Dopo uno dei movimenti più sconvolgenti dell’estate, per la squadra dell’Ohio le incognite, così come le aspettative, sono molte.

FOTO: Cleveland.com

I Cleveland Cavaliers si presentano ai nastri di partenza della regular season 2022/23 con una novità che ha movimentato e non poco la recente estate. È sbarcato in Ohio il tre-volte-all-star (2020, 2021 e 2022) Donovan Mitchell in una trade che ha visto Collin Sexton fare il percorso inverso e approdare a Utah. I Cavs hanno dunque provato a dare una forte accelerata alla propria timeline aggiungendo a roster un giocatore di assoluto livello, ma è innegabile che ci siano delle perplessità evidenti, oltre a tanta curiosità. Può un giocatore come l’ex numero 45 dei Jazz inserirsi in questo roster? Quale sarà il fit, offensivo e difensivo, tra lui e Darius Garland? Quale sarà la dimensione off ball dei due giocatori? Come cambia il ruolo degli altri componenti del roster? Quale sarà lo sviluppo di Mobley? A queste ed altre domande abbiamo provato a rispondere in questo articolo.

Prima di iniziare però serve un doveroso disclaimer. Cleveland è uno small market e, in quanto tale, è sempre difficile firmare All-Star durante la free agency: avere la possibilità di fare una trade e assicurarsi le prestazioni di un giocatore di questo calibro per i prossimi tre anni è un’opportunità che in Ohio non potevano farsi scappare. Inoltre i Cavs hanno un core molto giovane che può ancora essere sviluppato a dovere. Non sono chiamati a vincere adesso e, probabilmente, nemmeno il prossimo anno, ma dovranno provare a sviluppare una cultura di squadra che li possa portare ad avere al momento giusto i migliori asset per competere. Ci siamo già persi in troppe chiacchiere, let’s go!

Quale sarà il potenziale fit tra Garland e Mitchell?

Partiamo subito con la domanda da cento milioni di dollari. Se avessimo la palla di vetro potremmo rispondervi con certezza, ma non ne siamo muniti, e quindi proveremo a ricostruire cosa si è visto nelle uscite di pre-season e negli anni passati. La prima perplessità sulla trade riguarda la convivenza offensiva tra Mitchell e Garland, due eccellenti giocatori di pick&roll che in carriera hanno sempre necessitato di avere molto la palla in mano. Il grande timore è che l’aggiunta di Mitchell rappresenti un passo indietro per i Cavs, che rischiano di ritrovarsi in una situazione che ricorda la SexLand della stagione 2020/2021, in cui le doti di creatore di Garland vengono schiacciate dalla presenza di un’altra guardia ball-dominant. Perché la trade sia di successo, tanto Mitchell quanto Garland dovranno accettare di diminuire il proprio usage e dimostrare di avere una dimensione off ball convincente, facendo qualcosa di più di attendere passivamente lo svolgimento dell’azione da parte del compagno.


Mitchell, nei suoi 5 anni a Utah, non è mai stato affiancato da una guardia con spiccate doti di creation; pertanto, ha sempre avuto degli usage rate altissimi (31.4% di media in carriera) e non ha mai avuto il bisogno di sviluppare una vera dimensione senza palla. Svilupparla adesso non è semplice, ma nemmeno impossibile. Il #45 dei Cavs è infatti un tiratore in catch&shoot molto sottovalutato, il suo 39.7% in carriera lo rende un ottimo target sugli scarichi. Da tenere d’occhio anche il suo sviluppo da tagliante: sfruttando le sue doti atletiche e la presenza nel roster dei Cavs di ottimi passatori come Rubio e lo stesso Garland possono crearsi situazioni interessanti. Il resto del suo gioco off ball è un’incognita e dipenderà molto dalla volontà di muoversi attivamente lontano dalla palla.

Come si può vedere dalla clip il movimento senza palla di Mitchell genera molto spazio per lo stesso Garland. Non va sottovalutato il fatto che la dimensione off ball di un giocatore che non può essere lasciato libero di tirare, oltre a generare tiri tendenzialmente migliori, genera gravity e, consequenzialmente, migliora lo spacing della squadra. Nelle gare di pre-season dei Cavs, però, sono stati molto pochi i set giocati off ball da Mitchell. È vero che le partite di precampionato lasciano il tempo che trovano ma sicuramente sono indicative, anche perché Garland ha cercato di liberarsi più spesso. Anche a lui verrà verosimilmente richiesto di giocare di più senza palla, ma il suo adattamento preoccupa meno di quello di Spida, soprattutto per le sue doti di tiratore. Darius infatti non ha solo un pull up game letale, è anche un tiratore di alto livello in catch&shoot, situazione in cui ha tirato con il 39.2%, 43.2% e 35.4% nei suoi primi tre anni in NBA. Durante la scorsa stagione il 16% dei suoi tiri erano triple senza palleggi ed è stato utilizzato anche in set che lo vedevano tirare (o attaccare) in uscita dai blocchi. È probabile che ne vedremo ancora di più quest’anno.

