Jaylen Brown ha alzato entrambe le braccia quasi per invitare il TD Garden a inondare ancora di più Tatum di applausi e tifo. E poi c’era Marcus Smart, l’unico Celtic che ha condiviso il primo piano di Tatum su ESPN, che sorrideva ed annuiva alle affermazioni del numero 0.
All’età di soli 25 anni Tatum ha fatto appello a tutta la sua grandezza per aiutare i Celtics a vincere, ma non è sempre stato così semplice. Jayson molto probabilmente sarà l’ultimo biancoverde di sempre ad indossare la numero 0, ma fino ad ora il suo percorso verso la celebrità è stato tutt’altro che diretto. La sua grandezza, infatti, è rumorosa in alcuni momenti e silenziosa in altri, a volte sopravvalutata e altre volte sottovalutata. Come per la maggior parte delle cose alle quali facciamo affidamento è difficile immaginare la nostra vita senza di esse, ma è l’evoluzione della sua pallacanestro che sta rendendo così appagante questa stagione dei Celtics, in quanto riesce a migliorare ogni anno il suo basket e la sua grandezza è diventata così fondamentale da apparire quasi scontata.
Jayson Tatum è quel giocatore del quale ti chiedi come faccia a segnare così tanti punti, perché ogni canestro realizzato sembra semplicemente la naturale progressione della pallacanestro. Prendiamo come esempio la vittoria schiacciante che i Boston Celtics, privi di Jaylen Brown e Al Horford, hanno ottenuto nel giorno di San Valentino contro i Brooklyn Nets. Chi si è perso i primi due quarti probabilmente si è persino chiesto se Tatum avesse giocato dato che il secondo tempo è stato un ampio garbage time con tanti minuti di Svi e Brissett. JT, però, non solo ha giocato, ma ha anche segnato agilmente i suoi 20 punti nei soli 28 minuti in cui è rimasto sul parquet, puntuale come un orologio svizzero con il suo livello elitario.
L’elenco dei riconoscimenti che Jayson Tatum ottenuto nella sua ancor giovanissima carriera è molto ampio: All-Rookie First Team, All-NBA Third Team, 5 volte All-Star e per ben due volte anche All-NBA First Team. Infine non si può non contare il titolo di MVP delle Eastern Conference Finals del 2022 e la medaglia d’oro olimpica a Tokyo 2020. Manca ancora qualcosa, però. Quel qualcosa che lo elevi a leggenda, come un MVP della stagione regolare oppure l’anello.
”È già difficile arrivare a questo punto, ma lo è ancora di più superare l’ostacolo e vincerle”
Jayson Tatum dopo aver perso le NBA Finals nel 2022
Come sempre Tatum ha scelto l’onestà e la maturità in un momento nel quale sarebbe stato più semplice lasciarsi andare a rabbia, tristezza e delusione, emozioni che sicuramente ha provato, ma che ha scelto di non esternare davanti alle telecamere per parlare apertamente ai suoi tifosi riguardo a quanto sia stato difficile il viaggio e quanto lo sia ancora di più ottenere quello che è sfuggito due anni fa.
Nemmeno la stagione seguente, però, è stato meno dura. I Celtics si sono arresi in Gara7 nelle finali della Eastern Conference contro i Miami Heat dopo che eroicamente stavano riuscendo a rimontare da sotto 0-3. Tatum in quella partita rimediò un infortunio alla caviglia durante la prima giocata della partita.
“È dura perché mi ha influenzato per tutta la partita, facevo fatica a muovermi ed è stato frustrante”.
Jayson Tatum dopo la Gara7 contro Miami
Tatum non era mai stato pubblicizzato come il possibile salvatore di Boston e nemmeno come il fulcro attorno al quale i Celtics stessero costruendo la loro personale contender. Per tutto il mese di giugno in quel 2017 la maggior parte dei tifosi dei Celtics si stava convincendo che Markelle Fultz fosse il vero pezzo mancante. Ma poi Danny Ainge, il President of Basketball Operations dei Boston Celtics, scelse di scambiare la loro prima scelta assoluta ai Philadelphia 76ers in cambio della terza pick e di un’altra first pick. In quel modo i biancoverdi si auto-chiamarono fuori dalla corsa a Fultz e decisero che avrebbero scelto uno tra Josh Jackson e Jayson Tatum per perfezionare lo spot di ala piccola. Nella sua stagione da rookie, i Celtics chiusero la stagione regolare con 53 vittorie, al primo posto della Eastern Conference, erano già allora ad un passo dalla grandezza e probabilmente nella stagione ancora precedente l’avrebbero raggiunta se solo la salute fosse stata dalla loro parte. Nel 2016, infatti, Boston trovò come suo salvatore Isaiah Thomas, ma non riuscì a finire i Playoffs a causa di un problema all’anca.
