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Che questa serie promettesse fuochi d’artificio l’avevamo capito già da Gara 1, o forse addirittura dal primo turno contro Phoenix, dove Minnesota ha schiantato 4-0 i Suns, costringendoli ad una lunga estate di pensieri e brutte dormite. Le due partite a Denver hanno scioccato un po’ tutti, perché neanche il più accanito sostenitore dei T-Wolves si sarebbe immaginato un 2-0 nella Mile High City, con un blowout tremendo in Gara 2 per di più. La sconfitta di lunedì scorso, che ha portato i Nuggets a dover recuperare il doppio svantaggio proprio quando la serie si stava per spostare a Minneapolis, ha portato con sé giudizi fin troppo affrettati, poco corretti e senza la controprova, quella a cui Nikola Jokic e compagni erano chiamati in Gara 3. Quei Nuggets, dichiarati sconfitti troppo presto, hanno dimostrato al Target Center la loro vera faccia, quella di una squadra sulla cui panchina siede uno dei migliori allenatori della lega, Mike Malone, che ha il miglior giocatore al mondo e il miglior two-men game della lega, formato dallo stesso serbo e da Jamal Murray. Il “Never understimate the heart of a champion” rispolverato per l’occasione da Malone al termine di gara 4, infatti, non era solo un avviso ai naviganti che i campioni ci sono ancora, ma anche un monito per i propri giocatori, una dimostrazione di tutto il talento che la squadra del Colorado ha a disposizione.

Perché se è vero che Minnesota ha vinto gara 1 e 2 con la difesa e con le sublimi prestazioni di Anthony Edwards, Denver ha strappato gara 3 e 4 grazie all’efficacia del proprio attacco, dove ancora una volta il gioco a due tra Jokic e Murray ha mietuto delle vittime. (Ps. Mentre tutto il momentum della serie sta cambiando, la stella di Edwards continua a brillare in cielo, e starà lì ancora per molto, molto tempo).

Due questioni tecniche che Denver doveva sistemare prima di Gara 3 erano la capacità, per il palleggiatore, di entrare nel pick&roll avendo acquisito un minimo vantaggio sul marcatore, per poi, e questa è la seconda, aumentare la distanza grazie ad un miglior lavoro del lungo nel portare il blocco. Questo perché, nelle prime due partite, una delle forze dei vari McDaniels, Alexander-Walker e Edwards è stata quella di riuscire a non concedere tanta distanza al proprio avversario, così da non essere costretti a prendere una decisione al momento del blocco, ad esempio se passar sotto o cambiare difensivamente.


La clip sopra mostra la diretta conseguenza della leggera esitazione di McDaniels nel contenere il secondo violino di Denver: con un’estensione del braccio sinistro, Murray costringe l’ala dei Wolves a effettuare un movimento per scrollarsi di dosso il canadese, che però sfrutta questo ritardo per acquisire un minimo vantaggio e passare sul blocco di Jokic. A quel punto il marcatore del lungo, in questo caso Towns, ha una decisione da prendere e, date le caratteristiche del dominicano, è più facile vederlo cambiare difensivamente sul palleggiatore avversario. KAT lascia quindi Jokic e si concentra su Murray, il quale, approfittando anche di McDaniels che sta recuperando su di lui, serve l’MVP sullo short-roll. Ora la scelta da fare è per Gobert, che starebbe marcando Gordon, ma non può disinteressarsi di Jokic, indisturbato in area; così, il francese fa un movimento che sulla carta non sarebbe neanche sbagliato, cioè quello di fintare l’uscita sul serbo per poi retrocedere su Gordon, tuttavia non ci sono i presupposti per far alcun tipo di scelta intermedia, e il floater della superstar dei Nuggets finisce comodo nel canestro.

Indipendentemente da quali fossero le scelte che coach Finch aveva stabilito a tavolino (a situazione X il giocatore Y reagisce facendo Z), in entrambe le circostanze il tempo di risposta necessario è meno di un secondo, significativamente poco per processare e scannerizzare tutti i pro e i contro dell’azione che si sta sviluppando.

