FOTO: Fox Sports

Questo contenuto è tratto da un articolo di Eduardo Shabot per Air Alamo, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


Il 23 e il 25 gennaio si terranno a Parigi due partite NBA fra Spurs e i Pacers. Sebbene sia evidente che la decisione di San Antonio di partecipare a questo evento sfrutti la presenza di Victor Wembanyama per entrare in contatto con i tifosi locali, non c’era davvero squadra migliore dei nero-argento per essere protagonista di questo evento.

San Antonio Spurs, da sempre i più “globali”

Nel corso della storia, gli Spurs sono stati pionieri nell’introdurre talenti internazionali nell’NBA, soprattutto in tempi in cui ciò era ben lontano dalla norma. Nel 1989, gli Spurs ingaggiarono lo jugoslavo Zarko Paspalj che, nonostante i minuti limitati, aprì la strada a giocatori stranieri, e soprattutto europei, che vedevano nell’NBA un sogno realizzabile. Un decennio dopo, San Antonio effettuò una mossa non convenzionale ma che cambia la storia, selezionando un argentino di origini italiane, Manu Ginobili, con la penultima scelta del Draft del 1999. Questa decisione fu così inaspettata che persino Tim Duncan, secondo quanto riferito, interrogò l’allenatore Gregg Popovich, chiedendo: “Abbiamo davvero firmato questo ragazzo?”. Due anni dopo, gli Spurs hanno scelto Tony Parker, il primo europeo selezionato al primo turno. I risultati di questo trio – un giocatore impareggiabile delle Isole Vergini, una stella argentina e un leader francese – sono ormai parte della leggenda dell’NBA.

Gli Spurs non solo sono diventati un modello di franchigia per l’eccellenza internazionale, con oltre 20 giocatori stranieri provenienti da paesi come Australia, Cina, Italia, Nigeria, Serbia e Turchia, ma hanno anche ispirato altre squadre a guardare oltre il bacino di talenti locale. Dopo aver vinto il loro ultimo campionato nel 2014, gli Spurs hanno avviato una tradizione guidata da Matt Bonner, in cui i giocatori portavano il Larry O’Brien Trophy nelle loro città di origine per una settimana. Questo “Larry Tour” ha percorso oltre 87.000 miglia, visitando città come Toronto, Buenos Aires, Rio de Janeiro e Sydney, tra le altre. Altre squadre adottarono questa pratica, consolidando ulteriormente il ruolo degli Spurs come innovatori della portata globale della NBA.

Oggi l’NBA vanta più di 100 giocatori internazionali, tra cui superstar come Giannis Antetokounmpo, Luka Doncic e il due volte MVP Nikola Jokic. Il fatto che Victor Wembanyama, un tifoso degli Spurs cresciuto guardando Tony Parker, sia finito a San Antonio, sembra uscito da una sceneggiatura hollywoodiana. Il fatto che gli Spurs facciano parte della settimana NBA a Parigi è una vera e propria giustizia poetica.

Sono passati quasi 15 anni dall’ultima volta che gli Spurs hanno giocato a Parigi, allora come parte di una strategia precampionato per coinvolgere i tifosi francesi attraverso Tony Parker. Più di dieci anni dopo, la storia si chiude, questa volta con Victor Wembanyama come portabandiera della squadra. In una NBA molto più globalizzata, una trasformazione che si deve in gran parte alla creatività e alla visione dei San Antonio Spurs, la loro presenza a Parigi è opportuna e meritata.