FOTO: Bright Side of the Sun

Questo contenuto è tratto da un articolo di John Voita per Bright Side of the Sun, tradotto in italiano da Edoardo Viglione per Around the Game.


Bradley Beal ha dovuto cambiare il suo modo di giocare a basket in questa stagione. Da quando si è unito ai Phoenix Suns non si trova più in cima alla classifica dei top scorer della lega, non ha più il 33.8% di usage e non ha nemmeno il 21.3% dei punti totali della squadra. Ha, invece, uno usage del 21.8%, il suo dato più basso dalla stagione 2014/15 quando giocava nella Capitale, e ha segnato solamente il 9.2% dei punti totali dei Suns. La sua può essere considerata un’evoluzione matura, ma soprattutto anche una scelta ammirevole in quanto all’età di 31 anni sta adattando la sua pallacanestro per il bene della squadra. Alcuni sostengono che non stia apprezzando questo cambiamento, che in campo sembra frustrato. In realtà lui è un giocatore molto animato, per certi versi ricorda un po’ Mikal Bridges, ma è uno scorer migliore. Potrebbe magari battersi la mano sulla testa o lanciare un’occhiataccia all’arbitro, ma non è una frustrazione verso i compagni o verso il ruolo che ha lui all’interno della squadra. Prima della gara contro i Cleveland Cavaliers, Frank Vogel ha parlato proprio di Bradley Beal, delle sue capacità di giocare come facilitatore e del fatto che sia lui che Devin Booker hanno tenuto tanta palla in mano nelle ultime partite.


“È una delle cose che abbiamo fatto un po’ di più nelle ultime partite. Continueremo ad evolverci nel corso della stagione, anche in queste ultime due settimane e son contento di dove siamo in questo momento.”

Frank Vogel

Molti hanno interpretato queste dichiarazioni del coach dei Phoenix Suns come se volesse intendere che nelle prossime gare sarà proprio Beal ad incaricarsi di essere la point guard.

Ciò che è fondamentale per i Suns non è avere Beal nel ruolo tradizionale di playmaker, ma semplicemente che durante l’azione tocchi la palla. Non importa chi la porti, abbiamo visto Devin Booker farlo spesso nelle ultime partite ad esempio, ma è importante che Beal venga comunque coinvolto. Ciò è dovuto dalle sue capacità di penetrazione, rompere le difese avversarie e di trovare compagni in situazioni wide open. Nelle ultime quattro partite, ovvero da quando è cominciata la parte più complicata della schedule dei Suns, Beal ha registrato una media di 11.3 drive a partita e nel 62.2% dei casi ha passato il pallone ai compagni. In altre situazioni, invece, è fermo in angolo, ma in quei casi i suoi compagni stanno effettuando una penetrazione verso il ferro e diventa probabile un loro drive&kick per Beal wide open. Se uno si dovesse fermare a guardare le recenti statistiche penserà che sicuramente valgano meno del suo contratto. Nelle ultime 10 partite ha segnato solamente 12.5 punti, ma l’ha fatto tirando con oltre il 42% dall’arco e distribuendo di media 7 assist. Non sono numeri da All-NBA, ma sta dimostrando di aver accolto fedelmente il ruolo di terzo violino al fianco di Devin Booker e Kevin Durant.

Nelle ultime quattro partite, oltre che nel ruolo di playmaker, si è anche concentrato maggiormente sulla sua fase difensiva e infatti è il primo della squadra per quanto riguarda le deflections e i tiri da tre punti contestati. La difesa ha portato beneficio all’attacco e i Suns sono 9º per i punti da palle perse (15.5) e prima di questa serie di partite erano 23º. Si vedrà se Bradley Beal avrà assunto davvero il ruolo di playmaker nei finali di gara, se continuerà a giocare come facilitatore quando il gioco rallenterà e se aumenterà di pari passo la strategia.