Diamo un’occhiata a 6 dei rookie rivelatisi già tra i più intriganti del passato NBA Draft.

FOTO: NBA.com

Ogni anno, per chi scrive, il mese di ottobre è un periodo particolarmente emozionante per due ragioni: il ritorno della pallacanestro NBA e (di conseguenza) il debutto di decine di Rookie scelti al precedente NBA Draft. Ecco, quindi, che abbiamo deciso di parlarvi di 5+1 Rookie (perché scrivere 6 pareva troppo scontato) che reputiamo fra i più intriganti selezionati all’NBA Draft 2022.

Articolo a cura di Tommaso Bonandrini e Raoul Garavaglia.


Paolo Banchero

Inutile nascondersi. Paolo Banchero è chiamato a una stagione da Rookie of the Year e qualsiasi altro scenario sarebbe una delusione. La pressione è tanta ma non è immotivata, perché Paolo ha tutte le carte in regola per essere una stella NBA del futuro – e lo ha dimostrato già dalla sua prima partita.


Orlando sembra un ottimo contesto in cui Banchero possa sviluppare il proprio potenziale e diventare la stella di una squadra che ha tanti giocatori di talento ma a cui manca una vera first option offensiva.
Paolo porta in Florida in primo luogo il suo scoring dai tre livelli. Grazie a un corpo da lungo (208cm per 115kg) e agilità e ball handling da guardia, le sue opzione offensive in prima persona sono praticamente illimitate. È un mismatch atletico contro quasi ogni avversario e può segnare sia da 3, sia dal midrange sia al ferro. Particolarmente inarrestabile quando, dopo la ricezione spalle a canestro, attacca il quarto di campo in avvicinamento usando potenza e rapidità di piedi alla ricerca di canestri facili da vicino, situazione in cui speriamo di vederlo spesso usato da coach Mosley.

Un punto di domanda riguardo allo scoring di Paolo è se riuscirà a essere efficiente già dall’anno da Rookie. Le due discriminanti che ci permetteranno di capirlo sono il suo tiro da tre, fondamentale in cui deve dimostrare non solo di avere buone percentuali ma anche di essere sicuro nel prenderlo, e la sua assertività nell’attaccare in isolamento senza perdersi in palleggi passivi o tiri un po’ pigri in allontanamento.

Una parte del suo gioco molto sottovalutata e che è opportuno tenere d’occhio durante il suo primo anno è il passing game. Banchero è infatti un passatore molto naturale, che riesce a usare le attenzioni che le difese gli riservano per creare per i compagni. Colpisce non solo la bontà delle letture, ma anche la volontà di coinvolgere i compagni e mettersi al servizio della squadra (3.2 AST e 17.5 AST% a Duke, 3.3 AST e 16.1 AST% nelle prime 3 in NBA).

Se manterrà la stessa attitudine si divertirà parecchio di fianco al giocatore di complemento dei sogni chiamato Franz Wagner e altri ottimi comprimari come Wendell Carter Jr..

A Duke Paolo non ha sicuramente brillato per attività difensiva, ma ha senza dubbio la possibilità di diventare un difensore solido, soprattutto se mostra l’intensità e l’applicazione delle partite di Summer League. La difesa preoccupa ancora meno se pensiamo che spesso sarà affiancato da eccellenti lunghi difensori come Wendell Carter Jr. e, se tornerà sano, Jonathan Isaac.

Jabari Smith

Fino a un quarto d’ora dall’inizio del Draft, Jabari Smith era considerato da tutti la prima scelta assoluta ma, alla fine, i Magic gli hanno preferito Banchero e, con Holmgren già promesso sposo di OKC, è scivolato alla terza pick, approdando a Houston. Nonostante non sia la scelta numero 1, le aspettative per il suo primo anno restano comunque altissime, ma occhio a non averne troppe.

Dal primo anno di Jabari Smith ci si aspetta un impatto immediato in entrambe le metà campo, grazie al suo stellare tiro da 3 (42.0% da 3 in stagione ad Auburn) e alla sua difesa aggressiva e versatile, ma forse metteremmo il carro davanti ai buoi se pretendessimo subito gioco e produzione da star. Infatti, per quelle che sono le sue caratteristiche e le sue aree di miglioramento, il Rookie Smith potrebbe assomigliare a un 3&D di superlusso che, ogni tanto, mostrerà dei flash di shot creation in isolamento dal midrange.

Parliamo di flash e non di creation continuativa perché Jabari manca ancora del ball handling necessario per creare per sé stesso e per gli altri dal palleggio, sfruttando al meglio il suo potenziale atletico. Inoltre il suo gioco non è ancora abbastanza multidimensionale, avendo problemi sia andare con frequenza al ferro, sia a finire da vicino con buone percentuali, mentre dal midrange e da dietro l’arco è principesco e molto efficiente.

