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Questo contenuto è tratto da un articolo di Justin Tinsley per The Undefeated (ESPN), tradotto in italiano da Jacopo Stefani per Around the Game.


“Lost time, pressin’ rewind, it won’t budge/It’s all right, you can tell me your truth, I won’t judge…”

Il 13 giugno scorso, in occasione di Gara 4 delle Eastern Conference Semifinals tra i Nets e i Bucks, e 2 giorni dopo l’uscita del sopracitato verso di Nipsey Hussle nel remix di “Memories” dei Maroon 5, James Harden ha sfoggiato una t-shirt con l’immagine del rapper mentre osservava dalla panchina. Un’ennesima conferma dello straordinario impatto culturale, nel mondo sportivo e anche oltre, del rapper di Los Angeles.

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Hussle è stato ucciso fuori da un negozio di Marathon, la sua linea di abbigliamento, a Los Angeles nel marzo 2019; per molti giocatori e addetti ai lavori NBA la “verità” che il rapper ha invitato a far emergere nel pezzo dei Maroon 5 rimane un potente messaggio, anche quando non avviene in diretta nazionale come nel caso della maglietta del Barba.

Alcuni giocatori, come ad esempio DeMar DeRozan, affondano le radici della propria connessione con il rapper nei comuni primi passi di vita in quel di South Los Angeles; per altri, le suddette radici vanno ricercate nel rispetto reciproco e nell’ammirazione per le imprese di Hussle, tanto in studio quanto come imprenditore e filantropo nella sua comununità; in un caso o nell’altro, il mondo NBA ha riconosciuto un uomo di colore come tanti atleti della lega, che aveva grande talento e ha saputo superare tante avversità per plasmare il proprio destino.

Anche solo a guardare l’ultimo anno e mezzo, la continua influenza e connessione tra Hussle e il mondo NBA si è manifestata in numerose forme.

A febbraio LeBron James, come già successo in passato, ha concesso un’anteprima di “What it Feels Like”, collaborazione tra Nipsey e Jay-Z tratta dalla colonna sonora di “Judas and the Black Messiah”.

Agli inizi di agosto Russell Westbrook, altro strettissimo amico di Hussle, ha postato un video su Instagram rappando sulle hit di Hussle “Ain’t Hard Enough” e “Grinding All My Life”; lo stesso Westbrook, come in molti ricorderanno, dedicò un tributo sul campo a Nipsey pochi giorni dopo la sua morte, mettendo a referto l’appena seconda tripla-doppia da 20-20-20 della storia NBA per omaggiare l’affiliazione del rapper ai Rollin’ 60s Crips.

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Per Isaiah Thomas, che incontrò Hussle quando ancora frequentava la University of Washington e lo ebbe come ospite e performer al suo Draft party nel 2011, invocare il nome del rapper è quasi una routine giornaliera: “Taggo il suo nome ogni giorno su Twitter, aggiungendo “top of the top”. IT ha raccontato anche di riprendere in mano spesso vecchi scambi di messaggi avuti con Hussle: “E’ qualcosa che cerco di tenere vivo, perché lui… mi sembra ancora qui con noi, anche solo per il fatto di poter riascoltare ogni giorno la sua voce.”

La fiamma di Nipsey ha bruciato ancora più intensamente il 15 agosto scorso, in quello che avrebbe dovuto essere il giorno del suo 36esimo compleanno, e sui social network non sono certo mancati i tributi. 

La sua compagna Lauren London ha rilasciato una dichiarazione: “La tua mancanza è ormai parte del mio DNA, e cerco di sopportarla con onore”. Parole repostate da LeBron James, che ha augurato al suo amico un “happy C(rip) Day”; l’amico e compagno di etichetta di Nipsey, Cobby Supreme, ha citato invece l’appellativo di “Street Legend”, mentre Snoop Dog invitato a una riflessione su quanto si senta la mancanza del sorriso del rapper.

Hussle è stato omaggiato anche da Allen Iverson, ennesima dimostrazione delle decadali connessioni esitenti tra hip hop e palla a spicchi, che affondano le proprie radici in pezzi come “Basketball” di Curtis Blow o la collaborazione tra Shaq e Notorious BIG. Iverson è sempre stato una figura di riferimento nella crescita del rapper, che ebbe l’opportunità di confessare a “The Answer” quanto avesse significato per lui e come quel crossover del 1997 su Michael Jordan gli avesse cambiato la vita.

Il fratello maggiore di Hussle, Blacc Sam, ricorda così l’ossessione di suo fratello per i crossover di Iverson: “Mi ricordo che una volta provai a marcarlo; quella fu l’unica volta. Pensai, “All right, basta così, non lo marcherò più”. Ha accennato un crossover, e sono caduto!”

Molti giocatori NBA hanno preso a cuore la filosofia di Hussle e di “The marathon”: il principio cardine è applicare duro lavoro ad una passione, comprendendo che “ogni piccolo passo, ogni ostacolo lungo la strada, altro non sono che momenti di preparazione alla consacrazione”.