Tuttavia i Boston Celtics decisero che fosse il momento di ricaricarsi. Dalla free agency arrivò Gordon Hayward e scambiarono Isaiah Thomas per arrivare a Kyrie Irving. In quell’offseason del 2017, Jayson Tatum fu la terza aggiunta più importante. Il numero 0 iniziò come ala grande contro i Cleveland Cavaliers, mentre il nuovo acquisto Hayward partiva come ala piccola. Poi, dopo soli cinque minuti, è arrivato il terribile infortunio di Gordon Hayward, con le speranze di un’intera fanbase che sono andate distrutte in un solo istante. L’infortunio dell’ex Jazz, inoltre, mise ancora più pressione a Tatum, chiamato al salto e al non farlo rimpiangere. Poi anche Kyrie Irving ha rimediato un infortunio che l’ha tenuto ai box per i Playoffs e allora ai Celtics è mancata ogni logica speranza di farcela. Essa, però, è eterna e i Celtics hanno iniziato la loro corsa miracolosa verso le finali della Eastern Conference grazie ad un nucleo che oggi suona molto familiare: Jayson Tatum, Jaylen Brown, Al Horford, Marcus Morris, Terry Rozier e Marcus Smart. Se sostituiamo Morris con Rob Williams e Rozier con Derrick White abbiamo il core che ha portato Boston alle Finals nel 2022. Jayson Tatum brillò durante i Playoffs del 2018, annientando in cinque partite i 76ers alle semifinali di Conference segnando quasi 24 punti a partita e, nonostante la sconfitta contro i Cavaliers al termine di una serie incredibilmente competitiva, le notizie per i tifosi non potevano che essere positive, così come il futuro per Tatum sembrava sempre più brillante.
Molti ricordano la prima esplosione di Tatum con quella schiacciata su LeBron in Gara7. È stato un momento iconico nella storia recente dei Celtics, che ha dato ai fan qualcosa in cui credere anche dopo la sconfitta. È stata un’azione in uscita da un timeout, chiamato dopo che l’allora coach Brad Stevens riteneva che si stessero accontentando di troppi jumper. Quel momento è anche stato discusso ampiamente in tante conferenze stampa e, quando è stato chiesto a Tatum del suo “scontro” con LeBron James, il prodotto di Duke ha mostrato sul suo viso un’espressione molto confusa:
”Non volevo essere irrispettoso. Ho fatto una bella giocata e mi sono lasciato andare emotivamente”
Jayson Tatum
Tatum stesso ha un poster della schiacciata al piano di sopra di casa sua. LeBron nel 2018 era una vera forza della natura e Tatum era di tanto inferiore, era solo il terzo o quarto miglior giocatore della sua squadra, e quando ha “affrontato” James quest’ultimo poteva protestare con l’arbitro richiedendo il tecnico. Lo sguardo di LeBron, però, era un mix tra curiosità e rispetto senza alcuna malizia, quasi come se stesse riconoscendo la grandezza di Jayson Tatum.
È stato davvero solo un momento, ma un momento che ha posto le basi per qualcosa che si sarebbe lentamente messo a fuoco per i cinque anni successivi e che continua a cristallizzarsi ancora oggi. Dal momento in cui è entrato in NBA, Tatum ha giocato da titolare in tutte le 94 partite di post-season che i Celtics hanno disputato. La sua disponibilità costante, insieme a quella di Jaylen Brown, ha regalato a Boston tanti trionfi ai Playoffs, tanto che negli ultimi 6 anni sono apparsi per ben 4 volte alle Eastern Conference Finals.
È vero che Jayson Tatum ha avuto il privilegio di essere stato la terza scelta assoluta da parte di una squadra che solo l’anno prima terminò la Regular Season al primo posto. La maggior parte delle scelte in lottery, per non parlare di quelle al vertice, finiscono in squadre deluse con tifosi in cerca di messia o quantomeno di risposte. Tatum è arrivato a Boston libero di sviluppare la sua pallacanestro.
I What-If poi diventano spontanei: Tatum sarebbe diventato quello che è oggi se non si fosse infortunato Hayward alla prima partita? Si sarebbe abituato così velocemente ai ritmi Playoffs se ci fosse stato Irving a dominare quasi ogni possesso, essendo la stella di quella squadra, lasciandogli quindi poche possibilità di gestire la palla?
Queste situazioni gli chiesero subito un cambio di atteggiamento e capacità di gestire le pressioni di una contender in post-season. È stato entusiasmante vedere come un rookie di 20 anni abbia potuto avere subito quell’impatto e giocare con un equilibrio del genere alla sua prima serie Playoffs. Jayson Tatum ha mostrato semplicemente quello che avesse dentro di sé: la capacità e la voglia di gestire a suo piacimento lo spettacolo sul parquet fino a dichiararlo eventualmente suo.