A causa del ball handling davvero deficitario, Jabari avrà bisogno di parecchio tempo per svilupparsi come creator e, nel frattempo, i Rockets dovranno metterlo a suo agio, coinvolgendolo e sfruttando quello che già oggi sa fare in modo eccellente, ovvero spaziare il campo e tirare senza mettere palla a terra. In questi termini il fit con un centro che ha gioco interno e ottime doti di passatore come Sengun è perfetto, mentre preoccupano le capacità di coinvolgerlo continuativamente del backcourt composto di shot-first guys come Kevin Porter Jr. e Jalen Green.

Keegan Murray

Keegan Murray è uno dei rookie più maturi della classe, sia per età, sia per sviluppo cestistico, e per questo ci si aspetta da lui un impatto immediato nelle rotazioni dei Kings. Pur disponendo di minore upside rispetto ai suoi colleghi scelti nella top 5, Keegan è un giocatore molto moderno e un profilo perfetto per essere un complemento di valore all’attuale roster dei Kings.

In attacco porterà principalmente tiro da 3 (39.8% su 4.7 tentativi a partita la scorsa stagione a Iowa e già 43.8 3PT% su 8.0 tentativi con i Kings) e scoring off ball, vero e proprio ossigeno in una squadra che l’anno scorso ha tirato poco e male da oltre l’arco e ha due stelle ball dominant come Fox e Sabonis. Anche a Iowa, dove era la prima opzione offensiva della squadra, Keegan era già abituato a giocare tanto lontano dalla palla e lo faceva con estrema efficienza. Oltre al tiro da 3, infatti, finisce benissimo nei pressi del ferro, dove ha tirato con il 70% nell’ultima stagione, mostrando abilità da penetratore off the catch e notevoli assertività e forza bruta nel giocare spalle a canestro in situazioni di mismatch. Tutto questo gioco da role player che non necessita della palla in mano per segnare lo vedremo molto anche a Sacramento ed è il motivo per cui è stato preferito a talenti più scintillanti come Ivey e Sharpe.

Nella metà campo difensiva invece porterà freschezza atletica e versatilità. La sua taglia (203cm con una wingspan di 212cm) e i piedi veloci gli permettono infatti sia di marcare giocatori con dimensione interna, sia di cambiare contro le guardie. Per i Kings, che nella stagione 2021/2022 hanno avuto il quarto peggiore Defensive Rating della NBA e presentano a roster Sabonis e altri difensori sospetti, un giocatore così moderno sarà di grande utilità e permetterà di allargare il ventaglio delle scelte difensive. Per questo Keegan potrebbe avere tanti minuti anche nei finali di partita.

Jaden Ivey

Il rookie da Purdue è senza dubbio uno dei prospetti più elettrizzanti della classe. Il figlio di Niele, attuale allenatrice della squadra femminile di Notre Dame, ha fatto registrare cifre importanti al suo secondo anno di college, tanto da proiettarlo in top 5 dell’ultimo Draft. 17 punti, 5 rimbalzi e 3 assist circa recita il suo tabellino al termine della passata regular season. Scelto dai Detroit Pistons, si è aggiunto a un reparto guardie tutto proiettato sul futuro insieme alla potenziale superstar Cade Cunningham, rendendo i Pistons una delle squadre da seguire con più attenzione.

Il fit tra le due giovani stelle sarà la chiave di volta per la franchigia del Michigan e, anche al di là di queste prime uscite, sulla carta si prospetta ottimo per le caratteristiche dei due, soprattutto se Jaden si abituerà ad avere poco la palla tra le mani e sfruttare gli spazi generati dalla gravity di un creator come Cunningham.

In queste prime 3 gare ne abbiamo avuto un assaggio, ma che tipo di giocatore è il prodotto di Purdue? Jaden è una combo guard atleticamente devastante, dotata – se non ve ne foste accorti, QUI un esempio – di un primo passo tra i migliori 5 della lega dal giorno uno, ottimo nel giocare senza palla grazie al suo più che discreto tiro da 3 punti (per ora 45.5 3PT% su 3.7 tentativi) e la sua abilità nel penetrare battendo i close out, cosa che sarà molto utile per sfruttare gli scarichi di Cade.

Al college, per ovvi motivi, giocava da primary creator, con uno usage del 28%, cifra andata ovviamente a diminuire col suo ingresso nella lega (23.6 USG%). Per lui e per Detroit sarà importante tenere un’efficienza alta per togliere attenzione da Cunningham, cosa che lo scorso anno Killian Hayes non è mai riuscito a fare.

Il “terreno di caccia” di Ivey è sicuramente la transizione offensiva: lì diventa davvero immarcabile, la sua velocità, esplosività e controllo del corpo lo rendono un top player in questo ambito.

La metà campo difensiva è un altro plus, dove potrà avere un impatto fin da subito essendo un ottimo difensore sia Point-of-Attack che off ball grazie alla combinazione di fisicità, wingspan e fiuto per recuperi e stoppate.
Sicuramente Detroit ha in casa una gemma, che probabilmente non si aspettavano neanche loro di trovare libera alla 5: uno dei rari e fortunati casi in cui, in sede di Draft, il miglior fit coincide con il miglior giocatore disponibile.

