Dieci (9+1) giocatori la cui stagione meriterebbe maggiori attenzioni.


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Parlare dei soliti LeBron e Harden, ma anche di Clarkson o Grant, sarebbe quasi scontato. Delle loro stagioni, fino ad ora, si è detto fin troppo. Giunti alla pausa per l’All-Star Break, parliamo allora di chi, lontano dai riflettori, è stato in qualche modo un protagonista di questa Regular Season.

MALIK BEASLEY

Emergere nella squadra con il peggior record della lega è spesso difficile. Soprattutto se non si tratta di Karl-Anthony Towns o D’Angelo Russell. Anzi, in quel di Minnesota è stata proprio l’assenza dei due a contraddistinguere fin qui la stagione.


La lungodegenza dei due ha quindi aiutato Malik Beasley a emergere del tutto e prendersi di forza il ruolo di prima opzione offensiva di squadra per lungi tratti nella stagione.

Ora che ha preso di forza il suo posto da titolare, Malik sta mantenendo delle grandissime medie in stagione. 20.5 punti ad allacciata di scarpe vanno a confermare i 20.7 del breve stralcio di stagione passata (solo 14 partite giocate con i Wolves prima della sospensione), come ad esser confermate sono le 3.5 triple realizzate a partita per un impressionante 40.6% da tre in stagione (su 8 tentativi totali). Numeri che lo avevano portato a queste parole quasi un mese fa:

Purtroppo, a negare la partecipazione a Malik ci hanno pensato i processi giudiziari e la lega, che lo ha allontanato per più partite dai campi.

JALEN BRUNSON

Nella stagione della definitiva consacrazione per lo sloveno di cui tutti conosciamo nome e cognome, altri giocatori si stanno distinguendo in Texas, facendo rinascere la squadra di Carlisle dopo un inizio turbolento tra protocolli e infortuni. Tra questi nomi è impossibile non includere anche quello di Jalen Brunson, protagonista alla corte di Luka Doncic e Marc Cuban.

Alla terza stagione a Dallas, la 33esima scelta al Draft 2018 sta vivendo la miglior stagione in carriera. Non solo dal lato realizzativo con i suoi 12.8 punti di media a serata (career high), ma anche in termini di efficienza. Oltre a quello dei punti, Jalen sta facendo registrare il personale career high in molte voci statistiche: 24.9 minuiti a sera, 3.4 assist, 53% FG, 40.1% 3P.

Ma la curiosa statistica su Jalen è quella relativa ai suoi 130.3 punti per 100 possessi, con cui si posiziona al quarto posto tra le guardie più efficienti della lega tra quelle che hanno giocato almeno 500 minuti, dietro a Steph Curry, Zach LaVine e James Harden.

E proprio perché a Dallas certe gerarchie sono molto importanti, bisogna tener conto del suo apporto quando condivide il campo con Doncic.

Jalen, che diventerà free agent questa estate, è diventato un fattore chiave nel reparto guardie di Dallas. Se continuerà a questi ritmi, perché no, potrebbe rappresentare una sorpresa per il MIP.

JEFF GREEN & JOE HARRIS

Nelle terre dei Big Three i comprimari hanno un ruolo fondamentale. Come non parlare, allora, di come Jeff Green e Joe Harris stiano giocando un ruolo fondamentale nei Nets di coach Steve Nash.

Fresco di un’importante estensione nell’ultima postseason, Harris sta giocando un’ottima stagione, confermando molti spunti dell’anno scorso e migliorando in diversi aspetti.

Offensivamente la sensazione è che Joe possa ripetere la seconda stagione per leader in 3P% nella lega, con un attuale 50.6% su 6.7 tentativi a partita. Numeri da capogiro, se consideriamo anche le sue doti in penetrazione, attaccando i closeout, che fanno viaggiare Joe a un clamoroso 58% nel tiro in area.

Oltre le conferme, Joe sta aiutando tantissimo in quelle che ai Nets sembrano caratteristiche mancanti: la dote a rimbalzo, che già l’anno era migliorata, ma soprattutto una crescita difensiva importantissima per la squadra. Insieme a Jeff Green, sta contribuendo a rendere più sostenibile la difesa dei Nets, assumendosi responsabilità come marcare prolungatamete Paul George nell’ultima uscita coi Clippers.

