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La situazione di Damian Lillard, per quanto bloccata, necessita di essere spiegata tramite qualcosa di più di una mera osservazione. In queste ore, su Miami Herald, due voci autorevoli come Barry Jackson e Anthony Chiang hanno fatto un recap della questione, producendo anche una riga molto potente in termini di impatto mediatico: “Se Lillard dovesse essere scambiato con una squadra diversa da Miami, ci si aspetta che richieda di essere girato agli Heat”. Questa è ovviamente una deduzione a posteriori, frutto di tutto quello che si è sentito negli ultimi mesi, settimane, giorni etc. etc. etc.

Il problema di fondo non è tanto se Dame giocherà per una squadra X diversa da Miami, qualora dovesse finirci, ma in primis se esiste davvero questa squadra X disposta a rischiare tutto per la stella di Portland. Riprendendo al volo l’asse Florida-Oregon, la fase di stallo deriva dal fatto che i Blazers stiano cercando, giustamente, di spremere gli Heat il più possibile; questi, a loro volta, non hanno intenzione di liberarsi di asset fondamentali come Butler, Adebayo o altri role player come Caleb Martin, dal momento che l’arrivo di Lillard a quel punto non offrirebbe garanzie di successo così superiori. Così, mentre l’Herald riporta del disinteresse momentaneo di Portland a trattare con Miami (il fatto che si possa andare per le lunghe, dopotutto, è già cosa nota), quello che emerge da Wojnarowski di ESPN è che gli Heat stiano sfidando i Trail Blazers a trovare di meglio. E fanno bene.

Il terrorismo applicato da Shams Charania, come solo sanno fare i grandi media, impatta molto quello che è il sentimento comune vedendo le cose da fuori, così come i report di ormai qualche tempo fa – sui quali è intervenuta l’NBA – secondo cui l’agente di Lillard avrebbe chiamato le altre franchigie interessate avvisandole di non offrire pacchetti per il giocatore. Al di là del fatto che questo porterebbe a sanzioni pesanti, andando contro lo spirito del CBA, non sembra proprio un qualcosa che Dame possa permettersi di fare in alcun modo, tanto che Aaron Fentress (The Oregonian) spiega che il giocatore onorerà il proprio contratto ovunque andrà a finire, dal momento che un anno fermo ne minerebbe sia il valore, sia lo stato di forma in vista della Olimpiadi. Ad ogni modo, questo punto si scioglierà al training camp, vedendo quale sarà il comportamento della stella se dovesse trovarsi ancora a Portland.

Quindi, tornando alla domanda iniziale, esiste questa squadra X oltre Miami? Se Marc J. Spears ha accennato a un nome misterioso, pur con molte remore sulle possibilità che qualcuno si muova davvero, nelle ultime ore sarebbero emersi in forma esplicita i Toronto Raptors, che potrebbero corrispondere all’identikit. Secondo quanto riportato QUI, però, si tratterebbe solo di contatti preliminari con il giocatore e non di vere e proprie trattative. Perché? Perché il problema è che il rischio non vale la candela.

Damian Lillard giocherebbe assolutamente in qualunque squadra, ma cosa offre garanzie di qualità? Chi è disposto a offrire a Portland, che ha richieste altissime, un capitale enorme per assicurarsi i servizio di una stella che ha già richiesto lo scambio, e che ha una finestra breve rimasta per competere ad alti livelli? Il fatto che si possa avere un giocatore di questo calibro all’attivo in squadra è attraente, ma averlo scontento è un altro conto – Brooklyn docet. Ecco perché sarà Miami o niente per Damian Lillard: perché le offerte da parte di altra squadre scarseggeranno o non saranno soddisfacenti fino a inizio/metà stagione, quando ci si renderà conto che nessuno sarà disposto a offrire molto di più di quanto Miami metterà sul piatto per un affare che non dia le garanzie sperate. A quel punto, con ogni probabilità, Portland saprà di dover cedere. Sarà una cosa lunga, senza dubbio, e con queste deduzioni non si ritiene certo di avere arrogantemente la verità in tasca, ma al momento è difficile prevedere un esito molto diverso da questo.

Motivo per cui i Blazers sono da mesi alla ricerca di una terza squadra per limitare i danni, pur senza successo finora, in parte a causa delle ragioni elencate QUI. Paradossalmente, il giocatore al centro del mercato NBA rischia di essere quello con meno mercato in assoluto, soprattutto a pochi mesi di distanza da una trade deadline esemplificativa di quanto un progetto promettente e competitivo come i Nets possa essere annientato al solo schioccare delle dita di una (o più) superstar.