Le WNBA Finals più equilibrate e emozionanti di sempre hanno sorriso, per la prima volta, alle Liberty di Sabrina Ionescu e Breanna Stewart. Cronaca di cinque partite pazze.

FOTO: liberty.wnba.com
Ci sono diversi momenti in cui tutti, più o meno, hanno pensato che il basket di New York avesse qualche debito da scontare con il fato. I Knicks negli anni Novanta, nell’epoca d’oro della NBA, sono arrivati più volte a un passo dalla gloria, senza mai raggiungerla. Chris Herring, giornalista di Sports Illustrated, su quei Knicks formidabili ma perdenti ci ha scritto un bel libro, Sangue al Garden (pubblicato in Italia da 66thand2nd), che racconta quanto erano forti quei giocatori e delle poche, esiziali casualità che hanno impedito loro di arrivare all’anello.
Le New York Liberty erano a un bivio della propria storia. Continuare a essere la squadra che gioca bene e non vince mai, o entrare nell’olimpo delle grandi. Presenza fissa nella WNBA dalla fondazione della lega nel 1997 (fatto non scontato, considerate le innumerevoli franchigie che sono nate, morte e poi rinate altrove), per cinque volte sono arrivate in finale, senza mai riuscire a vincere.
Dopo diversi anni di ricostruzione, nel 2019 è iniziata nuova era, quando la squadra è stata comprata da Clara Wu Tsai e Joseph Tsai, detentori del 49% delle quote dei Brooklyn Nets e del Barclays Center, dove i Nets e ora anche le Liberty giocano. La fortuna ha voluto che le Liberty vincessero la lotteria del draft del 2020, l’anno dell’arrivo in WNBA di Sabrina Ionescu.
Guardia californiana che ha posticipato il suo arrivo tra le professioniste per provare a vincere un titolo con Oregon, nella stagione che poi è stata annullata per l’inizio della pandemia, ha avuto un impatto enorme sulla lega fin da subito. Il suo tiro da tre è diventato così famoso che la NBA durante l’ultimo All-Star Game ha deciso di organizzare un contest da tre con Stephen Curry, poi vinto di poco dallo Chef.
Con l’arrivo di Ionescu, le Liberty hanno tentato il grande salto. Nel 2023 avevano fatto all-in su due fuoriclasse come Breanna Stewart, già campionessa WNBA con le Seattle Storm, e Jonquel Jones, centro fisicamente dominante delle Connecticut Sun, ma erano cadute in finale contro le Las Vegas Aces di A’ja Wilson.
Quest’anno, dopo una regular season immacolata, e la vendetta contro le Aces in semifinale, mancava l’ultimo muro da abbattere: l’esperienza delle Minnesota Lynx, già campionesse per quattro volte nella loro storia. Le Lynx sono arrivate in finale trascinate da un’incredibile Napheesa Collier, ala che condivide con Stewart e tante altre stelle la carriera a UConn, il college del basket femminile per antonomasia, sotto la guida di Geno Auriemma. Durante gara 3, quando la serie si è spostata nel Target Center di Minneapolis, ha battuto il record di punti in una postseason, detenuto da Diana Taurasi.
Con le unghie
Tutte e cinque le partite sono state assolutamente imprevedibili. In gara 1, giocata a Brooklyn e dominata in larga parte dalle padrone di casa, le Minnesota Lynx sono riuscite a rimontare uno svantaggio che, a 5 minuti dalla fine, era di 15 punti. Il gioco da 4 di Courtney Williams ha fatto pendere la serie – al meglio delle 5, ma che dall’anno prossimo sarà al meglio delle 7, come l’NBA – verso Collier e compagne, ma in gara 2 Breanna Stewart si è caricata sulle spalle la squadra mettendo a segno 21 punti e pareggiando i conti.
La prima gara a Minneapolis, in cui le Lynx sono rimaste in ampio vantaggio per tre quarti, si è conclusa con una bomba dalla distanza di Ionescu, che a un secondo dalla fine ha deciso di chiuderla alla sua maniera. Gara 4, da vincere assolutamente per le Lynx per cercare di allungare la serie e chiuderla a Brooklyn, è stata la più equilibrata di tutte. Le difese sono state le vere protagoniste, insieme a Bridget Carleton che ha messo a segno 19 punti pesantissimi per la vittoria. Ionescu ha provato un altro buzzer beater per tornare a casa con l’anello, senza riuscirci.
L’ultima e decisiva sfida è iniziata con le solite Liberty, con le gambe fragili all’ennesimo appuntamento con la storia. Minnesota ha vinto comodamente il primo tempo, con una Collier all’altezza delle aspettative. Dopo l’intervallo, New York è scesa in campo giocandosi tutto, e riuscendo a pareggiare la partita nell’ultimo minuto di gara. Nonostante una partita terrificante di Ionescu (solamente cinque punti) e Stewart, che ha rischiato di rovinare la serie sbagliando due liberi su due necessari per pareggiare, ma rifacendosi poco dopo (sfruttando una decisione arbitrale piuttosto benevola), le Liberty hanno affondato nell’overtime, e hanno potuto festeggiare il primo anello della storia.
Prima di gara 5, il Finals MVP sembrava appannaggio di Collier o Stewart, ma la prestazione determinante di Jonquel Jones e i suoi 17 punti hanno cambiato tutto. È la prima giocatrice delle Bahamas a vincere la WNBA e, ovviamente, la prima Finals MVP. Insieme a Stewart e Ionescu ha ufficialmente dato inizio a una nuova dinastia, dopo aver abbattuto il tabù dell’anello. Con una seconda sconfitta di fila alle Finals, le Big Three si sarebbero probabilmente sciolte, soprattutto in vista dei prossimi sviluppi della lega. Con tre nuove squadre in arrivo nei prossimi due anni (Golden State nel 2025, Portland e Toronto nel 2026), e soprattutto un nuovo accordo sui diritti tv che prevede cifre finora mai viste per la giovane lega, è probabile che ci saranno tanti movimenti a breve, con le giocatrici che cercheranno di sfruttare il più possibile a proprio vantaggio la nuova era del basket femminile. Ma, per una volta, a New York le cose sono andate bene.