La versione East Coast, moderna e rivisitata dello Showtime dei Lakers degli anni ’80

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I New Jersey Nets si affacciano alla stagione 2005/06 fiduciosi di poter competere.

L’anno precedente era arrivato via trade, nel mese di dicembre, Vince Carter. Lo scambio era stato molto vantaggioso per il GM, Ed Stefanski, che aveva sacrificato pochissimo: Carter era costato solo Alonzo Mourning, Aaron Williams, Erik Williams e due seconde scelte. Aggiungere Vincredible a Jason Kidd e Richard Jefferson in una Eastern Conference che ai blocchi di partenza sembra priva di superteam, significa puntare in alto.


La squadra ha avuto la possibilità di rodarsi per tutto il finale di stagione 2004/05, dopo la trade con i Toronto Raptors, e il record era stato 42-40 con un’eliminazione al primo round di Playoffs.

Il Roster

La squadra è costruita attorno ai “Big Three”: Jason Kidd, Richard Jefferson e Vince Carter. I tre sono l’anima e il motore di questa squadra, che ha come unico limite la mancanza di profondità.

Nenad Krstic, il giovane sophomore serbo chiamato con la numero 24 nel 2002 e unitosi alla squadra solo nel 2004, è il quarto giocatore per importanza e produzione offensiva. Il serbo, dopo l’anno da rookie, è una piacevole sorpresa per Lawrence Frank, che aveva perso Alonzo Mourning nella trade per Carter.

Oltre a questi quattro giocatori ci sono solo dei comprimari veterani come Jason Collins, Clifford Robinson e Jacque Vaughn. Il loro contributo è tuttavia troppo scarso per poter incidere. A roster erano anche presenti Zoran Planinic e Bostjian Nachbar, due che per sfortuna dei Nets hanno fatto le loro fortune in Europa.

Come Giocavano

La squadra di coach Lawrence Frank era impostata per sfruttare al meglio le individualità di Carter e Jefferson, orchestrate alla perfezione da Jason Kidd. Spesso veniva giocato un blocco alla linea del tiro libero tra Krstic e Carter, per liberare il serbo in post basso da un lato e per favorire l’uscita in punta di Carter dall’altro.

La squadra, più in generale, era costruita attorno a pochi principi fondamentali: difendere forte concedendo brutti tiri agli avversari, andare forte a rimbalzo difensivo e, quando possibile, alzare il ritmo, spingendo in contropiede o transizione. La particolarità dei Nets era avere due velocità di gioco, secondo le situazioni: a difesa schierata il pace era molto basso e ci si affidava tanto all’uno-contro-uno e al penetra-e-scarica, in transizione invece si cercava di premiare le corse e i tagli di Carter e Jefferson, assistiti dalla magia di Kidd. Tre individualità che, insieme, hanno fatto emozionare una generazione intera.

La Regular Season

La stagione regolare parte subito in salita, con un brutta sconfitta contra i Bucks di TJ Ford e Michael Redd che ne mettono rispettivamente 21 e 41. Le prime partite sono caratterizzate da un andamento altalenante e da un rendimento ben al di sotto delle aspettative. Alla gara numero venti il record recita 9-11. Non proprio quello che si aspettava, viste le premesse.

Finalmente, dopo un’altra sconfitta, arrivano dieci convincenti vittorie di fila che risollevano il morale e sistemano la classifica. Tra queste, spiccano quelle contro Miami di Wade e Shaq (in cui VC mette 51 punti) e contro i Cavs di LeBron James, entrambe dirette rivali per la corsa Playoffs. Inoltre, lo sfizio per Carter di battere di una sola lunghezza la sua ex squadra, mettendo a referto 42 punti per silenziare i fischi dei tifosi Raptors.

All’All-Star Game il record di 28-23 è buono, ma non eccelso. New Jersey è infatti quarta a Est, dietro agli imprendibili Detroit Pistons (42-9), ai Miami Heat (33-20) e ai Cleveland Cavaliers (31-21). Al ritorno in campo i Nets non sembrano aver cambiato marcia e ne vincono solo quattro nelle prime nove. Ma il vero sprint finale arriva subito dopo, con 17 vinte, di cui 14 di fila, nelle ultime 23. Il record con cui concludono la RS è di 49-43, che significa vittoria della Division e terzo posto nella Eastern Conference.

Vince Carter chiude con 24.2 punti e 5.8 rimbalzi di media, Richiard Jefferson con 19.5 punti e 6.8 rimbalzi e Jason Kidd con 13.3 punti, 7.3 rimbalzi e 8.4 assist. Anche Nenad Krstic contribuisce, con 13.5 punti e 6.4 rimbalzi.