In questa clip, nonostante nella maggior parte dei casi non si sia arrivati ad un canestro, si può notare come il gioco off ball di DG sia maggiormente sviluppato rispetto a quello di Mitchell, e che venga innescato dal blocco di un lungo ad uscire così da creare superiorità e permettergli di battere il difensore con il suo temibile ball handling.

Oltre ai dubbi sul fit però ci sono anche delle intriganti possibilità nell’affiancare due guardie di così alto livello. Per esempio, un Mitchell nei panni di creatore secondario potrebbe diventare uno scorer più efficiente e migliorare il suo decision making, attaccando difese già mosse o che non lo aspettano in quanto pericolo principale della squadra avversaria. Spida ha già dimostrato nella scorsa stagione dei miglioramenti nel suo scoring in termini di efficienza, alzando le sue percentuali nei pressi del ferro (70.8% 0-3 feet e 46.5% 3-10, migliorate rispettivamente dal 60.8% e 41.8% dell’anno precedente). Con un load minore e di fianco al playmaking di Garland potrebbe arrivare un ulteriore miglioramento, non solo delle percentuali ma anche delle letture offensive in generale.

Un’altra problematica evidente riguarda la difesa. Nonostante Mitchell sia entrato nella lega con la fama di essere un buon difensore, tanto lui quanto Garland sono undersize rispetto alla maggior parte dei pari ruolo e anche Okoro, seppur meraviglioso nella propria metà campo, paga diversi centimetri (ne parleremo meglio più avanti). Nelle gare di pre-season, però, si è messo subito in luce Spida per lo sforzo posto nella propria metà campo. Nelle due gare contro i 76ers ha tenuto prima Harden e poi Maxey, difendendo più che bene su entrambi. Nella clip sottostante si possono vedere anche delle letture particolarmente convincenti, oltre ad una chiusura su Maxey impattante. Diminuendo il suo load offensivo Mitchell potrebbe diventare una risorsa estremamente preziosa anche in difesa.

Preoccupa di più il suo compagno di merende. Sebbene abbia dimostrato anche lui di voler fare dei passi in avanti nella propria metà campo, alcune volte prende delle decisioni discutibili. Spesso azzarda delle letture forzate cercando di anticipare linee di passaggio con troppa aggressività, lasciando senza marcatura il proprio diretto avversario. Alcune volte si distrae a guardare lo sviluppo dell’azione concedendo troppo spazio al proprio marcatore. Si è visto qualcosa di positivo ma bisogna vedere se si potrà traslare al piano di sopra, ai Playoffs.

Come dovrà svilupparsi il resto del roster?

I Cavs però non sono solo Mitchell e Garland, c’è molto di più. Il lavoro fatto specialmente nell’ultimo anno sui vari Mobley, Allen e anche LeVert non va dimenticato e, anzi, va assolutamente valorizzato. Cleveland dispone di un roster piuttosto profondo e tutte le pedine possono e devono avere un proprio ruolo all’interno di questa organizzazione. L’arrivo di Spida ha inevitabilmente toccato da vicino due giocatori: Isaac Okoro e Caris LeVert.

Con Markkanen e Agbaji a Utah, Okoro si è trovato improvvisamente davanti alla prospettiva di una stagione da titolare e con minutaggio estensivo, e per questo è chiamato a uno step up importante dal punto di vista offensivo, soprattutto dall’arco. La percentuale da tre è migliorata dal 29% dell’anno da rookie al 35% da sophomore ed è imperativo che la crescita continui, perché spesso la sensazione è che con Okoro in campo i Cavs ‘attacchino in 4’. Anche i dati lo confermano: nella stagione passata Isaac è stato il secondo nella Lega per numero di tentativi da tre non contestati, secondo solo a Westbrook. Questo dato ridimensiona abbastanza il suo 35% da tre, perché è una percentuale mediocre ottenuta con tiri quasi sempre aperti (2.2 delle 2.3 triple tentate a partita arrivano con il difensore ad almeno 6 piedi di distanza). Okoro deve provare a diventare, mutatis mutandis, un PJ Tucker 2.0, specializzandosi nel tiro da tre dagli angoli e nel marcare i migliori attaccanti avversari. Prima di raggiungere l’affidabilità di PJ però la strada è lunga; infatti, prende tanti tiri dagli angoli (73.2% delle sue triple) ma li converte con un migliorabile 34.8%.

Durante la pre-season è partito dalla panchina nelle sfide contro i 76ers mettendo a referto rispettivamente 7 e 2 punti (3/8 dal campo) e non dando l’impressione di essere particolarmente coinvolto offensivamente. Contro Hawks e Magic, invece, è partito in quintetto dimostrandosi affidabile anche in attacco, dove ha chiuso con 33 punti, 13/16 dal campo e 3/5 da tre punti in totale. Medie ovviamente irrealistiche ma, se riuscisse a migliorare la sua fiducia offensiva, i Cavs si ritroverebbero tra le mani tutt’altro giocatore.

