FOTO: Welcome to Loud City

Questo contenuto è tratto da un articolo di J.D. Tailor per Welcome to Loud City, tradotto in italiano da Edoardo Viglione per Around the Game.


La Regular Season si sta avvicinando alle sue battute finali e stiamo iniziando a respirare l’incredibile aria dei Playoffs, dunque è bene cominciare a pensare a qualche possibile matchup. I Thunder sono a meno di una vittoria di distanza dai Denver Nuggets, ma con una partita in meno, quindi avranno sicuramente il fattore campo, perlomeno al primo turno. Nella passata stagione Oklahoma City arrivò decima strappando l’ultimo biglietto per il Play-In, e fece anche una bella figura eliminando i Pelicans fuori casa, salvo poi fermarsi nel turno successivo contro i Minnesota Timberwolves. Alla luce di ciò è indubbio dire che i risultati ottenuti fin qua siano stati inaspettati, ma essi sono frutto dell’eccellente gioco di squadra e dell’incredibile stagione disputata da Shai Gilgeous-Alexander, la migliore per distacco della sua ancor giovanissima carriera. I Thunder probabilmente finiranno la stagione in uno dei primi due seed, ciò significa che affronteranno una squadra che uscirà dal Play-In. Attualmente le franchigie che si trovano dalla decima alla settima posizione sono: Golden State Warriors, Los Angeles Lakers, Sacramento Kings e Phoenix Suns – con i Dallas Mavericks appena sopra. Tutte e quattro hanno cominciato la stagione con sicuramente altri obiettivi e molte hanno performato meno di quanto ci si aspettasse. I Playoffs, però, sono considerati quasi come se fossero una stagione a parte e queste squadre probabilmente preferiscono affrontare un roster molto giovane come quello dei Thunder in un primo turno.


A roster solamente Luguentz Dort, Shai Gilgeous-Alexander e Gordon Hayward hanno esperienza in post-season. Per il resto dei giocatori sarebbe la prima volta, in quanto l’ultima apparizione dei Thunder ai Playoffs risale alla serie nella Bolla contro gli Houston Rockets, quando a roster c’erano giocatori come Adams, Gallinari o Schroder che ora non si trovano più in Oklahoma. Iniziamo con un’analisi sui Dallas Mavericks, i quali sono stati battuti solamente qualche giorno fa dai Thunder, ma è anche doveroso aggiungere che tra le fila texane mancava un certo Luka Doncic, talento clamoroso che può vincere da solo molte partite grazie alla sua straordinaria creation offensiva.

Luka

In un altro anno, e probabilmente con un record di squadra migliore, sarebbe stato il favorito per l’MVP. Segna di media 33.9 punti a partita, la media più alta dai tempi dell’Harden del 2018-2019, con una effective field goal percentage di 56.9%, numeri incredibili se si pensa al volume di tiri: 23.7 a partita. Se si considerano le guardie che hanno giocato più di 50 partite e hanno uno usage maggiore al 30%, Doncic si classifica molto bene. È un gruppo molto ristretto che conta solamente lo sloveno, Shai, Curry, Fox ed Edwards. Lo sloveno si ritrova al secondo posto per Effective Field Goal Percentage, per offensive rating e per il ratio AST-TO. Al primo posto in queste tre categorie c’è proprio SGA, ma il confine tra i due è comunque minimo. Lo scoring di Luka è accompagnato da passaggi fantasiosi e molto intelligenti. Queste due abilità funzionano in coppia e le difese avversarie sono determinate a fermare le sue penetrazioni al ferro che, però, permettono sia a Dereck Lively che a Daniel Gafford di aspettare i lob o gli assist di Doncic con più efficacia. Luka è riuscito a sviluppare una grande alchimia in poco tempo con i due centri che ha permesso ai Mavericks di poter contare su un ottimo spacing verticale. Doncic, inoltre, ha una media di 16.7 assist potenziali a partita, il che lo colloca al terzo posto della lega in questa statistica dietro solo ad Haliburton e Trae Young. È chiaro che spesso i suoi compagni non riescano a concretizzare i passaggi di qualità dello sloveno. Tim Hardaway Jr., Derrick Jones e Jaden Hardy sono tiratori nella media e, specie i primi due, sono parecchio incostanti al tiro.

