Dopo il titolo, si avvicina il momento delle scelte difficili; con la luxury tax alle stelle e parecchi giocatori da rinnovare, cosa possiamo aspettarci dal front office degli Warriors?

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Anche Joe Lacob ha un limite.

Il proprietario dei Golden State Warriors, che qualche anno fa dichiarava senza problemi di essere avanti “anni luce” rispetto ai concorrenti, ha sfruttato una situazione salariale anomala e non si è tirato indietro dallo sborsare una cifra astronomica per permettere a Stephen Curry e compagni di conquistare il titolo 2022. Considerando salari e luxury tax, la spesa ha toccato i 350 milioni di dollari.

Anche solo confermando il gruppo appena laureatosi campione, la cifra andrebbe velocemente dai 400 ai 500 milioni per le prossime stagioni. Ma Lacob non è più disposto a farlo, e l’ha fatto sapere chiaramente qualche settimana fa.


C’è anche la possibilità che quella di mettere un tetto alle spese non sia stata una scelta del tutto autonoma da parte di Lacob. Da quello che è filtrato nelle ultime settimane infatti, vari proprietari si sono lamentati della disparità tra Golden State e il resto delle franchigie.

Nonostante gli Warriors non abbiano fatto nulla di proibito, e non lo farebbero nemmeno rinnovando tutti i loro giocatori più importanti, il loro salatissimo payroll è stato persino oggetto di discussione nell’ultimo Board of Governors.

Non è dunque da escludere che la proprietà dei Dubs abbia ricevuto pressioni dalla lega ultimamente. Ciò potrebbe in parte spiegare, ad esempio, la mancata firma di Gary Payton II, pedina molto importante nella vittoria del titolo di un mese e mezzo fa.

Nel futuro prossimo, una parziale chiusura dei rubinetti potrebbe portare a conseguenze ben più pesanti, e il GM Bob Myers sarà chiamato a prendere decisioni tanto importanti quanto complicate.

I giocatori sul filo

I giocatori a roster coinvolti sono ben quattro, e sono tutti fondamentali per la squadra di Steve Kerr:

  • Draymond Green – scadenza 2023

Green ha a disposizione una Player Option da 27.5 milioni per la stagione 2023-24, ma sembrerebbe aver intenzione di declinarla, per poi chiedere un contratto da 4 anni intorno ai 140 milioni di dollari

  • Andrew Wiggins – scadenza 2023
  • Jordan Poole – scadenza 2023

In uscita dal rookie contract, gli Warriors hanno tempo fino al 18 ottobre per concordare un’estensione contrattuale con Poole, la quale dovrebbe aggirarsi intorno ai 100 milioni per 4 anni (simile ai contratti firmati da Anfernee Simons e Jalen Brunson). Se si andasse oltre a quella data, si innescherebbe una situazione similare a quella che abbiamo visto con DeAndre Ayton.

  • Klay Thompson – scadenza 2024

Avendo un anno in più di contratto, è esonerato dalle decisioni riguardanti la prossima estate e la stagione 2023-24, ma potrebbe entrare nella turbina se gli Warriors dovessero continuare ad avere problemi, considerando che, dopo quella di Poole, arriverà il momento delle estensioni di James Wiseman, Jonathan Kuminga e Moses Moody.


Anche nelle più rosee aspettative, alla luce delle notizie recenti è difficile pensare che Golden State possa tenere tutti. Andranno verosimilmente fatti dei sacrifici.

Partendo dalla prossima estate, ovvero il primo vero scoglio da affrontare, molti hanno individuato in Draymond Green il più indicato a partire, considerando le richieste avanzate e l’età del giocatore. La verità dice però che Green è troppo importante per gli Warriors, dentro e fuori dal campo; senza di lui, durante la scorsa stagione, i Dubs superavano a malapena il 50% di vittorie in Regular Season e, oltre a essere il leader emotivo della squadra, è anche una figura fondamentale per Stephen Curry. Quest’ultimo ha firmato la sua estensione contrattuale un anno fa, probabilmente fiducioso di avere con sé Green e Thompson ancora per molti anni, e renderlo scontento sarebbe solamente controproducente per Golden State.

Dall’altra parte, Jordan Poole e Andrew Wiggins hanno il fattore età dalla loro. Soprattutto il primo, a soli 22 anni, rappresenta un asset futuro essenziale per la franchigia, e perderlo in Free Agency sarebbe un grave sanguinamento. Per evitarlo, occorrerebbe accordare l’estensione prima della deadline fissata per il 17 ottobre; portando la pratica alla prossima offseason, e immaginando un ulteriore miglioramento da parte del prodotto di Michigan, è probabile che possano arrivare offerte alte, difficili da pareggiare per gli Warriors.

Lo stesso discorso vale per Wiggins, che a San Francisco ha trovato una casa ma si è anche ri-valorizzato, preparandosi la pista per un altro contratto oneroso. L’ex Timberwolves, a 27 anni, è nel pieno del proprio prime fisico, ed ha buoni argomenti per essere considerato il secondo miglior giocatore per rendimento ai Playoffs in una squadra campione NBA. Nonostante ciò, al netto della spinosa situazione salariale in casa Warriors, è forse il più sacrificabile.

I problemi, tra l’altro, non si fermeranno alla prossima estate. Il secondo scoglio arriverà con le estensioni degli altri giovani, in semi-concomitanza con la scadenza del contratto di Klay Thompson. Per allora, Golden State spera in un consistente aumento dello spazio salariale, che andrebbe a diminuire la portata delle penali.

Insomma, dopo il titolo, il progetto a due timeline sta arrivando a un punto di rottura, e per tenerlo in piedi occorrerà essere chirurgici e prendere le scelte giuste nei momenti giusti. Altrimenti, la dinastia sarà destinata a tramontare.

Si può migliorare la Luxury Tax?

Gli Warriors hanno a roster ben 10 giocatori scelti al Draft e sviluppati in casa. Nonostante ciò sono parecchio oltre il limite, e lo sarebbero anche senza il contratto di Wiggins, l’unico acquisito via trade.

È giusto che il sistema vada a “punire” in questo modo le squadre che scelgono bene al Draft e costruiscono organici competitivi con i propri giovani? Non c’è una risposta facile. Possiamo però dire che è un meccanismo che generalmente penalizza abbastanza pesantemente gli small market, che hanno minor appeal e minor possibilità di spesa. Lo sappiamo, non è più il caso degli Warriors, ma abbiamo visto una situazione simile colpire gli Oklahoma City Thunder quando si sono dovuti privare di James Harden, ed è solo un esempio.

Ospite del podcast di Andre Iguodala “The Point Forward”, Joe Lacob si è recentemente lamentato a proposito di questo argomento. Ciò che ha ottenuto è una multa da parte della lega.

È impossibile sapere se i vertici discuteranno mai un cambiamento sotto questo punto di vista, ed è anche difficile immaginare un aggiustamento che non sbilanci l’efficacia del sistema.

D’altronde, risulta complicato stabilire un’oggettiva superiorità etica di un progetto fondato sul Draft rispetto a un progetto che getta le sue basi sugli scambi o sulla Free Agency. Se da una parte sembrerebbe giusto andare incontro agli Warriors e agli small market che vogliono semplicemente sviluppare i propri giovani, dall’altra servirebbe una regola logisticamente sensata.

Vedremo se la lega aprirà questo capitolo nei prossimi anni, magari proprio assecondando eventuali pressioni da parte di Lacob.