Il suo instancabile leitmotiv di miglioramento personale, unito alle donazioni alla sua comunità, va in parallelo con la consapevolezza di molti atleti di poter avere grande impatto in campo sociale, anche fuori dai palazzetti dove intrattengono milioni di persone.

Hussle non ha ispirato direttamente l’era del “player empowerment”, né i giocatori NBA hanno avuto meriti diretti nello sviluppo della coscienza sociale del rapper, ma tra le due parti si era instaurata una grande complicità e un obiettivo comune: cambiare la visione di una società che li aveva catalogati troppo a lungo come meri intrattenitori.

Dichiara Blacc Sam: “Le persone rispettano una persona buona. Gli atleti avevano un rapporto speciale con mio fratello, e non c’è mai stato bisogno di nulla in cambio: a loro piaceva stare con Nipsey, e Nipsey adorava stare con loro. Gli davano spesso biglietti per le partite e lui era sempre lì, a supportarli. È sempre stato la miglior dimostrazione possibile della sua persona.”

Il campione NBA Matt Barnes era già un fan della musica di Hussle prima di incontrarlo durante la stagione 2010/11, quando venne tradato ai Lakers. Recentemente lo ha ricordato così: “Non voglio far intendere che fossimo amici davvero stretti, perché non è proprio così, ma tra di noi c’è sempre stata stima e rispetto reciproco.

(…) All’inizio della sua carriera veniva a suonare a South Bay, dove abitavo quando giocavo ai Lakers: così andavamo insieme in qualche bar di basso livello, io mi ritrovavo al piano di sopra con un gruppo di 60s Crips fumando erba, e la gente mi guardava dicendo “Ma è davvero il tipo dei Lakers quello?”. E noi eravamo al piano di sopra, parlando di basket e della vita. Noi atleti siamo così, una persona fuori dal campo e un’altra, completamente diversa, sul parquet. Anche lui era molto simile: rilassato, tranquillo e riflessivo, almeno prima di salire su quei palchi…”

Barnes porta il rapper di Crenshaw con sé ovunque vada: su una mano ha tatuata la faccia di Tupac Shakur e sull’altra, indovinate un po’? Quella di Nipsey. È un legame che accompagnerà Barnes per il resto della vita, non solo in inchiostro ma anche nei fatti.

Facendo attenzione durante “All the Smoke”, il podcast di Barnes e Stephen Jackson, potrete infatti notare un onnipresente murales raffigurante Hussle sullo sfondo.

“Sto lavorando con David Gross (socio in affari di Hussle) per un progetto di abbattimento dei costi immobiliari, e su un progetto a Sacramento che punta a dare alle minoranze opportunità lavorative nel settore della cannabis”, ha detto Barnes. “Persino nel mio podcast la produzione non era abbastanza inclusiva, e ho cercato di porvi rimedio. Alla fine, si tratta di restituire qualcosa alla comunità, o cercare di dare opportunità alla propria gente: non sono certo l’unico ad averlo fatto, e in questo Nip è stato il migliore di tutti.”

Con l’importanza sempre maggiore del tema della salute mentale nello sport, è importante riconoscere quanto si tratti di un tema delicato nella comunità afroamericana. Gli afroamericani sono stati condizionati per generazioni a tenersi i problemi dentro e “fare gli uomini”, per evitare che le proprie debolezze venissero usate contro di loro; è stato lanciato dunque un messaggio fortemente positivo quando la comunità ha riconosciuto il proprio dolore postando foto e video rappando su canzoni di Hussle o, come nel caso di James Harden, cambiando la propria foto profilo con quella del rapper.

Justin S. Hopkins, psicologo di Washingotn specializzato nell’approcio e nel superamento di traumi passati, sostiene che “il dolore non può essere relegato e messo da parte come gli altri sentimenti: può fluire liberamente in qualsiasi momento, sia esso di gioiosa malinconia o profonda tristezza. Per ragazzi come Westbrook, che tende a vivere al massimo dell’intensità le proprie emozioni, o Harden, davvero un ragazzo unico e sulla propria, il percorso, la voce e l’energia di Nipsey sono stati di grande ispirazione. Più profonda è la connessione personale, più intenso sarà il rimpianto, e quindi la necessità di dare una continuità alla presenza di chi non è più tra noi. I giocatori NBA che ancora oggi ricordano Nipsey, stanno facendo bene ad esternarlo.”

Infine, DeMarcus Cousins ha speso queste parole per ricordare Hussle: “Ti apprezzo molto più di quanto tu possa pensare, Nip; e la tua legacy vivrà in eterno. Purtroppo, non sono mai riuscito a dirglielo di persona: ma quell’uomo, la sua leadership, la sua saggezza, il suo messaggio… hanno fatto per me molto più di quello che avrebbe mai potuto immaginare”.