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“Caos” è forse la sola e unica parola adatta per descrivere gli ultimi mesi della saga di James Harden, il suo addio ai Philadelphia 76ers e la rottura con Daryl Morey. Facendo un minimo di ordine, in maniera riassuntiva, ricordiamo che il giocatore ha accettato, nell’estate 2022, un’estensione biennale, con player option al secondo anno, del valore di “soli” $68.6 milioni totali, pertanto con un primo anno a $33 milioni anziché ai 47 che avrebbe ottenuto accettando la player option per la stagione 2022/23. Dopo questo accordo, ci si aspettava che The Beard, durante la passata offseason, firmasse un’estensione contrattuale più onerosa e a lungo termine con Philadelphia, che però non si è mai vista. Non essendo arrivata alcuna offerta, o non avendo trovato un accordo, Harden ha accettato la player option per la stagione 2023/24, chiedendo una trade in direzione Los Angeles Clippers. Ottenuta, sì, ma solo svariato tempo dopo e a seguito di numerose peripezie: scambio bloccato dai Sixers, rottura con l’amico storico e dirigente Daryl Morey, chiamato “bugiardo” in mondovisione (con conseguente multa salatissima) e soprattutto in Cina, indagini della Lega sul tampering per un accordo preventivo sottobanco con Philadelphia cadute nel nulla e via dicendo. E ora eccoci qua, con un’intervista a dir poco rumorosa, da parte di Sam Amick di The Athletic, al Barba, uscita giusto ieri, della quale riporteremo alcuni estratti, prima di commentare:

Quando hai deciso che fosse finita a Philly, si è sempre trattato di Clippers e niente altro? Qual è stato il tuo processo mentale?

Cercavo di arrivare a una situazione nella quale potessi essere pagato e ovviamente avere una chance di vincere ai massimi livelli. In questi ultimi anni ho sacrificato molte cose – il mio ruolo, le mie finanze – e adesso ho chiuso. Voglio poter andare avanti e comunque avere l’opportunità di fare soldi e ovviamente vincere allo stesso tempo.


Hai menzionato la parte finanziaria: i Sixers ti avevano detto davvero che ci fosse un contratto in arrivo?

Intendi uno al massimo salariale? Sì.

Te lo ha detto Daryl Morey?

Sì, sì.

Quando hai capito che non se ne sarebbe fatto nulla?

Io e Daryl avevamo davvero un’ottima relazione. In passato, una settimana o due dopo l’uscita dai Playoffs, si sarebbe trattato totalmente di capire insieme come migliorare la squadra. “Come possiamo migliorare?”, e siamo andati avanti così per oltre 10 anni. E poi è arrivato quest’anno, nessun tipo di comunicazione. Così, a quel punto, mi sono detto: “Ok, ho capito dove stiamo andando a parare”. Sono molto intelligente, perciò ho pensato subito alla mossa successiva: “Cosa voglio fare?”, mi sono detto. Lo capisco, alla fine è solo un business. E, come lui deve fare il bene dell’organizzazione, io devo fare ciò che è meglio per me e la mia famiglia. Semplicissimo.

Avevi qualche timore durante il periodo di uscita?

No. Si trattava solo di pazienza, perché il giorno in cui ho accettato l’opzione, c’era stata una conversazione con i Sixers riguardo a un processo di 10 giorni. Tutto sarebbe successo in 10 giorni, e poi si è portato avanti per quattro mesi e mezzo o quello che è. A questo punto, stai semplicemente trattenendo la mia vita, quella di tutti, fai sembrare la cosa più assurda di quello che è. E abbiamo avuto discussioni interne sul tirare le cose per le lunghe, perciò è stato frustrante. Dopo tutto, avevo sacrificato tutto per andare a Philly con delle persone di cui mi fidavo, e mi si è ritorto contro. Fa parte della vita, tutti affrontiamo certe cose, perciò mi renderà più forte.

Cambieresti qualcosa riguardo al modo in cui hai gestito l’intera situazione, lasciando Philadelphia?

No, non è stata una mia decisione (ride). Intendo, a quel punto ero stato inserito in una certa situazione e mi sono dovuto sedere a riflettere su cosa stesse accadendo e fare la miglior decisione per me e la mia famiglia. Come ho detto, ho sacrificato denaro per venire a Philly nella speranza di ritirarmi qua. Quando mi tirano una palla curva, devo fare un passo indietro – e non sono uno di quelli radicali, sono uno stratega, penso prima di reagire. In molti non lo capiscono e non sanno questo di me, va bene così.

Questa è una solo versione, quella di James Harden, ricordiamolo. Ad ogni modo, se è concesso un commento, ci sono svariate cose surreali nelle parole dell’ex Philadelphia. Tralasciando il fatto che il Barba abbia praticamente confermato le discussioni preliminari sulla questione “max contract”, nell’intervista completa ha anche specificato di aver sacrificato il contratto nel 2022 per le firme di Tucker, Melton e House, e che i suoi agenti avrebbero parlato con Morey dell’estensione prima dei Playoffs, offrendo una cronologia ben precisa. “Che sorpresa”, diranno in molti, ma non si tratta proprio di un’informazione sulla pubblica piazza, anzi, è proprio quello che l’NBA non ha trovato. Difficile comunque capire se la dirigenza dei Sixers abbia effettivamente concordato in maniera diretta questo modus operando con Harden, o se siano state semplici trattative rimaste più sul vago – come detto, questa è solo una versione, e l’NBA ha già indagato l’indagabile. Ma quello di ancora più assurdo che emerge dal pezzo di The Athletic è che il giocatore abbia incontrato i Rockets e il nuovo head coach Ime Udoka a Houston per un suo possibile ritorno – il tutto, non essendo free agent, ma sotto contratto.

Insomma, non che sia una sorpresa, ma questa uscita da Philadelphia meriterebbe molto probabilmente una serie TV dedicata, con tanto di indagini e ricostruzioni lunghe mesi per arrivare alla verità. Anche perché Marc Stein, per esempio, riporta che una fonte direttamente in arrivo dall’interno dei Sixers abbia smentito la promessa di un max contract dopo la firma del biennale “a sconto” – e ci mancherebbe pure. La vita di James Harden, puro caos.