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Questo contenuto è tratto da un articolo di Keith P Smith per Celtics Blog, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


È rimasto poco da dire. Ciò che di solito fa da contorno alla pura e semplice verità è ormai svanito, vanificato, lasciando spazio alla realtà: Gara 4 della serie di Eastern Conference Finals di NBA Playoffs non sarà mai come le altre 102 partite precedenti. 


I Boston Celtics hanno iniziato a disunirsi e disgregarsi proprio nel momento in cui avevano bisogno di compattarsi e serrare i ranghi. Tutte le paure ed i possibili timori riguardo i punti deboli di questa squadra sono stati accertati e messi in evidenza. Ed è bastata una partita, anzi, probabilmente anche soltanto tre quarti di essa.

I C’s non sono riusciti a portare a termine alcuna giocata, mettere dentro alcun tiro, e non riuscivano neppure a difendere. E se almeno numericamente sono stati presenti nella statistica dei rimbalzi, è perché hanno sbagliato un sacco di occasioni (mentre gli Heat sono stati più precisi e cinici). In questa edizione degli spunti per il futuro o il prosieguo della serie, semplicemente di spunti non ce ne sono, poiché non c’è stato praticamente nulla di buono in quanto mostrato dai Celtics in Gara 3. 

Per coloro che ancora tengono acceso il lumicino della speranza, nulla di quanto detto vuole nuocere i loro sentimenti. Anzi, si spera porti buon auspicio in Massachussetts. In verità ogni tifoso bianco-verde dovrebbe in cuor suo credere che la rimonta sia ancora possibile, piuttosto che rassegnarsi a gettare la spugna.

Se il sentimento più frequente nel loro cuore è la frustrazione, beh è del tutto comprensibile. Si tratta come minimo di una grandissima delusione, ed altrettanto di un fallimento o disastro. Sentirsi frustrati è una reazione del tutto lecita.

Ci saranno altri che hanno già orientato il loro pensiero verso il futuro dei Celtics: anch’essi sono pienamente giustificati. Non se ne parlerà in quest’occasione poiché ci sarà più o meno un mese per farlo. Ma chi lo sta già facendo, per voglia o necessità, è del tutto legittimato a farlo. 

Di base non ci sono specifici sentimenti da esprimere per questi Boston Celtics, ma forse si potrebbe comprendere da dove abbia avuto inizio il tracollo bianco-verde analizzando nel dettaglio il 3° Q di Gara 3. Si avvisa che è possibile provare un sentimento nato da un mix di frustrazione, delusione, confusione, scoraggiamento ed alla fine forse anche sollievo..

Poiché, visto l’andamento della serie, il sopraggiungere della fine potrebbe persino rappresentare un sollievo: probabilmente è stata una delle stagioni più serrate e coinvolgenti, e non servono lacrime o effusioni a rimarcarlo. Tuttavia, quella appena trascorsa è parsa un pò disincantata. Subito dopo il taglio dei nastri di partenza, quando i C’s erano travolgenti e segnavano con una media da record, il sentimento generale era la soddisfazione. Che è ben diversa da gioia ed allegria. Somigliava più ad una smorfia arrogante, del tipo “Si, siamo i migliori, e beh?”. Più autocelebrazione che felicità vera e propria. E probabilmente era fuori luogo. 

Non era la giusta mentalità per quello specifico momento: i Celtics stavano dominando l’NBA, sembrava quasi facessero un torneo a sé stante. E poi tutto è andato pian piano a rotoli.. 

Il mantra, motto, urlo o che dir si voglia degli uomini di Joe Mazzulla lungo tutta la stagione è stato “Unfinished Business“, con le lettere I ed S della parola Unfinished rese graficamente simili al numero 18: un chiaro riferimento alla sconfitta alle NBA Finals 2022 contro i Golden State Warriors ed alla voglia di portare a casa il 18° Larry O’Brian Trophy.

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Ma appare molto probabile che quel Business rimanga proprio Unfinished – interrotto – per i C’s. Probabilmente, proprio come gli HGTV Show fanno sembrare facile l’atto di investire su un immobile restaurandolo e rivendendolo, i Celtics hanno forse creduto che vincere il prossimo titolo NBA fosse per loro una normale conseguenza. 