A sostegno di questa tesi c’è un’argomentazione secondo la quale l’elevato usage di Doncic non beneficia i suoi compagni nel momento in cui devono segnare un tiro open. Nella stagione 2016/17, Russell Westbrook ha fatto registrare uno usage del 41% controllando ogni singolo possesso dei Thunder dall’inizio alla fine. Questa completa dipendenza è stata sì sorprendente e brillante, ma anche negativa, in quanto OKC era troppo vulnerabile quando lui era in panchina. Quell’anno i Thunder affrontarono i Rockets al primo turno Playoffs e avevano un differenziale negativo di 58 punti in 46 minuti quando Westbrook era fuori, questo perché sembravano totalmente incapaci di giocare senza di lui in campo. Nel 2018/19 James Harden ebbe uno usage del 40% mentre tentava di trascinare Houston ai Playoffs senza Chris Paul. Mike D’Antoni ha scelto di fargli guidare l’azione in ogni possesso e il risultato fu un brutto basket di squadra, con i suoi compagni che toccavano poco la palla e a intermittenza. Un alto usage rende una stella un buon floor raiser, ma il basket di squadra risentirà sempre di una scarsa chimica, fondamentale in post-season – e i Mavericks ci stanno lavorando.

In Regular Season i Thunder hanno provato a difendere su Luka con molti giocatori diversi e ciò ha portato anche a risultati differenti. Luguentz Dort è stato usato come difensore POA sullo sloveno e non ha fatto un brutto lavoro, ma la mancanza di size non è stata positiva per lo scoring all’interno dell’area di Luka. Anche Jalen Williams è stato utilizzato da coach Daigneault per marcare Doncic e ha ottenuto un risultato migliore grazie alla sua notevole wingspan e alla sua velocità di piedi. I Thunder hanno la fortuna di avere diversi giocatori con una size da wing e Daigneault può decidere in questo modo quale sia il più adatto per marcare lo sloveno. La fisicità di Kenrich Williams, per esempio, può essere un’altra caratteristica favorevole per difendere su Luka.

Difesa di squadra e Jason Kidd

Jason Kidd è stato nominato head coach dei Dallas Mavericks nell’offseason del 2021 dopo l’addio di Rick Carlisle. La reputazione di Kidd come coach, dopo qualche esperienza non elettrizzante ai Nets ed ai Bucks, era stata riabilitata dopo un periodo ai Lakers in cui faceva parte dello staff di Frank Vogel. La sua prima stagione sulla panchina dei Mavs fu ottima e raggiunse le Western Conference Finals grazie a un buon gioco di squadra e a un’ottima energia in difesa. Due anni dopo, però, le critiche a Kidd cominciano a farsi sempre più consistenti e quello che filtra sembra molto simile a quello che si sostenesse nel 2018 quando era l’head coach dei Bucks. Nelle sue prime due stagioni a Milwaukee, Kidd ricevette molti complimenti per come aveva gestito lo sviluppo di Giannis Antetokounmpo e anche per aver riportato la franchigia ai Playoffs, ma nella sua ultima stagione in Wisconsin la squadra ristagnò e crollò anche quella difesa che fino a poco prima sembrava solida ed affidabile. L’idea di Kidd era quella di blitzare regolarmente il portatore di palla avversario per poi affidarsi sull’atletismo di squadra in situazioni di 4-contro-3. Lo scopo di ciò era quello di forzare palle perse e di costringere gli avversari a prendersi tiri costruiti male. Questo approccio difensivo può funzionare in qualche situazione, ma non è universale. Una rotazione fatta coi tempi sbagliati può far crollare la difesa e concedere agli avversari un tiro facilissimo.

