Lo spettro della trade deadline incombe su chi non sta raggiungendo i risultati sperati

Nella durata eterna della Regular Season NBA il mese di gennaio funge spesso da filtro. In questo periodo chi ha capito di essere competitivo spinge sull’acceleratore, mentre chi è rimasto indietro comincia a porsi delle domande, che diventano sempre più ingombranti con l’avvicinarsi della trade deadline. L’inserimento del Play-In Tournament ha attutito questo fenomeno, ma solamente in parte. Se l’NBA avesse un Pronto Soccorso, oggi tre squadre sarebbero inaspettatamente in codice rosso, con bisogno di intervento immediato. E le malattie sono parecchio diverse tra di loro.

I Phoenix Suns e il pulsante rosso

Ricordate quel fine giugno 2023? Sembra passato un secolo. I Suns sconvolsero il mondo NBA formando il Big-3 composto da Kevin Durant, Devin Booker e il neo-arrivato Bradley Beal. Dovettero, ovviamente, riempire il roster con gregari al minimo salariale. La scarsa profondità li ha puniti ai Playoffs, con lo sweep subito dai Timberwolves.

Quest’anno sembrava essere quello giusto. Più profondità, grazie a Tyus Jones, Mason Plumlee e il rookie Ryan Dunn, e soprattutto un nuovo coach più ispirato offensivamente come Mike Budenholzer. L’avvio è persino andato oltre le aspettative, con sette vittorie in otto partite.

Ma i problemi nascosti sotto il tappeto sono destinati ad essere scoperti prima o dopo, e così è successo, grazie anche alla spinta di un po’ di infortuni alle stelle.

Beal ha 17.8 punti di media con una True Shooting al di sotto della media della lega. Non può giocare insieme a Booker e Jones, onde evitare quintetti decisamente troppo piccoli, e non ha più lo spunto per guidare la second unit con brillantezza. A dare il colpo di grazia ci pensa la rotazione dei lunghi, troppo poco versatili e non in grado di proteggere a dovere il pitturato.

I Suns hanno perso sette delle ultime otto partite, e occupano il 12esimo posto in una Western Conference che non lascia spazio a tanti margini di errore. Oltre al codice, rosso è anche il pulsante immaginario sulla scrivania del General Manager: forse l’opzione migliore sarebbe disfare tutto e ricominciare da zero.

Anche in questo caso, tuttavia, è più facile a dirsi che a farsi. I Suns hanno ceduto la maggior parte delle loro scelte al draft nei prossimi anni. Inoltre, tanti auguri a trovare una destinazione per Beal, che prenderà una barca di soldi fino al 2027 e ha diritto a rifiutare ogni offerta di trade.

È finito il ciclo dei Miami Heat

Jimmy Butler ed Erik Spoelstra ci hanno fatto divertire moltissimo. Anni di corse ai Playoff da “underdog”, con cast di supporto racimolato dove altre franchigie non guardano neanche, e due NBA Finals raggiunte contro ogni pronostico. Ma ogni ciclo sportivo è destinato a terminare, ed è arrivato il turno di quello degli Heat.

Un anno e mezzo fa hanno schivato il proiettile Beal per un soffio, ma non hanno nemmeno spinto fino in fondo per Damian Lillard, accontentandosi proprio di quello status di underdog che presto sarebbe diventato insufficiente per poter lottare contro i nuovi Boston Celtics.

Il coniglio dal cilindro può uscire fuori una, due o addirittura tre volte, ma non potrà mai essere una garanzia sostenibile in NBA. E salutati Strus, Vincent e Martin, Miami non ha trovato sostituti.

I problemi recenti tra Butler e Riley sono solamente la chiusura più triste di una decadenza ormai inevitabile. Jimmy ha scritto la storia di Miami, è stato un leader incredibile, e ora sporcherà il suo ricordo. Ma la sconfitta di 36 punti subita stanotte dai Jazz è il segnale che la vicenda va risolta il prima possibile, in modo che gli Heat possano rinascere dalle ceneri come solo loro sanno fare.

Timberwolves doing Timberwolves things

Due giorni fa, dopo una sconfitta nel finale contro i Celtics privi di Brown e Porzingis e una prestazione da 15 punti e 5 su 16 al tiro, Anthony Edwards si è mostrato ancora una volta frustrato in conferenza stampa, lamentandosi dei troppi raddoppi subiti; “Non voglio passare la partita a passare la palla”, citando testualmente. Non è stata la prima dichiarazione polemica in stagione, ma per la prima volta la figura del leader ha lasciato definitivamente spazio a quella del bambino viziato.

Stanotte Ant ha tirato 31 volte e segnato ben 53 punti. I Timberwolves, però, hanno perso di 15 contro i Detroit Pistons, rimanendo fuori partita per l’intera durata del secondo tempo.

La situazione in classifica rimane recuperabile, ma al contrario delle altre due ricoverate Minnesota è reduce dal miglior risultato ai Playoff della storia della franchigia. Dopo essere andati a sole tre vittorie dalle Finals, il front office ha avuto la presunzione di poter replicare quel tipo di successo sostituendo il secondo miglior giocatore con Julius Randle.

Il risultato è una difesa che non funziona più come la macchina perfetta di un anno fa e un attacco che non ha le spaziature per impensierire gli avversari. Un’opera di auto-sabotaggio davvero notevole.

Nel frattempo, la stagione di Edwards prende sempre di più le sembianze di quelle di Kobe Bryant negli anni immediatamente successivi all’addio di Shaq.