Jeff Green sembra essersi preso un ruolo molto importante nei nuovi Nets di James Harden, da prima opzione difensiva di squadra. L’ex Rockets ad oggi occupa un ruolo in cui anche l’anno scorso, proprio alla corte di D’Antoni (ritrovato insieme allo stesso Harden ai Nets), sembrava a proprio agio: giocare da 5 ed essere un affidabile e versatile 3&D.

Proprio questo ruolo, oggi, lo rende fondamentale per gli equilibri sul parquet: l’ampiezza del suo minutaggio sarà molto importante in chiave Playoffs. Difensivamente sembra capace di star bene su tutti i primi violini avversari, ma anche offensivamente il suo impatto sta crescendo. Ogni partita tira 3.5 triple, realizzandole con un ottimo 42%.

Ad oggi i Nets sono in corsa per chiudere la stagione con un 40/50/80 alle percentuali di squadra e saranno sicuramente tra le favorite nella seconda parte di stagione. Se possono permettersi questi numeri, non possiamo dimenticarci dei comprimari.

FRED VANVLEET

Tutti ricordiamo le Finals 2019, il Canada di Kawhi Leonard vincente sulla dinastia dei (decimati) Warriors. In quella serie a brillare, oltre ai Leonard e Lowry, fu un undrafted che sembrava poter segnare qualsiasi cosa da tre punti. Parliamo ovviamente di Fred Vanvleet, che un anno e mezzo dopo è l’assoluto trascinatore della squadra canadese. Fred è diventato il primo violino offensivo viaggiando a un career high di 20.1 punti a partita con 40% FG e 38% da tre – percentuali non grandiose, dovute anche al fatto che Fred sia il Raptor che prende più triple a partita, ben 8.8.

Inoltre, Fred sta migliorando nettamente nella fase difensiva e nell’aggressività sulla palla. E’ tra i migliori nella lega per steal (1.7 a partita) e le percentuali degli avversari quando affrontano Fred dentro il pitturato sono pessime.

In attacco e in difesa, Fred Vanvleet sta vivendo la miglior stagione in carriera e sta trascinando da primo violino i Raptors a un posto nei Playoffs.

DEMAR DEROZAN

Continuando a parlare di miglior stagione in carriera, c’è un ex Raptors che sta giocando a livelli altissimi. Alla corte di Gregg Popovich, DeMar rappresenta lo specchio di questi Spurs, guidati da lui al quinto posto ad Ovest con un ottimo record: 18-14, inaspettato da tutti ad inizio Regular Season. Inaspettata era anche questa grandissima stagione di DeRozan.

Quello che rende davvero eccellente la sua stagione è l’accresciuta capacità di creation, come conferma il career high per numero di assist (7.2) a partita.

Al tiro DeMar viaggia a percentuali tra le migliori in carriera: 51% da 2 punti in stagione, per un totale del 48% al tiro dal campo. Il numero elevatissimo di tiri di DeMar è nettamente diminuito dai 21.2 a partita di anni fa ai 13.8 attuali. Il nuovo DeMar è il simbolo del ritorno degli Spurs.

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LUGUENTZ DORT

L’ultima delle guardie all-time a vincere il Defensive Player of The Year fu Gary Payton nel 1996, da lì in poi nessun piccolo è andato vicino al premio. Oggi, però, è impossibile negare che un undrafted (che fu snobbato soprattutto per le capacità offensive) sia ai vertici alti della lega per quanto riguarda la capacità difensiva.

Luguentz Dort sta confermando e addirittura migliorando quella clamorosa abilità difensiva sulla palla che ci aveva fatto vedere già nella sua rookie season.

E giusto per rafforzare l’idea di quanto Lu sia efficace sulle guardie avversarie, main creator o no:

Quello che però sorprende e permette a Lu di entrare in questa lista è la sua capacità offensiva, decisamente migliorata. La sua percentuale da tre è salita al 32.6% attuale dal 29.7% della stagione passata, e quello che è veramente importante è l’aumento di tentativi a partita del giocatore, da 2.8 a 6. Gioca con una consapevolezza che era mancata la passata stagione, probabilmente aiutato dal contesto ridimensionato.