Dyson Daniels

Dyson è uno dei prodotti di questo Draft provenienti da G-League Ignite. L’ex compagno di Jaden Hardy e Marjon Beauchamp è un archetipo di giocatore veramente interessante per l’NBA moderna: guardia di dimensioni superiori rispetto alla media del ruolo, con grandi istinti difensivi e un’ottima visione di gioco.

Daniels ha avuto la fortuna (o sfortuna) di essere stato chiamato da una squadra che punta da subito ad essere competitiva, ossia i New Orleans Pelicans di Zion Williamson, Brandon Ingram e CJ McCollum, e sarà quindi importante per lui ritagliarsi un ruolo funzionale alla causa per avere tanto minutaggio nelle rotazioni – cosa che, fino ad ora, non è riuscito a fare.

Il prodotto di Ignite ha tutto per entrare nella lega ed essere un difensore di alto livello da subito, e in una squadra a trazione offensiva come NOLA potrebbe diventare fondamentale per dare equilibrio, con lui e Herb Jones responsabili dell’arduocompito di non far pesare troppo le carenze difensive dei compagni più blasonati.

Nella metà campo offensiva potrebbe essere più complicato inserirlo, specialmente in una squadra dagli obiettivi importanti come i Pelicans. Le sue caratteristiche lo rendono un progetto da costruire come secondary creator, grazie alla sua abilità nel giocare i pick&roll e saper trovare sempre i taglianti e i tiratori liberi per lo scarico. Sarà però difficile, a mio parere, riuscire a dargli questo ruolo fin da subito: lo scenario più plausibile è un utilizzo maggiore off ball e in questo aspetto del gioco Dyson può ancora migliorare molto, nonostante sia un buon tagliante e molto bravo a smarcarsi senza palla. Per adesso, comunque, i flash sono interessanti.

Il tiro, infine, è ancora abbastanza altalenante. Per sua fortuna, i Pelicans hanno il miglior shooting coach della lega, alias Fred Vinson, che in due anni è riuscito a cancellare e ricostruire il tiro di Lonzo Ball facendolo passare dal 33% al 40% dalla lunga distanza, e il punto di partenza di Daniels è decisamente migliore rispetto all’attuale guardia dei Chicago Bulls.
Se Daniels si rivelerà affidabile, quantomeno come tiratore dagli scarichi, potrà avere un ottimo impatto nei Pels prima o poi, anche perché la gravity di Zion e Ingram gli permetterà di ricevere poche attenzioni dalle difese avversarie.

Jeremy Sochan

Jeremy Sochan, da Baylor University, è uno dei giocatori con lo skillset più particolare di questa classe. Si tratta di un’ala di 2.06 cm, con degli istinti difensivi innati che lo rendono uno dei prospetti migliori nella metà campo difensiva degli ultimi anni, nonché un potenziale perennial All-Defensive Team e un candidato Defensive Player of the Year per lungo tempo.

Difensore all around se ce n’è uno, Sochan non ha una singola lacuna tecnica nel suo bagaglio: può essere utilizzato da small ball 5 in una formazione che ha lo scopo di cambiare su tutti i blocchi, marcare sia i piccoli avversari sui cambi, sia tenere i matchup contro ali più fisiche grazie alla sua wingspan. Insomma, se non si fosse capito, è davvero un talento su cui puoi fondare un sistema difensivo, e quale posto migliore di una San Antonio in totale ricostruzione, guidata da un genio come Gregg Popovich?

Gli Spurs permetteranno a Jeremy di crescere con calma e trovare una sua dimensione soprattutto nella metà campo offensiva, dove ha bisogno di molto lavoro. Attualmente è un giocatore che, al college, ha fatto vedere lampi interessanti. Ottimo passatore, soprattutto in situazioni di short roll, sta costruendo un tiro affidabile, sia da 3 che dalla media, nonostante le percentuali non siano dalla sua parte. Il tocco nei pressi del canestro è buono, per cui si può avere fiducia in un suo sviluppo. La parte più intrigante di Sochan è l’intensità che mette quando è in campo: è veramente un motore eccezionale, agonismo allo stato puro, se ne volete una dimostrazione basta riprendere la sconfitta alle scorse March Madness contro North Carolina, in cui ha letteralmente trascinato la squadra alla rimonta forzando l’overtime.

San Antonio sarà sicuramente una delle squadre col peggior record della lega, nonché una delle candidate principali nella corsa a Wembanyama. Un ipotetico duo Wemby-Sochan andrebbe a formare una coppia di lunghi con un potenziale difensivo che si è visto poche volte in passato. Un consiglio per gli spettatori occasionali: faticherà quest’anno, soprattutto a mettere cifre significative a referto, ma occhio a bocciarlo dopo una sola stagione, perché potreste trovarvi a fare “mea culpa” prima del previsto.