Un altro giocatore che ha visto sconvolto il suo ruolo nei Cavs è Caris LeVert. Se nella scorsa stagione agiva da secondo creator in una squadra che mancava tremendamente di creazione al di fuori di Garland, con l’aggiunta di Mitchell rischia di perdere utilità e senso. LeVert è un giocatore perfetto per guidare una second unit, agendo da capo giocatore mentre i creatori primari riposano, ma difficilmente riesce ad essere efficiente per molti minuti di fianco alle superstar. Considerando anche che ha un solo anno rimasto sul suo contratto e c’è la forte possibilità di perderlo durante la free agency 2023, Altman potrebbe valutare di sacrificarlo per arrivare a un profilo che sia un fit migliore con l’attuale roster, ad esempio un’ala 3&D in grado di avere impatto in entrambe le metà campo. In queste uscite di pre-season l’ex Brooklyn Nets è partito in quintetto e ha condiviso parecchi minuti con il dynamic-duo, ma la sua dimensione in questa squadra, se c’è, non può che essere quella del sesto uomo.

Chi deve continuare nella sua crescita dopo un’ottima stagione da rookie è Evan Mobley. Nonostante in pre-season abbia dovuto smaltire qualche noia muscolare è pronto per la nuova annata. Inutile nascondersi dietro un dito, dal suo sviluppo passano tante delle possibilità dei Cavaliers. Le due aree dove deve maggiormente lavorare sono, essenzialmente, complementari per il roster della squadra: deve sviluppare maggiormente la sua capacità di stare in campo senza un altro lungo e deve migliorare al tiro, specialmente da dietro l’arco (ha chiuso la prima stagione con il 25% su 1.3 tentativi). Queste due aree sono complementari perché, nel momento in cui Mobley riesca a diventare un tiratore affidabile e non venga battezzato, permetterebbe a Jarrett Allen di avere una sua funzionalità in campo. Se invece si evolverà diventando l’unico 5 in quintetto la dirigenza dei Cavs potrà mettere Big Jay in una trade per arrivare a qualche asset più funzionale. Per il resto, Mobley è un giocatore già estremamente funzionale ed ha avuto un ruolo chiave nella passata stagione, ed è lecito aspettarsi che possa fare un ulteriore passo in avanti da sophomore.

Jarrett Allen, invece, desta parecchie preoccupazioni. Sebbene sia indiscutibile l’impatto avuto sui Cavs nell’ultimo anno e mezzo è anche vero che, in ottica Playoffs, i problemi sembrano non essere pochi. La sua incapacità nel cambiare marcatore con costanza sugli switch lo rende un target costante ai Playoffs e la sua rim protection, pur fortemente migliorata rispetto al suo periodo a Brooklyn, non basta a giustificare il resto. Anche in attacco la sua mono-dimensionalità è un problema non da poco per un roster che deve fare i conti con altri giocatori al momento simili. La paura, che più che tale sembra possa essere una certezza, è che si arriverà ad un momento in cui il front office sarà costretto a scegliere tra lui e Mobley e, naturalmente, la scelta si prende da sola. Se Allen sarà in grado di dimostrare miglioramenti nelle aree appena citate potrà essere un grosso punto a favore di Cleveland ma la sensazione è quella che possa essere inserito in qualche trade.

Come devono muoversi i Cavs via trade?

Senza girarci intorno i Cavaliers hanno un anno, forse due, per diventare una squadra con pretese serie, o almeno questo è diventato l’obiettivo della dirigenza nel momento in cui ha mosso tante pedine per arrivare a Mitchell. Per farlo però serve migliorare il proprio roster e spostare qualche asset per arrivare ad avere una squadra più funzionale possibile. Valorizzare quanto di buono si ha in casa deve essere la chiave di volta per impostare il prossimo futuro. Come scritto anche nell’articolo i giocatori che potrebbero finire in qualche trade sono due: Caris LeVert e Jarrett Allen. Il primo è in scadenza e non è esattamente ciò di cui hanno bisogno i Cavs, eppure ci sono squadre che potrebbero aver bisogno di questo tipo di giocatore anche solo per vendere qualche biglietto in più a fine stagione. Il profilo ideale per sostituirlo sarebbe quello di un 3&D grosso fisicamente, magari anche da sviluppare quest’anno. Per Jarrett Allen, invece, tutto dipende dallo sviluppo di Mobley. Se il prodotto della University of Southern California dovesse migliorare ma rimanere un giocatore simile nelle caratteristiche a quello che abbiamo visto nel primo anno, allora bisognerebbe scambiare Big Jay per un lungo in grado di allargare il campo e con una discreta rim protection, così da sfruttare a pieno le potenzialità del ragazzo di San Diego.

Il roster a disposizione dei Cavs, però, è estremamente interessante. Nell’articolo non sono stati citati ma Kevin Love, Dean Wade, Cedi Osman, Raul Neto e Ricky Rubio meriterebbero di più di una menzione. Squadra lunga, giovani che divertono e tanto interesse attorno, di motivi per fare bene ce ne sono tanti a Cleveland e The Q è pronta a tornare a ruggire come qualche anno fa.