LeBron contro Steph, Green contro Davis, Kerr contro Vogel, e non è tutto. La tavola è apparecchiata, ecco i fattori potenzialmente decisivi nella sfida di Play-In più attesa.
Los Angeles Lakers c
ontro Golden State Warriors, il blasone delle due squadre parla da sè: la franchigia più vincente della storia dell’NBA contro quella che ha monopolizzato, o quasi, la storia recente.
LeBron James contro Steph Curry, abituati come nessun altro a trovarsi l’uno di fronte all’altro alle Finals, dopo esserci stati per cinque anni consecutivi, ora impegnati su un palcoscenico apparentemente meno importante.
Basterebbe questo per conferire il giusto fascino alla sfida, ma ad aggiungere pepe c’è molto altro. La qualità delle due squadre è probabilmente superiore alle posizioni che occupano.
I Lakers, partiti come avevano finito la stagione scorsa (17-6 nelle prime 23), con un roster ulteriormente rinforzato, sono stati fermati dai due lunghi infortuni di LeBron e AD; una volta ritrovate le due stelle, non sono riusciti ad agguantare il quinto o il sesto posto per una sola vittoria.
I Warriors, tra campo e decisioni societarie, hanno provato per larghi tratti ad accendere una candela al diavolo e una alla Madonna, e dopo continue assenze e la ricerca ossessiva dello sviluppo, hanno trovato un’identità solo ad aprile, anche e soprattutto grazie a uno straordinario Curry; i ragazzi di Steve Kerr hanno conquistato 15 vittorie su 20 disponibili dopo l’infortunio di Wiseman.
Per questi motivi lo storico tra le due squadre in questa stagione, con una partita a gennaio e due a marzo, non è sufficientemente indicativo. L’unica giocata con i roster al completo è la prima, quella del 19 gennaio, vinta dai Warriors dopo aver rimontato uno svantaggio di 20 punti.
Generalmente, si può dire che in campo scenderanno due ottime difese (la prima e la quinta) e due pessimi attacchi (il 24esimo e il 20esimo).
Vediamo però nello specifico quali potrebbero essere le chiavi, da una parte e dall’altra.
1 – Le condizioni di LeBron
Qualsiasi previsione sulla partita non può prescindere da questo: come sta il ragazzo 36enne con il numero 23? E’ quantomeno legittimo farsi questa domanda, dopo le 20 partite consecutive saltate per l’infortunio alla caviglia rimediato il 20 marzo. E il rientro non è stato dei migliori, con sole 4 partite giocate, altri acciacchi e più di qualche malumore. In questa manciata di gare, 21 punti e 7 assist di media con il 57% di TS.
Con LeBron in campo, i Lakers segnano 7 punti in più ogni 100 possessi e ne subiscono 6 in meno, per un totale on/off di +13, 98esimo percentile. Le lineup senza di lui combinano per un Offensive Rating pari a 107 (22esimo percentile), che scende a 90.7 se si considera solamente l’attacco a metà campo, aspetto fondamentale contro una difesa come quella dei Warriors. Quest’ultimo non migliora nemmeno se in campo c’è Davis: su 1000 possessi, i quintetti con AD in campo e LBJ fuori segnano 91 punti ogni 100 possessi a metà campo, 22esimo percentile.
Insomma, senza James i giallo-viola rischiano la disfatta contro chiunque. Per vincere una partita così delicata serve averlo nelle migliori condizioni possibili.
La sensazione è che abbia voluto anticipare il ritorno sul parquet per ritrovare ritmo, senza comunque aver forzato, ma i dubbi su quante marce possa scalare rimangono. Non sapremo come sta veramente fino all’inizio della partita, forse nemmeno allora.
2 – L’attacco oltre Curry
L’impatto degli “altri” è stata la vera discriminante del 2021 di Golden State. Lo dimostra il fatto che, nonostante Curry abbia chiuso la stagione a 32 punti di media con il 66% di TS e 8.1 di OBPM, l’attacco che guida è solamente al 20esimo posto per Offensive Rating.
I Lakers hanno le migliori armi difensive su Curry: 3 difensori perimetrali come Schroder, Caruso e Caldwell-Pope, uno dei migliori in aiuto della storia come James, e un lungo come Davis, che oltre a essere un ottimo rim protector può accettare il cambio e marcare il numero 30.
Nelle tre partite giocate contro i giallo-viola quest’anno, Steph ha 23 punti di media con il 42% dal campo e il 34% da 3 punti, e la difesa su di lui potrebbe salire ulteriormente di livello. Risultato? Un complessivo 97 di Offensive Rating nelle tre partite: se i Dubs vogliono stare in partita, non se lo possono permettere.
