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Questo contenuto è tratto da un articolo di Louis Zatzman per Raptors Republic, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


La prima volta che i Toronto Raptors hanno affrontato i New Orleans Pelicans in questa stagione hanno messo in mostra una prestazione quasi imbarazzante (in positivo). I Raptors hanno vinto con uno scarto di 26 punti, portando il loro record a 5-14 attraverso la prima vittoria in trasferta della stagione. Toronto si trovava in una fase abbastanza ostica, certo. Ma quando una cosa negativa si incontra con una ancora peggiore, allora la prima non sembra poi così brutta. I Pelicans erano davvero inguardabili. Avendo comunque in mente la stretch dei canadesi in G-League a marzo 2024. Entrambe le squadre sono migliorate da allora. I Raptors sono finalmente per lo più in salute, con una winning streak di 4 partite all’attivo dopo la vittoria sugli stessi Pels, giocando uno stile di basket bello da vedere e divertente da giocare. Anche i Pelicans hanno di recente sostenuto una striscia di 4 vittorie di fila. Si approssimano sempre più ad uno stato di salute ottimale, con veri e propri professionisti NBA in quintetto. Ciò rende la vittoria per 113-104 ancor più importante dell’ultima volta che le due franchigie si sono sfidate. Quella fu una vittoria quasi casuale. Ma per una volta, invece, i Raptors sono riusciti ad ottenere una vittoria pronosticata. Vittorie costanti anche se tribolate, ottenute possesso dopo possesso da una squadra che oramai conosce se stessa. Vittoria del Titolo NBA a parte, questo era il marchio dell’era contrassegnata da Kyle Lowry. Ed è mancato. Per una notte, almeno, il confortevole torpore di quel ricordo è tornato a farsi sentire. 

La vittoria era attesa già dal copione stesso. Scottie Barnes ha condotto pick&roll “Spain”, e anziché pensare ad un passaggio arretrato per il bloccante (come era spesso abituato a fare), è andato a testa bassa ad attaccare il ferro in layup. Barnes ha anche servito Jakob Poeltl per appoggio facile dopo una giocata pick&roll. Il tempismo nel ritardare le azioni ha funzionato bene per tutta la partita. Ma ci sono stati anche fattori imprevisti in questa vittoria. Barnes ha lavorato in anticipo, andando alla ricerca del mismatch in post. Il raddoppio è provenuto dalla linea di fondo non appena Scottie ha preso palla, permettendogli di aggirarlo servendo Poeltl sotto canestro, pronto per 2 punti facili. RJ Barrett ha ben figurato in transizione. Chris Boucher è stato, come sempre, un assoluto cavallo pazzo (complimenti a lui).

Quando i Pelicans hanno cambiato, difendendo a zona per allentare la costante pressione dei canadesi nell’attaccare il ferro, i Raptors sono rimasti senza risposte offensive, almeno per un pò. Ma la difesa è riuscita a mantenere in piedi il fortino. Non è stata condotta attraverso giocate memorabili, ma è stata efficace. Scottie Barnes ha intimidito alcuni avversari a tal punto da condurli a perder palla o a sbagliare la conclusione. Barrett ha ruotato la marcatura vicino al canestro per aiutare perfettamente in verticale. E poco conta se Zion Williamson ha costruito la giocata in palleggio, lasciando di sasso Orlando Robinson, Poeltl o chiunque altro si sia trovato davanti. I Raptors sono sempre e comunque riusciti a tamponare ogni emorragia, localizzando ogni lacuna per risolverla, riuscendo a tenere la palla lontana dalla “zona calda” per non permettere ai Pelicans di iniziare una vera e propria scoring-run

La bench-unit dei Raptors ha inoltre offerto un’ulteriore spinta alla vittoria, come i tiepidi ricordi impongono. Jamal Shead ha messo una tripla in transizione, poi Boucher. Ed è ciò che accade quando le squadre sanno cosa stanno facendo. Trovano soluzioni, stanando ogni lepre dal suo rifugio. Coach Darko Rajakovic ha trovato il nucleo fondamentale per la bench-unit: combinare Poeltl e Barrett. Entrambi hanno un esiguo Net Rating in stagione (-5.35), ma i numeri non identificano la struttura che il duo riesce ad apportare. Forniscono sempre soluzioni di passaggio, tagli e offensive al ferro in attacco, qualcosa che può aiutare i Raptors a non dover confidare sempre sulle giocate in isolamento e che non si scosta dal loro sistema di gioco abituale. Barrett e Poeltl hanno offerto gran solidità contro NOLA. Barrett ha messo a segno punti pesanti. Poeltl ha dominato il tabellone come un condottiero. Hanno fornito un’opportunità di dai-e-vai a circa 2 metri dal ferro. Poeltl ha schiacciato con una lob dunk, provenendo dalla linea di fondo, servito da RJ. Dopo una mini scoring-run messa in pratica dai Pelicans nel 3° Quarto, Poeltl ha trovato Barrett per un layup dopo un possesso rallentato. Nel 4° Q Poeltl ha servito Barrett in backdoor per una slam dunk in solitaria. In tandem hanno tenuto in piedi la baracca, rappresentando il porto sicuro durante la burrasca.