I Playoffs

Al primo round arrivano gli Indiana Pacers di Stephen Jackson, Jermaine O’Neal e Peja Stojakovic, che in Regular Season hanno vinto due delle tre sfide disputate.

Gara 1 si mette sui binari sbagliati per i Nets, costretti ad inseguire fin da subito. Gli uomini di Carlisle riescono a limitare bene Kidd, che fatica per tutta la partita. Carter e Krstic (rispettivamente 31 e 22 punti al termine della partita) cercano di tenere i Nets a contatto, ma i Pacers alla fine riescono a spuntarla di appena due punti, portandosi a casa il primo incontro sul campo avversario.

Gara 2 deve andare diversamente, per non compromettere subito la serie e rischiare di uscire al primo turno come l’anno precedente. Kidd questa volta, nonostante le brutte percentuali, prende in mano la squadra e mette in ritmo tutti i suoi compagni: Carter, Jefferson e Krstic chiuderanno tutti sopra i 20 punti. New Jersey scappa via nel terzo quarto e non si volta più indietro. 90-75 e parità nella serie.

Jason Kidd è autore di una grande partita, da appena 6 punti ma ben 13 assist e 11 rimbalzi.

Si vola a Indianapolis, alla Conseco Fieldhouse Arena, dove in Gara 3 i Pacers dimostrano ancora una volta di essere un osso duro. O’Neal è inarrestabile e ne mette 37 con l’80% dal campo e il 93% ai liberi su 14 tentativi. I Nets tirano con il 38% dal campo, perdono 107-95 e ancora una volta si ritrovano in svantaggio nella serie.

In Gara 4, però, partono fortissimo e per tre quarti non lasciano respiro a Indiana, che si ritrova all’inizio dell’ultima frazione di gioco sotto di 19 punti. Captain Jack e i suoi provano a rientrare di puro orgoglio, ma il parziale non basta. Vincono i Nets.

Gara 5 nel New Jersey è fondamentale ed è il crocevia della serie. Come nelle precedenti partite le rotazioni per coach Frank sono cortissime: appena otto giocatori utilizzati nella serie e un apporto dalla panchina praticamente inesistente. Neanche un giocatore non titolare è riuscito a raggiungere la doppia cifra.

La partita rimane punto a punto fino all’ultimo minuto di gioco, quando Vince Carter…

Ancora una volta sono solo in quattro a portare la squadra alla vittoria: Vince Carter chiude con 34 punti, 15 rimbalzi, 7 assist; Richard Jefferson con 24 punti e 4 assist; Jason Kidd con 5 punti, 15 assist e 6 rimbalzi; Nenad Krstic con 19 punti e 11 rimbalzi. I Nets, in ogni caso, hanno la chance di chiudere la serie in trasferta in sei gare.

I Pacers si battono con ogni mezzo e, nonostante i 40 punti di Anthony Johnson, sono gli uomini di Lawrence Frank a uscirne vincitori. Questa volta l’eroe di giornata è Richard Jefferson autore di una prestazione da 30 punti. Si vola in semifinale di Conference.

Al secondo turno ecco i Miami Heat che hanno a loro volta vinto 4-2 contro i Chicago Bulls di Ben Gordon e Luol Deng. La serie sulla carta sembra equilibrata.

Gara 1 si gioca in trasferta all’American Airlines Center, dato che Miami è arrivata seconda a Est. Gli Heat sembrano sbigottiti nel primo quarto e il parziale d’apertura di 38-21 dei Nets è decisivo. Miami non riesce più a recuperare. 100-88 il finale, vittoria in trasferta e morale alle stelle.

Tuttavia, Gara 1 resta l’ultima gioia per questa squadra. Non c’è storia nelle successive tre partite, che si chiudono tutte con sconfitte non inferiori ai 15 punti. Neanche i 43 segnati da Carter in Gara 3 sono lontanamente sufficienti a scalfire quella che pian piano sta diventando una corazzata, e che vincerà poi il titolo NBA. La serie si chiude in cinque gare con l’ultima partita che regala spettacolo, chiudendosi sul 106-105, all’ultimo possesso, per un passaggio sbagliato di Kidd. Ironia del destino, nei Miami Heat campioni 2006 è presente Alonzo Mourning, colui che era stato scambiato proprio per Vince Carter.

Purtroppo i 2006 rimane l’apice di questa spettacolare squadra, che nell’era Kidd-Carter-Jefferson riuscirà ad andare solo un’altra volta ai Playoffs (l’anno seguente). Con qualche giocatore di qualità in più dalla panchina, forse oggi staremmo parlando di un’altra storia…

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