Si, è vero, lo hanno vinto i Lakers di LeBron James, ma nessuno si offenderà se dico che quello di quest’anno verrà ricordato anche come l’In-Season Tournament di Tyrese Haliburton, la sua iscrizione al club delle stelle NBA vere e proprie. Le prestazioni (e le vittorie) contro Boston Celtics e Milwaukee Bucks sono state il miglior biglietto da visita possibile: 26 punti e 13 assist nella prima, 27 e 15 nella seconda, il tutto con 0 palle perse totali, e sempre tirando in modo efficiente.

La realtà, però, è che Haliburton ha giocato a quel livello tutta la prima parte della stagione, e a testimoniarlo ci sono le sue medie:

  • 26.9 PTS
  • 12.1 AST
  • 53% FG, 44% 3PT
  • 67% True Shooting
  • 11.1 Box Plus/Minus

Il giocatore visto finora è da mal di testa. Vedendo giocare Haliburton, si ha l’impressione di rivivere un po’ della creation dal Pick&Roll di Steve Nash unita al tiro in pull-up del primo Stephen Curry. Spinge in transizione, manipola le scelte difensive avversarie, vede anche le linee di passaggio più complicate e converte, con quella meccanica tanto insolita quanto efficace, con il 43% le 7.3 triple in palleggio che si concede mediamente nella dieta di una partita.


Tra l’altro, anche il cosiddetto ‘clutch gene’ sembrerebbe esserci.

Credo di aver messo le cose in chiaro: questo articolo non vuole sminuire l’impatto gigantesco di Haliburton, anzi. L’ex Kings ha meritato ogni elogio, e in un certo senso anche le esagerazioni, come i paragoni con alcuni mostri sacri della NBA attuale come Luka Doncic e Stephen Curry.

La domanda che pongo è proprio relativa a questo: Haliburton sarà in grado di confermarsi su questi livelli? Quali sono i dubbi rimasti?

Il piccolo-grande difetto

Almeno finché continua a questi ritmi, nella pallacanestro della Regular Season l’impatto offensivo di Haliburton non ha nulla da invidiare a quello degli altri grandissimi, fatta eccezione forse per il solo Nikola Jokic. Come ben sappiamo, però, “l’esame di maturità” di ogni superstar NBA arriva da aprile in poi, da quando si gioca sostanzialmente un altro sport: più intenso, più strategico e più lento.

Il dubbio più grosso riguarda lo skill-set. Se in Regular Season le difese si affidano a coverage standard sul Pick&Roll come la drop coverage e il blitz, che Haliburton sa punire ad occhi chiusi, ai Playoffs la strategia difensiva diventa studiata, ritagliata su misura per il miglior attaccante della squadra avversaria. Arriverà quindi il momento in cui Tyrese si troverà ad affrontare dei competenti cambi difensivi su ogni blocco, che lo costringeranno a creare vantaggio in 1v1 dal palleggio. A quel punto, la sua efficacia rimarrà invariata?

I dati ci dicono che la coverage difensiva contro cui i Pacers fanno maggiormente fatica sono proprio gli ‘switch’. Il difetto di Haliburton sembra essere la difficoltà a creare separazione in isolamento, sia per un’esplosività limitata rispetto agli altri grandi creator presenti in NBA che per un rilascio particolare e basso che non gli permette di prendersi il tiro con il difensore entro una certa distanza.

E se le percentuali da fuori dovessero calare, la sua abilità nell’attaccare il ferro non è abbastanza per mantenere l’efficienza realizzativa su certi livelli. Il 23enne concentra il 25% dei suoi tiri nella restricted area (61esimo percentile nel ruolo) e il converte con il 63% (61esimo percentile): buono, ma non ottimo. Per dare dei riferimenti, Shai Gilgeous-Alexander chiude al ferro con il 69%, e Luka Doncic arriva addirittura al 77%.

Insomma, l’hype è giustificato, ma c’è ancora della strada da percorrere per avere accesso all’Olimpo dei migliori giocatori NBA. Prima di dilettarci nei paragoni pesanti, aspettiamo che Haliburton giochi una serie Playoffs.