NICOLAS BATUM

Il supporting cast dei Clippers sembra avere finalmente un’identità e una certa affidabilità. E in tutto questo, Nicolas Batum – reduce da una tra le peggiori annate in carriera – sta ritrovando sé stesso e un ruolo importante nelle rotazioni di Ty Lue.

Sta viaggiando a 9 PPG, 2.4 APG, 4.8 RPG, con percentuali al tiro del 47% FG, 43% 3P, 83.3% FT. Ha iniziato fortissimo la stagione, con un clamoroso 47% da 3 punti nelle prime 24 partite (nelle ultime 12 invece è sceso a un comunque buono 37%).

Oltre alla grande efficienza al tiro, con Batum si è aggiunto a roster un giocatore importante per la rotazione offensiva, capace di realizzare giocate e far muovere la difesa avversaria. Guardate questo possesso, in cui con un blocco laterale riesce a muovere tutta la difesa di Boston (che successivamente si dimentica totalmente di lui e gli concede un tiro aperto):

Uno scacchiere difficile da gestire quello dei Clippers, ma una pedina come Batum finora sta facilitando il lavoro per Coach Lue.

TOBIAS HARRIS

Brillare al fianco di Joel Embiid e Ben Simmons non è mai facile, ma nonostante questo Tobias Harris sta disputando, anche lui, un’ottima stagione. Arrivato nell’estate 2019 tra tante critiche, il contesto in cui si è calato Tobias non era del tutto sereno e funzionale – e un po’ per le assenze, un po’ perché a Philadelphia c’era una forte aria di cambiamento, la stagione è finita nel peggiore dei modi: sweep contro i Celtics al primo turno nella bubble.

Con l’arrivo di Doc Rivers dai Clippers in offseason, Tobias sembra uno dei primissimi ad averne guadagnato: meno tiri, ma più efficaci, e gioco offensivo più funzionale a Embiid Tobias, infatti, sta realizzando con il 51.3% i 14.9 tiri a partita (in calo rispetto ai 16.2 della passata stagione), di cui 3.9 sono triple, realizzate con il 40.2% (Tobias non viaggiava a meno di 5 triple tentate a partita dal 2018).

A conferma della funzionalità con cui oggi Tobias gioca nell’intero sistema Phila, notiamo questo dato relativo all’ultima sfida contro Utah, terminata all’overtime e decisa proprio dagli 11 punti di Tobias sui 13 totali dei 76ers nei supplementari:

Piccoli ma grandi miglioramenti, che non hanno permesso a Tobias di raggiungere l’All-Star Game, ma che stanno dando a Doc un’importante arma in più.

BONUS: JIMMY BUTLER

Come bonus track di questa lista troviamo uno dei giocatori che in realtà nell’ultimo anno è stato decisamente al centro dell’attenzione, ma che nella Regular Season 2020/21 ha saltato diverse partite e per questo non ha preso parte al weekend delle stelle: Jimmy Butler.

Dopo un’incredibile corsa ai Playoffs nella bubble, Jimmy e i suoi Heat avevano a inizio anno l’obbiettivo di ripetersi, di giocare un’altra grande stagione. La fortuna, però, non li ha decisamente aiutati nei primi due mesi di Regular Season.

Se c’è un giocatore che rappresenta perfettamente tutte le difficoltà incontrate da Miami tra protocolli, Covid e infortuni, quel giocatore è proprio Jimmy. Per cause di forza maggiore lo stiamo vedendo partecipare a pieno alla causa solamente da inizio febbario. Il suo ritorno, però, ha cambiato la squadra da subito.

Già nel giorno di rientro, contro i Kings, Jimmy ha fatto tornare gli Heat a quella vittoria che mancava a South Beach da 5 partite. Miami ha iniziato addirittura con un record di 7-14 quest’anno, prime delle due strisce vincenti (4W prima, 6W poi) nell’ultimo mese che hanno trasformato il record in un più confortevole 18-18, che oggi significa sesto posto a Est.