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Per i tifosi Lakers, deve essere stata dura vedere Alex Caruso decidere una gara Playoffs contro i Nuggets. Non solo un 3&D del genere non si è più rivisto in maglia gialloviola dopo il 2021 – ricordiamo, perso in free agency – ma ha anche contribuito attivamente alla vittoria dei Thunder in Gara 4 contro la stessa squadra che ha eliminato per due anni di fila gli angeleni dai Playoffs, prima 4 a 0, poi 4 a 1. Per quanto sia divertente concentrarsi sulle lacrime delle “vedove” del mercato più potente della Lega, però, da questi Playoffs si può trarre un insegnamento più profondo: per vincere, serve Alex Caruso.

Serve a qualunque squadra, ma soprattutto a OKC in questa serie, per ragioni soprattutto tattiche. Non è un’esagerazione affermare che sia stato proprio lui a decidere la partita sin qui più importante della stagione dei Thunder, sostanzialmente una da dentro o fuori – le squadre hanno storicamente solo il 4.4% di possibilità di superare il turno partendo dal 3 a 1 di svantaggio. Ha dimostrato nel corso di tutta la serie che deve chiudere ogni singola partita, anche e soprattutto nella pur traumatica Gara 1, dove ha messo su una prestazione storica:

Averlo nei finali e in generale sul parquet al posto di Lu Dort comporta numerosi benefici. In primis, Caruso sta tirando decisamente meglio in questi Playoffs rispetto al compagno canadese, aspetto significativo nel confronto tra i due, dato che le loro conclusioni sono per la maggior parte senza marcatura (“open” e “wide open” sono quelle con i difensori più distanti):

  • Dort: 8 partite, 44.0 True Shooting%, 25.5 3PT%; 15.4% sulle triple “open” (3.3 tentativi su 6.9 totali), 34.5% sulle triple “wide open” (3.6 su 6.9 totali)
  • Caruso: 8 partite, 57.9 True Shooting%, 41.2 3PT%; 42.4% sulle triple “wide open” (4.1 tentativi su 4.2 totali)

Per questo prototipo di giocatore, che vive di tiri assistiti e catch&shoot, è particolarmente importante mantenere una certa efficienza, dal momento che le conclusioni non sono contestate e sono quelle che vuole concedere la difesa. Con in campo gli Shai Gilgeous-Alexander e i Nikola Jokic, ci sarà sempre un appoggio o una valvola di sfogo selezionata, come appunto sono anche Cason Wallace, Christian Braun, Russell Westbrook e via dicendo. I cosiddetti tiratori “battezzabili”, per restare in campo, devono fare una sola cosa: segnare ad alte percentuali o capire come rendersi utili, altrimenti la difesa avrà vinto.

E per questo ruolo Caruso è uno dei più adatti. Oltre al fatto che le buone percentuali aiutano contro la zona di Denver, proposta fino allo sfinimento, coach Daigneault ha inoltre dimostrato di voler usare l’ex Bulls come bloccante e come “navetta” a centro area, essendo dotato anche di migliori letture come playmaker rispetto a Dort, più monodimensionale.

Per non parlare del fatto che ha una selezione di tiro anche più matura di quella di Dort, il quale forse si è fatto un po’ troppo trascinare dall’aver chiuso la stagione con il 41.3% da tre punti. Tentativi come il seguente, in una partita fondamentale dove la tua squadra è sotto di 6 punti e tu stai viaggiando a 2/10 da fuori e con il 25% nella serie, non devono esistere, anche se a ridosso della sirena e con superiorità a rimbalzo. Non a caso, in Gara 4 il canadese non ha rivisto il campo nel quarto periodo, dominato dai Thunder.

Quarto periodo, di converso, deciso in tutto e per tutto da Alex Caruso nella metà campo difensiva. Il lavoro svolto dall’ex Bulls e Lakers non si limita all’attività sulle linee di passaggio o sul perimetro, bensì si allarga anche agli aiuti dal lato debole e soprattutto sulle ricezioni di Nikola Jokic. Il segreto, anzi, è proprio non utilizzarlo come PoA, cioè sulla maggiore minaccia avversaria palla in mano (come potrebbe essere Jamal Murray), ma fare in modo che il suo compito sia quello di “marcare” il tiratore più battezzabile in assoluto in modo da ottimizzarne la fase di “roaming” difensivo. Riporre Caruso su Westbrook o Watson permette di avere un aiuto in più nel pitturato che pochissime squadre possono permettersi:

Caruso, dicevamo, è anche il primo in assoluto impegnato nel disturbare le ricezioni di Jokic. Può succedere direttamente sul cambio, come nella clip di ESPN dove viene messo in mostra il suo lavoro per impedire al tre volte MVP, anche tre volte più pesante e grosso di lui, di prendere posizione, che finalmente rende giustizia a un ruolo che i “piccoli” di OKC rivestono sin da Gara 1.

Per intenderci, su questo possesso cruciale di Gara 4, dove Michael Porter Jr. sbaglia il fadeaway del potenziale -3, i Nuggets hanno fatto di tutto per servire Jokic, ma Murray non ha trovato un solo spiraglio sia per l’ottimo lavoro svolto da Hartenstein sul cambio, sia perché Caruso non ha concesso al lungo la presa di posizione pulita per tutto il possesso:

Ma, se non sul cambio, il disturbo a Jokic da parte di Caruso si verifica anche con degli “stunt” o come secondo uomo sui raddoppi. In Gara 1, sempre utilizzando l’ex Chicago come “roamer”, quindi come presenza al centro del pitturato senza una vera e propria “marcatura” difensiva, i Thunder sono riusciti a far perdere più di un pallone al tre volte MVP, otturando le linee di passaggio su eventuali tagli.

Il lavoro di Caruso si allarga poi anche a svariati extra, come gli aiuti visti nel finale di Gara 4, che nel primo incontro della serie hanno portato a una fragorosa stoppata ai danni di Jokic, qua sotto nella seconda clip – la prima, invece, si concentra sul lavoro nel raddoppio. I Clippers sono stati i primi ad anticipare questo genere di situazioni, sfruttando uno stoppatore di altissimo livello come Nicolas Batum in aiuto, sempre battezzando spudoratamente i non-tiratori di Denver.

Tutti questi sono aspetti tattici chiave di questa serie, ma che forse rendono fin troppo poca giustizia ad Alex Caruso. Un aspetto troppo spesso sottovalutato sui campi NBA e che può sembrare banale è quello di “saper giocare”, cioè di fare sempre la cosa giusta al momento giusto, che sia una lettura o uno sprint per gettarsi su una palla vagante. Non è qualcosa da ridurre a un termine abusato come quello di “QI cestistico”, è semplicemente una percezione del momento e della sua importanza maggiore rispetto a quella che hanno altri. Non è innato, si può allenare e migliorare, ma è ovvio che in base all’esperienza alcuni giocatori lo abbiano maturato, altri no, altri ancora solo in parte.

Alex Caruso appartiene alla prima categoria, a quella dell’agonista che non si tira mai indietro se serve una tripla importante, che non manca mai un aiuto o non si perde l’uomo per guardare la palla. Non si prenderà mai un tiro forzato anche sentendosi in ritmo, così come il suo braccio non tremerà qualora la difesa dovesse sfidarlo in un momento importante, indipendentemente dalle percentuali.

Alex Caruso è semplicemente un giocatore “vincente”, semplificando fino all’estremo, non perché ti segnerà 40 punti in mille modi diversi, ma perché farà sempre la cosa giusta per fermare quello che ti segna 40 punti in mille modi diversi.

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