Da chi pretendere l’aiuto decisivo? Andrew Wiggins.
Proprio nelle tre partite contro i campioni in carica, appena 12 punti di media. Di Wiggins ne conosciamo i limiti, ma con il talento che possiede può e deve essere lui a farsi carico di importanti responsabilità offensive.
Sembra averlo capito via via nel corso della stagione, con 20 punti di media segnati nelle ultime 33 partite, e 23 nelle ultime nove, senza mai scendere sotto il 50% dal campo.
Il canadese potrebbe aiutare la causa su due dimensioni:
- Isolamento: con 1.05 punti per possesso in isolamento (frequenza intorno al 10%), è importante che Wiggins attacchi con decisione, per sfruttare le attenzioni riservate a Curry, per muovere la difesa e creare spazi per quest’ultimo.
- Catch&Shoot: soprattutto quando condivide il campo con Looney e Green, è fondamentale per le spaziature che confermi il 39% fato registrare quest’anno dall’arco nei tiri immediatamente successivi alla ricezione.
Il 26enne è inoltre una pedina fondamentale, insieme a Jordan Poole, della second unit. Quest’ultima, dopo aver avuto l’attacco meno produttivo degli ultimi anni per buona parte della stagione, ha fatto passi in avanti nell’ultimo periodo, proprio grazie all’impatto dei due.
3 – Il minutaggio di Drummond e Davis da 5
Con la rotazione dei centri, Vogel si troverà di fronte un continuo calcolo del rapporto rischi-benefici che comporta la presenza in campo di Andre Drummond. Il coach dei Lakers dovrà andare alla ricerca del limite come un equilibrista, e vedere fin dove il 27enne è un plus e quando diventa un minus.
A bocce ferme si può ipotizzare questo scenario:
– Perché tenere Drummond in campo?
Perché se si limita a giocare da lungo gregario e fa le cose semplici, contro i Warriors può essere un’arma offensiva importante. Steve Kerr tende infatti a schierare quintetti piccoli, un po’ per indole e un po’ per mancanza di lunghi veri e propri. Golden State è la seconda squadra della lega per rimbalzi offensivi concessi (10.7). In partite come queste, in cui i famosi “2nd chance points” hanno una discreta rilevanza, sfruttare uno dei migliori rimbalzisti della lega potrebbe pagare dividendi per i campioni in carica.
– Perché non tenere Drummond in campo?
Semplice, perché lo conosciamo nell’altra metà campo. Pur giocando nella miglior difesa dell’NBA, Drummond costringe i Lakers a strategie difensive atte a limitare i danni che provoca, e contro Curry potrebbero in ogni caso non bastare.
Ma il principale problema del concedere tanto spazio a Drummond, considerando anche i minuti che appartengono a Montrezl Harrell, è quello a cui rinunci: Anthony Davis da 5.
Nei Playoffs scorsi, i quintetti con AD da 5 hanno registrato uno spaventoso +16 di Net Rating (98esimo percentile), eccellendo sia in attacco (Off Rtg 120) che in difesa (Def Rtg 104) con un campione di quasi 1’000 possessi. Quest’anno, per ovvi motivi, il sample è ridotto, ma le cifre sarebbero ugualmente positive.
Sappiamo che questa soluzione è particolarmente efficace contro i quintetti small, esattamente come quello di Golden State.
L’arma per eccellenza dei Warriors, quest’anno come nei precedenti sei, è il quintetto con Draymond Green da centro. Con Steph e Dray in campo insieme e quest’ultimo da 5, il Net Rating dei Dubs tocca quota +11 su 1’500 possessi, soprattutto grazie a un attacco apparentemente inarrestabile: 125 di Offensive Rating, 99esimo percentile. Se c’è una difesa che può limitare quest’arma, è proprio quella dei Lakers.
Conclusioni
Queste erano le principali variabili, ma le chiavi di lettura di una gara “secca” come questa sono in realtà molte di più, e dipendono anche da eventi non prevedibili che in una partita possono capitare.
Per esempio, LeBron ci ha abituato, nelle Finals degli anni passati, a cercare il cambio con Curry per farlo lavorare difensivamente e, eventualmente, caricarlo presto di falli. Cosa succederebbe se Steph commettesse due falli nei primi cinque minuti?
E ancora: Schroder, Kuzma ed Harrell sono capaci di risolvere la partita come di complicarla, senza possibilità di prevederli.
Quel che è certo, è che i Lakers partono con i favori del pronostico e che hanno evidentemente il coltello dalla parte del manico. Ai Warriors serve un’impresa, nonostante sia una partita sola e non una serie.
Ma quale modo migliore ci sarebbe mai potuto essere per inaugurare la post-season, se non l’ennesimo capitolo della sfida LeBron-Steph?