Le parole di Desmond Bane sul trattamento riservato ai Memphis Grizzlies dalle altre squadre e sull’anima dello spogliatoio

FOTO: NBA.com

Nell’NBA degli ultimi due anni, i Memphis Grizzlies rappresentano il nuovo che avanza, sul campo e fuori. Sul campo, una qualificazione al secondo turno dei Playoffs e la competitività confermata in questa stagione. Fuori, una squadra senza alcuna paura di mostrarsi strafottente e fare trash talking, senza guardare in faccia a nessuno.

Se da un lato questo li aiuta nel consolidare la loro identità, dall’altro attira spesso e volentieri le antipatie delle altre squadre. Il culmine di tutto ciò lo abbiamo visto nella partita di Natale contro i Golden State Warriors.

In un’intervista nel podcast di JJ Redick “The Old Man and the Three”, Desmond Bane ha parlato del nuovo trattamento che le altre squadre nella lega riservano ai Grizzlies:


L’anno scorso eravamo i cacciatori, quest’anno siamo quelli cacciati. Quando arriviamo nelle arene capiamo che aspettano tutti di incontrarci, cerchiano la data sul calendario. Perché siamo forti e facciamo trash talking. Dobbiamo capirlo e avere il giusto approccio ogni notte

Capisco perché; abbiamo Dillon Brooks che non sta mai zitto, Ja Morant che parla sempre con i media, lo capisco.

Interrogato poi da Redick sul nome dell’anima dello spogliatoio, Bane non ha dubbi e sceglie Dillon Brooks:

Scelgo Dillon Brooks. Poi ognuno di noi fa il leader a modo suo. Steven Adams non è molto vocale ma si fa sentire con la presenza fisica sul campo. Jaren Jackson Jr non parla molto ma la sua presenza si sente. Io sono probabilmente quello che parla di più, ad esempio nei timeout. Anche Tyus Jones è un leader. Avere quattro/cinque/sei leader è segno di una grande squadra. Ma se devo scegliere uno di noi come anima della squadra, scelgo Dillon Brooks.

E’ il primo a presentarsi agli allenamenti, ed è sempre presente. Puoi contare su di lui per 82 partite, gioca sempre alla massima intensità. Quando giochi tante partite in pochi giorni avere un compagno del genere fa la differenza

Per l’intervista completa: