Ospite del podcast “The Old Man and the Three” di JJ Redick e Tommy Alter, Ben Simmons ha affrontato molti temi che lo hanno riguardato nell’ultimo anno.

FOTO: Philadelphia Inquirer

Ben Simmons è pronto per tornare in campo dopo un’intera stagione di fermo e, a giorni di distanza dall’inizio del Training Camp, ha preso parte come ospite al podcast “The Old Man and the Three”, diretto da Tommy Alter e da JJ Redick, ex compagno di Ben ai tempi dei Philadelphia 76ers.

Tra i tanti temi affrontati, ecco una traduzione di tre momenti salienti: i problemi di mental health, il rapporto con Doc Rivers e quel fatidico passaggio in Gara 7 contro Atlanta.


Simmons, dopo un lungo spezzone introduttivo, ha parlato delle difficoltà risultanti dai problemi alla schiena (di cui abbiamo parlato QUI), prima di approdare a quello che era forse il tema più atteso dell’intera puntata: i suoi problemi di salute mentale.


JJ: “Hai speso praticamente un anno a seguire i tuoi problemi di salute mentale. Suppongo che non siano iniziati dalla serie con gli Hawks [Simmons conferma, ndr], ma quegli eventi hanno per caso esacerbato o innescato un processo degenerativo?”

Simmons: “Come molte persone stavo già affrontando problemi di salute mentale, ma dopo quella serie era come sa non avessi più il supporto di quelle persone che si presuppone debbano offrirtelo. E nemmeno io riuscivo a darmelo da solo. Questo ha preso il sopravvento su di me e mi ha ucciso mentalmente. Non avevo l’energia di fare nulla, ero come in un posto buio.

Mi ci è voluto molto tempo, ma la prima cosa importante è identificarlo per fare bene le cose, sapere che non è fisico ma mentale. Scoprirlo è stato un grande passo per me, mi ha fatto dire ‘mi serve aiuto in queste aree’. Quello è stato l’inizio di ciò che mi ha portato qua, a sentirmi sereno a parlarne. Ma sono stati tempi molto bui per me.

La cosa più folle è che tutto sia pubblico. Tutto passa attraverso svariate difficoltà, alcune più grandi di altre, ma ognuno ha le proprie battaglie. E per me è stato difficile sapere che non avevo il supporto dei miei compagni o chiunque fosse.”

Sebbene Simmons lasci una reticenza sui nomi, chiudendo con una smorfia insicura, ci pensa JJ a chiarire:

JJ: “Chiamali per nome. Sai che amo Joel e sai che amo Doc, ma essenzialmente ti hanno dato in pasto ai leoni dopo Gara 7. Questo è indiscutibile.”

Dopo una battuta di Redick a seguito di un intervento di Alter (“Tommy, lo sai che gli atleti non sono esseri umani, non si comportano allo stesso modo”), Simmons chiude con una frecciata a una particolare parte di “pubblico”:

Simmons: “Ci sono anche quelle persone che bofonchiano “Prendetegli i soldi”. Non me ne frega un cazzo dei soldi! Non riguarda i soldi, non mi importa adesso. Voglio pace e serenità. Voglio stare in un posto sicuro. E, anche se dovesse costarmi qualunque cifra mi costerà, ne varrà la pena. La mia serenità vale più dei soldi”.


Redick ha chiesto a Simmons anche di quando fu cacciato da Doc Rivers dopo essere tornato per due giorni di allenamento, chiarendo in primis il famoso episodio del telefono in tasca (“La gente se lo è inventato, era la canotta di allenamento, non so come possano aver pensato che fosse un telefono”) e poi il perché della sua presenza:

“Stavo cercando di fare la cosa giusta. Non ero lì per giocare, non lo stavo facendo, non ero capace di farlo. Il giorno in cui sono stato cacciato in realtà ho parlato con Doc prima di allenarmi, e gli ho detto ‘Doc, non mi sento pronto, perfavore, capiscimi’. E lui ha risposto ‘ti butto dentro comunque’. Ho detto che mi stava bene, l’allenamento era iniziato da un minuto e mi ha urlato ‘Ben entra in campo!’ e io gli ho risposto ‘Hey, nessuno fa questo, lo stai facendo apposta’.

E mi sentivo in quel modo, è come se ognuno cercasse di tirarmi merda addosso. Vengo multato per non alzare dei pesi, ma fisicamente resto uno dei più forti in tutta la squadra. Hanno iniziato a multarmi per piccole cose ed è stata un’escalation. Ovviamente io non ho gestito le cose nel modo giusto, ma nemmeno la squadra lo ha fatto.”


Per chiudere, Redick e Simmons tornano su quella serie con gli Atlanta Hawks, vinta da questi ultimi in Gara 7. JJ mantiene il focus sul fatto che, nonostante i mille episodi e problemi emersi durante quella serie, tutti si siano concentrati su quella singola giocata di Ben Simmons, quel passaggio a Thybulle nonostante l’opportunità di segnare un canestro facile.

L’australiano dice la sua:

“Il famoso canestro da 100 punti. In quel momento credevo che Trae si avvicinasse più velocemente, così ho visto Matisse avvicinarsi, e Matisse è molto atletico, può schiacciare. Così ho pensato di fare un passaggio veloce per farlo schiacciare, pur non sapendo quanto spazio avesse. Tutto è stato così veloce che si è trattato di fare una lettura. E ai Playoffs devi prendere la decisione giusta la maggior parte delle volte. Quando è successo ho pensato ‘Ok, fanculo, faremo un’altra azione’ e solo dopo, quando tutti lo stavano postando, ho realizzato ‘Cavolo, è davvero una cosa così grossa?’.”

Dopo una presa in giro di Redick sul fatto che avrebbe dovuto schiacciare, Simmons chiude:

“Rivedendola, è fottutamente terribile come giocata. Se la riguardo penso ‘avrei dovuto schiacciare dentro quella cazzo di palla’. Ma non è successo, e posso conviverci. Ognuno prova a farmi fuori per quella singola giocata, ma se vogliono riguardarsi con me le registrazioni posso dissezionare ogni cosa. Ma non è realistico. Ho anche marcato il miglior giocatore avversario per tutta la partita.”


Di seguito ecco la puntata completa, dove Redick e Simmons hanno anche raccontato del loro rapporto prima di Phildelphia, della nuova esperienza ai Nets e di molto altro: