Hai iniziato la tua carriera da assistant coach nel 2011. Poi, quando hai iniziato a vederti come head coach?

Nel 2018 ho avuto un incontro informale con Travis Schlenk (President of Basketball Operations degli Atlanta Hawks, ndr). Lo era davvero, perchè in realtà ero molto legato a coach Budenholzer, e non mi vedevo come head coach degli Hawks. Poi, però, ho avuto altri colloqui per posti da head coach, con Minnesota, Chicago, Indiana, Boston, Washington, Sacramento, Charlotte e i Clippers, prima di arrivare ai Lakers. Ogni volta che venivo scartato mi dava fastidio, ma sono sempre andato avanti e non ho mai dubitato di me stesso, reputandomi uno dei migliori in NBA.

Sopra tutti oggi c’è Coach Pop, e dopo di lui tanti altri bravissimi allenatori, ma io ritengo che coach Bud sia il migliore in circolazione. È una persona maniacale, è molto preciso e ha una grande cura dei dettagli. Il modo in cui si rapporta con i ragazzi, come fa in modo che siano a proprio agio, lo rende il migliore.

In ogni caso, per me essere scartato da Wizards, Pacers, Bulls, Celtics e Hornets.. ora che sono qui ai Lakers, spero si renderanno conto dell’errore che hanno fatto scartandomi. 

Nel febbraio 2021, i Timberwolves hanno licenziato coach Saunders, preferendo ingaggiare Chris Finch piuttosto che promuovere David Vanterpool, coach di origini afroamericane. La cosa fece molto scalpore. Da allora le cose sono cambiate: oggi 15 allenatori su 30 sono afroamericani. Cosa ne pensi?

Chiunque sia addetto al recruiting dovrebbe avere una mentalità aperta al nuovo. Si tratta di persone, bisogna conoscersi e comprendersi. Come possiamo vedere, oggi quasi tutti stanno facendo molto bene, e il meglio deve ancora arrivare. Un giorno ci saranno anche dei General Manager, siamo solo all’inizio. Basta guardare a quanto eterogenei siano già adesso i vari staff.

Una volta scherzavo con Luke Walton, con cui siamo molto amici, dicendogli che avevamo un curriculum molto simile, ma che se fossi stato bianco come lui avrei avuto due o tre incarichi in più alle spalle. Glielo dissi davvero. Ma sono contento che il vento stia cambiando in NBA.

Sta nascendo una nuova tendenza ad ingaggiare ex giocatori come head coach: che ne pensi?

Si tratta di identificarsi in chi si ha davanti. I nuovi ragazzi che arrivano in NBA hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro, che li faccia adattare ai nuovi sistemi e che parli la loro lingua. A prescindere dal sesso, colore della pelle o estrazione sociale, se sei una persona vera la gente lo capisce, ed è più facile comunicare con loro. Oggi ci sono allenatori che hanno vinto più volte il titolo, sia da giocatore che da allenatore. Abbiamo parlato anche di questo durante la mia interview coi Lakers.

Cosa pensi di LeBron James?

Per me è unico. Non c’è nessuno che sia al suo livello, e nessuno lo sarà in futuro. Una specie di unicorno. Raro ed esclusivo. Non ho mai visto nulla di simile in vita mia, sono molto felice e grato per quello che fa, è un esempio per i più giovani.

The Kid from Akron, Ohio… io sono The Midwest Kid, from Saginaw, Michigan. Siamo parecchio simili. Gli Stati sono diversi, ma la merda è sempre la stessa. Mi piace vedere come si comporta, come risponde sul campo alle pressioni e tensioni esterne. 

Come ti rapporterai con lui?

Si tratta di una questione di principio: come faremo ad aiutarci reciprocamente? Cercheremo di mantenere i rapporti semplici, facendo in modo che ognuno mantenga l’altro affidabile e credibile. Ho già detto a tutta la squadra dei miei tre capisaldi, e che sentiranno ripeterli per tutta la stagione, finchè non diverrò blu in volto: competitività, gruppo e credibilità. Questo è ciò che conta e conterà per noi. Competitività, gruppo e credibilità. Ecco come mi rapporterò con LeBron.

Cosa pensi di Anthony Davis?

Per quel che riguarda AD, penso possa essere quello che sposterà gli equilibri. Penso che disputerà una grandissima stagione quest’anno, perchè so che trarrà beneficio dal modo in cui giocheremo. Mi prenderò cura di lui e farò in modo che anche gli altri dello staff lo facciano, in modo che dia il meglio di se. La sua stazza, l’approccio che ha alle partite e il suo skillset lo rendono un giocatore incredibile: proverò a farlo tornare quello visto nella bubble. E, ripeto, ci prenderemo tutti cura di lui, andremo incontro alle sue esigenze assicurandoci che sia nelle migliori condizioni psico-fisiche. Non andremo lontano se AD non sarà al 100%.