Tatum inoltre è rimasto straordinariamente indiscutibile per tutta la sua carriera, riuscendo anche a rimanere lontano dai problemi extracampo. L’unica indulgenza non legata al basket che JT ha concesso ai media sono riguarda le storie e i siparietti adorabili insieme a suo figlio di 6 anni Deuce, un membro chiave della Celtics Nation.
“Sono con lui da sempre, sono stato draftato che avevo 19 anni ed è un po’ come se stessimo crescendo insieme. Mentre lui cresce sto attraversando la mia carriera condividendo questi momenti e vivendoli insieme man mano che cresciamo”.
Jayson Tatum poco prima delle NBA Finals del 2002 riguardo suo figlio Deuce
Da allora Jayson Tatum ha ampliato anche le sue apparizioni al di fuori del parquet rilasciando interviste o partecipando a podcast. Recentemente è apparso su CBS Mornings per annunciare la sua partnership con So-Fi per donare oltre un milione di dollari alle famiglie monoparentali di St.Louis, una situazione in cui lui stesso è cresciuto. Tatum ha mostrato al mondo la sua nuova persona misurata ed equilibrata, in campo invece appare più focoso lamentandosi spesso con gli arbitri per le chiamate sbagliate o per i loro non fischi. È stato espulso tre volte nella sua carriera, ma già due volte in questa stagione, entrambe per protestare con gli arbitri per più volte prima di ricevere il suo secondo tecnico.
La maturità che sempre ha dimostrato è stata spesso il suo biglietto da visita, ma ciò non ha mai significato una mancanza di passione per il basket. Dopo che Derrick White ha convertito un tap-in che sembrava impossibile sulla sirena per vincere Gara 6 a Miami, i Jays si sono lasciati andare ad un lunghissimo abbraccio, entrambi apparentemente incapaci di elaborare le emozioni e così lo hanno fatto insieme.
Ciò che rende grande Jayson Tatum emerge da quell’emozione e dal paradosso di quell’urlo silenzioso nella partita contro i Sixers. A volte è rumoroso, altre volte percettibile solamente a chi gli sta vicino. Eppure in qualche modo è sempre chiaro. Tatum è un All-Star starter, quindi indubbiamente è uno dei migliori giocatori della lega, ma nel mondo della narrativa NBA molti discuteranno sempre su dove si collochi vicino ai suoi pari con domande del tipo “vincerà mai l’MVP?” oppure “è un top-5 della lega?”. Queste domande sono giuste da porre e anche divertenti, ma non riescono comunque a cogliere la realtà della grandezza di Tatum. È impossibile sia sottovalutarlo che sopravvalutarlo perché è innegabilmente speciale ed ha ancora tanto da dimostrare, l’unico rischio quindi è darlo per scontato.
È sempre stato difficile capire quale fosse la sua caratteristica distintiva, la sua abilità di scorer è sempre stata formidabile, ma non unica, non è un eccellente passatore e non è mai stato né il miglior difensore della lega o il miglior rimbalzista. Innegabilmente, però, è sempre stato bravissimo in tutte queste cose. Il superpotere di Tatum è sempre stato la sua presenza e la leadership delle squadre vincenti – attualmente i Celtics vantano il miglior record della lega con un eccellente 47-12. A questo punto, questa versione di Boston è la squadra più vincente della quale Tatum abbia mai fatto parte e i Celtics sono pronti più che mai a tornare le Finals e a continuare la loro caccia al diciottesimo.
Un’altra domanda da porsi è la seguente: saremmo in grado di riconoscere la grandezza di Tatum qualora non dovesse mai vincere il titolo? La fanbase vedrà JT come un giocatore che non è mai riuscito a portare i Boston Celtics in vetta oppure come uno dei migliori Celtic di sempre? La risposta, molto semplicemente, è che forse saranno costretti comunque a riconoscere la sua grandezza. Jayson Tatum non ha parlato molto della sua legacy, ma ha detto abbastanza nell’intervista che ha rilasciato con Jeff Goodman di The Messenger. Qualcuno direbbe che JT abbia già fatto abbastanza nella sua ancora giovanissima carriera, ma lui non la pensa nello stesso modo.
”Mi piacerebbe essere sul Monte Rushmore dei Celtics, insieme a Bird, Russell e Pierce. Per farlo, però, devo arrivare alla vetta. Voglio essere un All-Timer, voglio essere riconosciuto come un vincente e credo che lo sarò”.
Jayson Tatum