Le buone squadre sanno trovare questo tipo di giocatori. E lo hanno fatto anche i Raptors. Il colpo da K.O. apportato nella prima parte della sfida è tornato a farsi sentire quando gli starter sono tornati in campo. Gradey Dick è tornato sul parquet con una tripla. Barnes ha attaccato il ferro subendo fallo svariate volte. Davion Mitchell ha spinto via CJ McCollum mentre provava un layup (quasi) solitario – per la precisione, in precedenza molti possessi canadesi erano terminati con poco o nulla per via delle sue giocate, ma comunque è riuscito a contenere McCollum nei vari tentativi di quest’ultimo di concludere a canestro.

Non tutto, però, è stato perfetto. Anche se Barnes è stato eccezionale in assistenza ai compagni, lo scoring è stato carente di cinismo. Si è intestardito nel concludere dal perimetro, sbagliando spesso il tiro. Non è riuscito a crearsi la giocata a metà campo, lanciando floater tra le molte mani in faccia. Il suo jumper dal mid-range lo ha abbandonato. Ma nonostante questi limiti, Scottie è riuscito ad estrarre la perla dall’ostrica. Ma ci sono state altre limitazioni: dopo una giocata disastrosa, Dick è rimasto claudicante. Le conclusioni dei Raptors, come al solito, sono quindi svanite. E le offensive condotte dalla point guard dei canadesi hanno fatto una fine simile. Ma nessuna delle due lacune è passata osservata. Quando ogni altra cosa è andata storta, i Raptors si sono settati sul Bruce Brown Time. I suoi floater hanno fatto suonare le campane, riuscendo a forzare un’infrazione di passi in fase difensiva grazie alla sua enorme pressione sull’avversario. Mitchell ha messo dentro una tripla in pull-up quando José Alvarado lo ha sfidato, provando uno dei suoi proverbiali recuperi sulla rimessa in gioco avversaria. Nell’ultima frazione Barnes ha in qualche modo racimolato punti, riuscendo a bloccare Williamson in campo aperto, con Poeltl a ripetere la giocata dopo alcuni possessi. 

Pochi tra i tifosi dei Toronto Raptors avrebbero potuto pensare che la loro squadra fosse così scarsa come lo è stata nell’avvio di stagione. Uno dei mantra più ripetuti era “too good to tank” (troppo buoni per il tanking). Ma non abbastanza per raggiungere i Playoffs, o simili. Ma il divario tra Raptors e, ad esempio, gli Washington Wizards, si stava assopendo nell’abisso ad inizio stagione. O almeno, si supponeva dovesse farlo. Per mesi il gap tra le due franchigie è stato più teorico che pratico. Innanzitutto, gli infortuni sono per lo più i responsabili di ciò. Ma la franchigia del Paese dalla bandiera con la Foglia d’Acero è poi tornata in salute, continuando però a perdere. Infine, pian piano, le cose hanno iniziato a volgere in positivo. Non tutto d’un tratto. Ma le brutte batoste e sconfitte hanno lasciato posto a quelle “etiche”, le quali si sono poi tramutate in vittorie. I Raptors si sono quindi ritrovati nel bel mezzo di una piccola winning streak. La loro fase difensiva è cresciuta, affilando zanne in grado di causare serie ferite agli avversari. Togliendo, quindi, chiunque da una posizione favorevole in vista della trade deadline, se si ponesse il caso – poiché, appunto, i Raptors potrebbero ancora essere coinvolti in qualche trattativa prima della deadline. Molte squadre trovano solidità nel corso della lunga Regular Season NBA. Toronto non è ancora così alla frutta per poter giacere sul fondo della classifica con gli Wizards. O, come si è potuto evincere, con i Pelicans. 

Forse si crede che l’incapacità dei Raptors di perdere con frequenza sia un aspetto negativo. Ma sono gusti personali, da tifoso. Ma il fatto è che, almeno per una notte, i Toronto Raptors si sono assicurati la vittoria. La sentivano in tasca già dall’arrivo nei parcheggi. Questa sensazione era solita accompagnare almeno metà delle partite stagionali in passato. Si pensava fosse un’emozione oramai andata. Ma la miglior recente striscia vincente della Eastern Conference – al momento 4 vittorie consecutive è la 2° migliore, a pari merito, realizzata a Est – ha fatto sembrare ai Raptors di essere tornati ai fasti del 2017. Una squadra che conosceva se stessa. E che aveva fiducia in ogni cosa. Ed è qui che finisce il paragone. Quei Raptors avevano la certezza della loro identità, da anni. I Raptors del 2025 lo stanno facendo da appena 2 settimane. Ma è già qualcosa: 2 settimane di certezze, di identità, di tiepidi ricordi che insegnano che i momenti delle brutte sconfitte non sono da deridere o dimenticare. Forse, forse, i Toronto Raptors sapranno usarli come rampa di lancio.