A Dallas, Kidd ha spesso mescolato le sue coverage, alternandole, ma c’è ancora una forte dipendenza nel blitzare il ball-handler avversario e i Mavericks hanno utilizzato spesso quest’approccio servendosi di Dereck Lively e Daniel Gafford. Entrambi hanno una buona size, ma non hanno la velocità per pressare il portatore per poi scivolare velocemente per tornare al loro accoppiamento difensivo. Shai, ad esempio, nelle gare contro i Mavs, quando si è trovato in questa situazione, l’ha risolta semplicemente passando il pallone a Jalen Williams o Chet Holmgren, i quali potevano chiudere facilmente al ferro dato che il centro avversario era lontano dal pitturato. Dallas ha anche giocato in modo più tradizionale scegliendo la drop coverage per tenere uno tra Lively e Gafford più vicino al ferro, dove può contestare il tiro o stopparlo più agilmente. Questa tattica ha anche funzionato, ma non è stato complicato per i Thunder adattarsi. Shai e Jalen Williams, infatti, in queste situazioni sceglievano spesso di prendersi un jumper dal mid-range, un tiro che entrambi hanno nel loro repertorio e che aiuta l’attacco dei Thunder a non stagnare.

Un’altra tattica era quella di spostare Holmgren sulla linea del tiro da tre punti. Le sue abilità da tiratore fanno sì che non sia battezzabile, quindi i Mavericks potevano farlo seguire da Gafford o da Lively, ma in questo modo avrebbero lasciato il ferro scoperto. Dallas ha provato a fronteggiare ciò facendo in modo che il centro rimanesse vicino al ferro e che il difensore sul lato forte ruotasse per contestare Holmgren, ma i Thunder son riusciti a trovare una soluzione anche questo grazie ai tagli di Josh Giddey e Aaron Wiggins mentre la difesa texana stava switchando e gli accoppiamenti non si erano ancora formati. Dato che queste tattiche non funzionavano in modo efficace, Kidd ha scelto di inserire in campo Maxi Kleber e di togliere size alla closing lineup. Il tedesco, inoltre, nelle passate stagioni si è sempre rivelato un rim protector e un tiratore affidabile, ma in questa sta tirando con il 30% dal perimetro e la sua difesa non è al livello a cui ci aveva abituati, anche a causa di numerosi problemi fisici che ha patito negli ultimi mesi. L’unica strategia difensiva che ha funzionato è stata la difesa a zona con soft switch, quella che Dallas ha utilizzato nella buona vittoria di febbraio e che ha ostacolato l’attacco dei Thunder. Da quella partita Kidd non ha più utilizzato quella tattica, ma probabilmente potrebbe riproporla ai Playoffs.

Le sue tattiche difensive ai Mavericks sono state molto più fluide e meno dogmatiche, in un certo senso proprio come quelle di Vogel quando vinse l’anello con i Lakers. I gialloviola trionfarono nel 2020 grazie anche al fatto che potevano disporre a roster di difensori molto versatili. Al primo turno, contro Portland, Vogel ha optato per il quintetto small e ha usato Caldwell-Pope e Caruso per difendere su Lillard. Contro i Nuggets, alle Western Conference Finals, ha messo in campo quintetti con due centri per difendere su Jokic. Quella di Vogel è stata una grande prova di coaching ed è stato eccellente nel gestire il suo roster e nel fare i dovuti aggiustamenti in ogni serie. Kidd ha provato con lo stesso approccio contro nelle gare con i Thunder, ma è stato più confusionario. Per fare ciò che ha fatto Vogel serve avere una comprensione completa delle capacità dei giocatori a roster e probabilmente Kidd non la possiede, ma non è tutta colpa sua. Dev’essere difficile, infatti, ritrovarsi ogni volta a metà stagione con cambiamenti significativi a roster. Alla trade deadline di due anni fa i Mavericks scambiarono Porzingis, l’anno scorso arrivarono a Kyrie Irving e quest’anno hanno portato in Texas Gafford e PJ Washington. Il punto debole di Dallas è che non hanno principi difensivi chiari e un allenatore che può scegliere le tattiche sbagliate, ma in un roster in cui l’alchimia tra i giocatori si sta ancora sviluppando gli errori di Kidd possono essere ancora più fatali. Le chiavi dei Thunder in un’ipotetica serie contro i Mavericks sono chiare ed evidenti: bisogna confondere Luka Doncic con tanti accoppiamenti diversi e bisogna sfruttare le loro incertezze difensive.