Questo articolo, a cura di Francesco Toldo, è stato realizzato dalla community di Portland Trail Blazers Italia per Around the Game.


Neil Olshey, GM dei Portland Trail Blazers, deve aver letto le Odi di Orazio dopo l’eliminazione contro i Lakers nella bolla di Orlando.


La famosa locuzione del poeta latino è stata la sua stella polare nel “mercato estivo”: costruire un instant team credibile attorno al trentenne uomo franchigia Damian Lillard per sfruttarne il suo “prime” (top personali i 30 di media e il 40% dall’arco nel 2019/20). Così come per il secondo violino CJ McCollum (22.2 punti, tra i top player a Ovest), trent’anni nel 2021. Il terzo dei “Big Three”, il centro bosniaco Jusuf Nurkic arrivato via trade nel 2017, è un ’94 con sette anni di NBA e un grave infortunio alle spalle. Brillantemente superato, viste le prestazioni fornite in Florida: 17.6 PTS, 10.3 REB, 4 AST e sicurezza in campo.

Neil Olshey, Damian Lillard, coach Terry Stotts: il trio è a Portland dal 2012. McCollum dal 2013. Si tratta evidentemente di un progetto basato su uomini precisi, ma che in otto anni ha subìto degli “stop and go”. Troppi, per poter ambire all’agognato anello. Col “pezzo da 90” di un Salary Cap tra i più alti della Lega, in conseguenza di firme discutibili.

Nonostante ciò, i Blazers vanno ai Playoffs da sette stagioni consecutive. Vantano la Finale di Conference 2019, agguantata in una Gara 7 a Denver che è già un NBA classic. Salvo poi cedere 0-4 contro Curry & Co., lasciando un po’ d’amaro in bocca alla calda tifoseria dell’Oregon. Tifoseria abbagliata sì dai sessantelli di Lillard, ma che forse non vedeva in tutte le mosse del front office l’urgenza della vittoria. Peccato mortale, visto che uno come Dame a Portland capiterà (forse) fra molti molti anni – e 43 ne sono passati dall’unico titolo della franchigia. “Cogli il giorno”.

A maggior ragione dopo la deludente stagione 2019/20, parzialmente giustificata dall’incredibile serie di gravi infortuni a uomini come Hood, Collins e al succitato lungodegente Nurkic. Le premesse erano ben altre e la firma del rinato Carmelo Anthony, se sul piano sentimentale aveva riacceso l’entusiasmo del Moda Center pre-Covid, sul piano dei risultati non aveva dato i frutti sperati; né si potevano aspettare miracoli da Melo. I Blazers annaspavano lontani dall’ottavo posto, addirittura dietro un team in ricostruzione come Memphis.


FOTO: NBA.com

Difesa e second unit inesistenti. Palla a Dame… e pedalare. Hassan Whiteside, arrivato da Miami per sostituire Nurkic, ha mostrato più interesse alle stats che alla sostanza. Esattamente il contrario di cui Portland aveva bisogno.

Un po’ di luce, a gennaio, l’ha portata il veterano Trevor Ariza, arrivato da Sacramento (con Swanigan e Gabriel) in cambio dei deludentissimi Bazemore e Tolliver. Difesa decente e buon tiro a punire le difese concentrate sulle bocche da fuoco biancorossonere: la squadra restava in piena lotta per l’ottavo posto.

Poi, il buon Trevor, per (discutibili) motivi familiari ha lasciato soli i compagni a Orlando, praticamente in 6, ovvero: Lillard, CJ, Melo, l’ottimo Trent Jr, Nurkic e Whiteside hanno centrato i Playoffs dopo il Play-In con Memphis. Riuscendo anche a strappare G1 ai Lakers di LeBron e AD.

Puntualmente Ariza ha fatto le valigie: il 22 novembre è stato spedito a Houston con la 16esima scelta e una prima pick futura (2021, protetta), in cambio di Robert Covington, fiore all’occhiello del mercato. Olshey ha “colto il giorno”: Covington è semplicemente ciò di cui Portland aveva bisogno. Giocatore di sostanza e 3&D molto versatile in difesa. Atletico, buon tiro (50% da tre nei Playoffs, ma ancora discontinuo), farà preoccupare non poco le difese avversarie. Potrà giocare da SF e PF.

Ancora: da Miami è arrivato Derrick Jones Jr, gran difensore e atleta notevole (vincitore della gara delle schiacciate all’ASG). Biennale un po’ costoso da 19 milioni di dollari per un prodotto undrafted. In ogni caso, sarà lui il titolare all’opener del 23 dicembre contro Utah: affiancherà Covington a difendere sugli All-Star. Duttile e versatile, anche con lui gli avversari non potranno rilassarsi troppo nella loro metà campo.

Rodney Hood ha clamorosamente rifiutato la player option per diventare free agent e ri-firmare un più vantaggioso contratto biennale (parzialmente protetto da Portland in funzione delle condizioni di salute, viene dalla rottura del tendine d’Achille). Ex Duke, è un ottimo tiratore pronto a ricevere sugli scarichi (stava viaggiando col 49% da tre). Ha un discreto palleggio per essere una shooting guard, che in parte lo salva dall’essere un po’ leggero. Partirà dalla panchina. Stotts assicura il pieno recupero del ragazzo, ben voluto da tutti nell’organizzazione.

Torna a casa Enes. Dopo la felice parentesi 2019, Olshey ha riportato a Portland il centro Enes Kanter, sostanzialmente per il nullo Mario Hezonja: gran colpo. Kanter, più che sospetto in difesa (vero Brad Stevens?), tuttavia ha già dimostrato di poter svolgere l’importante ruolo di vice-Nurkic: intensità dalla panchina, rimbalzi e punti nelle mani, a tenere in tensione le difese.

Restando al reparto lunghi, è stato firmato il giovane e atletico Harry Giles, altro ex Duke, pronto a dimostrare il suo valore dopo due anni a Sacramento giocando 14’ a gara. Importante anche perché Zach Collins rientrerà non prima di metà gennaio: è una stagione decisiva per il lungo ex Gonzaga, ormai al quarto anno a Portland (in scadenza).

Infine, il nuovo Melo. Anthony, classe ’84, ha deciso di ringraziare l’ambiente di Portland ri-firmando per un anno al minimo salariale. Sarà il sesto uomo di lusso. Stotts gli ha ritagliato il ruolo di arma letale dalla panchina, leader di una second unit finalmente profonda e talentuosa. Si è messo al servizio della squadra. Vuole provare a vincere con Lillard: l’alchimia tra i due è una garanzia.

A completare la panchina ci sono Gary Trent Jr, vera rivelazione a Orlando (tiro mortifero e difesa), e la point guard Anfernee Simons, talento acerbo, al quale si chiede di crescere in fretta come cambio di Lillard. Pochi minuti anche al 2000 Nassir Little, ala atletica ma grezza. Il ragazzo deve ancora imparare. Infine, con la 46 è stato scelto CJ Elleby, guardia-ala da Washington State dal buon dinamismo, farà tanta panchina.

In sintesi, i Blazers si presenteranno così all’opener:

PG: Lillard, Simons

SG: McCollum, Trent Jr

SF: Jones Jr, Hood, Elleby, Little

PF: Covington, Anthony, Collins (infortunato)

C: Nurkic, Kanter, Giles

Quali possono essere le prospettive?

Portland deve ambire al terzo/quarto posto in una Western Conference anche quest’anno di altissimo livello. L’obiettivo è andarsi a giocare tutto nella WCF, verosimilmente con una delle losangeline.

“Cogli il giorno”.