Come in queste tre sequenze a inizio terzo quarto, che sono tutte uguali nell’impostazione, con Minnesota che fa tre scelte differenti e con Murray che segna dopo ogni pick&roll:

  • la prima sembra quella meno predefinita, dove la difesa dei Timberwolves viene presa di sorpresa, prima Towns e poi Gobert: ancora una volta McDaniels rimane dietro, Murray gira l’angolo con un vantaggio, KAT accenna un aiuto-e-recupero per poi ritornare su Jokic e Gobert; appena capisce le intenzioni del compagno di reparto, sprinta per contestare al ferro il tiro di Murray, senza tuttavia averne il tempo materiale.
  • la seconda mostra ancora di più il talento di Murray, che tira buttandosi verso la linea di fondo campo dopo l’aiuto di Towns, il quale però è sempre successivo al ritardo acquisito da McDaniels prima del pick&roll, che ha permesso al canadese di avere una frazione di secondo in più per scansionare il campo.
  • la terza invece è una situazione (o almeno assomiglia) di hedge-and-recover da parte di Towns, volta a permettere a McDaniels di tornare sulle piste di Murray dopo essere passato sotto il blocco di Jokic, errore da matita rossa del #3 dei padroni di casa: capisco che modificare i tipi di marcatura è uno dei modi per togliere a un avversario la propria zona di comfort, ma passare sotto il pick&roll contro Jamal Murray, per giunta dopo un inizio di secondo tempo così, mi pare deleterio.

Minnesota, oltre a Murray e Jokic, ha dovuto fare i conti in Gara 4 anche con la serata di grazia di Aaron Gordon, autore di 27 punti con 11-12 al tiro. La capacità dell’ex Orlando di farsi trovare sempre al posto giusto al momento giusto la si vede in questa situazione, a rimbalzo offensivo.

Jokic serve Porter Jr. che poi scarica su Murray, con l’MVP che va a posizionarsi sul lato opposto per effettuare il gioco a due con Murray sul versante destro. Pensando probabilmente a un’uscita di Caldwell-Pope o a un cambio di Towns, Conley rimane dietro al centro serbo creando un’involontaria situazione di raddoppio che permette a KCP di arrivare al ferro, il quale sbaglia per l’interferenza tra lui e il canestro di Gobert, ma così facendo costringe il francese a staccarsi da Gordon e permette all’ex Magic di chiudere con la schiacciata il rimbalzo offensivo.

È per questo che l’attacco di Denver, se il motore gira appieno, rimane forse quello più difficile da contrastare di tutta la lega, perché le scelte a cui sono costrette le difese avversarie, i dettagli che sono tenute a considerare e la perfezione a cui sono obbligate a performare, non consente nessuna indecisione, né tantomeno errore. E poi ti forza a rincorrere, trascinandoti nell’oblio del ritmo, fino a scomparire.

Altro pick&roll Murray-Jokic con passaggio nella tasca dopo lo short-roll, da qui il serbo ha innumerevoli soluzioni e aspetta solamente che la difesa di Minnesota faccia la sua mossa per poi agire di conseguenza. Il vantaggio acquisito da Jokic con il passaggio battuto a terra di Murray fa sì che nessun difensore sia nella posizione corretta per marcarlo e così, come spesso accade, succede che nessuno vada sulla palla o che al contrario ci vadano tutti.

In questo caso si verifica la seconda, Jokic scarica sul perimetro per Gordon, liberato dalla rotazione di Gobert, che a sua volta serve con l’extra-pass Braun, lasciato da Conley, per la tripla che costringe la panchina dei T-Wolves ha chiamare time-out.

I Denver Nuggets sono riusciti a risollevare la testa dopo le prime due partite nelle quali sono stati sconfitti sul piano dell’effort, utilizzando la solita arma dell’esecuzione a metà campo.

Si dice che, in una serie al meglio delle 7 sul 2-2 dopo quattro partite, Gara 5 sia la pivotal game, quella che sposta in modo semi-definitivo gli equilibri dello scontro. Denver ha il vantaggio di giocarla in casa e, nonostante le prime due sfide casalinghe non siano andate per il verso sperato, la Ball Arena sarà un enorme alleato a 1.600 metri.