E proprio come per le aste immobiliari in TV, non c’è un solo vero e proprio problema al riguardo, ma un paio. E nel caso dei bianco-verdi sembra che si siano presentati tutti insieme a bussare alla porta di Joe Mazzulla ed i suoi uomini. Pur sapendo che questo roster potesse avere qualche problemino di fondo, si è preferito ignorarli lungo il corso della Regular Season, probabilmente perché gli innesti parevano aver colmato i gap.

Ma anche ciò che si pensava potesse risolvere i problemi adesso sta affrontando un periodo di crisi. Ed ecco come si potrebbero definire i Celtics attualmente: in crisi, al tappeto. E con poco da poter salvare. Molti iniziano a sostenere che questo roster sia formato da giocatori senza cuore nè fegato. Ma è riuscito a rimettersi in piedi nonostante lo svantaggio di 3-2 per ben due volte negli ultimi due anni, vincendo ogni partita in maniera spettacolare. Un anno fa stavano per trionfare in Gara 7 in questo stesso stage dei Playoffs. Ciò a prova di quanto questo team sia combattivo.

Alla lunga, però, questa mentalità o modo di essere potrebbe essersi opacizzato e sbiadito. Può accadere quando ci si ritrova spesso a giocare il proprio destino all’ultimo respiro. Come un pugile che deve uscire spesso dall’angolo o dalle corde: richiede un grosso dispendio di energie. E per sferrare quei jab coi quali si riusciva a dare il La a varie combo, semplicemente adesso non ci sono più le forze. Batterie scariche, serbatoio vuoto. I Celtics stanno cercando di restare in piedi fino al suono della campanella, i Miami Heat invece hanno la chance di conferire il colpo del KO. Ma probabilmente preferirebbero allungare l’agonia dei Celtics, dati i precedenti, per gustare maggiormente il trionfo.

Jayson Tatum e compagni sono in piedi, in attesa del colpo finale: a volte arriva inatteso, altre volte ci si ritrova al tappeto dopo una semplice serie di jab, senza neanche rendersi conto dell’accaduto. Negli ultimi tempi i C’s sono sembrati sempre più in questo stato. All’apice del loro stato di forma erano imbattibili. Non pareva esistesse una squadra capace di batterli al meglio di 7 sfide. 

Ma altre volte Boston è sembrata molto vulnerabile. Ciò è avvenuto dopo qualche mese dall’inizio della stagione: l’effort di squadra non era più totale e tanti tiri andavano a sbattere su ferro o tabellone anziché toccare la retina. Nonostante ciò, molti avevano ancora fiducia in questi ragazzi. Una fiducia conquistata sul campo e negli anni, specie un anno fa. Quando giocavano bene, diamine se lo facevano. 

La storia può ancora esser scritta. Certamente, prima o poi una squadra riuscirà a rimontare da uno 0-3. È solo questione di tempo. Solo che non sembrerebbe ci siano molti indizi che portino a pensare che possano riuscirci i Boston Celtics

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Forse il motto Unfinished Business non era proprio il più adatto, stirando la questione lungo l’arco di tutta la stagione. Chiunque, prima o poi, si è ritrovato a svolgere il proprio lavoro pensando che effettivamente sia “solo” un lavoro. Soltanto business. E quando ci si ritrova in quello stato d’animo spesso si ignorano le altre emozioni. La monotonia sopraffà la mancanza di gioia e brio ed ha inizio la routine. Con qualche rada bella giornata, certo: l’occasionale “raccogliamo tutto e andiamo a casa prima”. O “il pranzo lo offre la casa”. O infine, l’isolato pomeriggio in cui “si fa lezione di teambuilding, niente lavoro”.

Questi ragazzi sembrano quasi spaesati. E dati alla mano, non sembra che possano “riuscire a farcela”, in futuro. Danno più la sensazione di sprazzi di gioco divino, istantanee di puro basket che interrompono un costante sentimento espresso al meglio dalla frase “vada come vada”.

Forse, per quest’annata dei Boston Celtics è proprio così: vada come vada. Come detto, ci sono stati picchi di basket celestiale seguiti da abissi di “bisogna portare a termine il lavoro”. Portare a termine il lavoro sembra fosse l’unico modo per portare felicità in roster in questa stagione. Ma il tempo sta per finire.

Il Business rimarrà quasi certamente Unfinished, perché esiste un solo modo per portarlo a compimento. E sembra arduo che questi Boston Celtics possano farcela.