Cosa pensi, invece di Russell Westbrook?

Lo stanno dando per finito troppo presto. Ho parlato un paio di volte con Russ, di persona, a cena e al telefono. Adoro Russell Westbrook, la sua mentalità e la sua attitudine. Ha fatto tanto e raggiunto parecchi traguardi in NBA, cosa che ha aumentato il numero dei suoi haters. Per quel che mi riguarda, sto progettando qualcosa su misura per lui. Gli ho già mostrato qualcosa, sa che sto lavorando per lui. Penso che finalmente riuscirà a sbocciare. Non ho intenzione di reprimere la sua energia e la sua esplosività, semmai lo sfrutteremo in modo diverso.

Pensi che Westbrook potrà fare ancora parte della starting line up?

Si, certo. Ma cambieremo modo di giocare e di farlo giocare. Credo sia la sfida principale.

Pensi di poter vincere il titolo con i Lakers? Ne parli o ne parlerai ai ragazzi?

Dico loro di essere pronti. Gli anelli, le vittorie e i festeggiamenti arrivano solo se si lavora duro e ci si prepara per bene. Bisogna mantenersi concentrati ogni giorno. Il lavoro quotidiano fa la differenza. Non si arriva per caso ai Playoffs e poi di colpo “Oh, siamo alle Finals, stiamo per vincere.” No, non funziona così.

La routine di un vincente si costruisce nel quotidiano: prendersi cura del proprio corpo, dormire e nutrirsi bene, allenarsi regolarmente, riposare, osservare le clip per studiare gli avversari, lavorare con efficienza sul campo, dare il massimo nelle sessioni di tiro. Tutto questo porta alla vittoria. 

Poi, bisogna imparare ad essere equilibrati. Bisogna saper fare un passo indietro, a volte, per digerire un boccone amaro: a volte una striscia di sconfitte può essere affrontata meglio organizzando una giornata di svago con la squadra, piuttosto che massacrando i ragazzi in palestra.

Quanto conta lo spirito di squadra fuori dal campo?

Nel corso della stagione faremo delle cose che vi stupiranno. Non solo in palestra o sul parquet. Farò e faremo in modo di creare una mentalità diversa, basata sull’equilibrio e sul gruppo. 

Bisogna essere equilibrati e sapere che l’NBA è una bolla, un mondo a se. Non dobbiamo pensare “okay, sono in NBA e sono fuori dal resto della società”: noi vogliamo farne parte, stare con la gente di Bel Air, Brentwood, Beverly Hills, Compton, Watts, South Central, Inglewood, Carson, Long Beach. Voglio che tutti i tifosi si sentano parte di questo movimento, e che siano fieri dei loro Lakers.

Ripensando alla tua vita e ai tuoi trascorsi, cosa diresti a chi si sente senza speranza?

Gli direi che prima di tutto viene Dio. E parlo dell’Essere universale: sui vari testi sacri ci sono tanti buoni insegnamenti, che sia la Bibbia, il Corano, la Torah… ma prima di tutto viene Dio. Poi bisogna accettare la nostra natura di esseri umani: ognuno è umano, non bisogna pensare di essere migliori o peggiori di qualcuno. Siamo tutti esseri umani, uomini e donne, ognuno con un’energia e forza vitale differente. La terza cosa che gli direi è che si ottiene solo quello che si semina. E qui parlo soprattutto di relazioni interpersonali: se ci si piange addosso per ciò che accade o ci è accaduto, a lungo andare si otterranno risultati adatti a chi si piange addosso.

A volte penso a quanto fortunato sia a potermi svegliare, ogni giorno, e vivere una nuova giornata. Essere in grado di potersi svegliare, respirare ed affrontare una giornata nuova mi fa sentire un vincente. E ciò accade perchè so che ci sono tante persone che vorrebbero vedermi felice per aver raggiunto i miei obiettivi, persone che magari non sarebbero neanche lì con me a condividerne la gioia. Questo mi rende triste: molti mi hanno sostenuto, aiutandomi ad arrivare qui, oggi, ad allenare i Los Angeles Lakers. Alcuni di loro non ci sono più, altri non li vedo frequentemente. Pensando a loro, ogni volta che mi sveglio ed affronto un nuovo giorno, mi sento pronto a sprigionare energia positiva. 

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.