Un approfondimento sul playmaking, diventato virale, di Kyle Anderson.

Pensandoci bene, “Slo Mo” è un gran bel soprannome per il personaggio secondario di una serie comedy americana, o magari per un qualche poliziotto o camionista veterano che sa tutto della strada e fa così da aiutante al protagonista di un film poliziesco. Un nominativo amichevole e versatile, perfetto per Kyle Anderson, che nell’importantissima vittoria in Gara 4 ha rivestito un ruolo importantissimo, uno dei tanti della propria carriera e forse quello che gli riesce meglio: il vigile urbano. L’ex Grizzlies ha avuto sin qui un buonissimo impatto nella serie, dopo essere stato un fattore irrilevante, se non negativo, nel corso del secondo turno contro i Denver Nuggets – appena reduce da un infortunio sofferto già da Gara 1 contro i Phoenix Suns. La sua presenza in campo permette di piazzare uno dei migliori difensori del pianeta terra su Luka Doncic, dotato del mix perfetto di taglia e stazza per marcare lo sloveno (per quanto possibile nei limiti dell’umano); ma soprattutto aggiunge un grande playmaker a un roster che, a parte Mike Conley, non spicca per abilità nel decision making nella metà campo offensiva. Per quanto la sua presenza nei quintetti con Gobert e McDaniels possa rappresentare un bel problema in termini di spaziature, nel corso del finale di Gara 4 ha orchestrato a meraviglia l’attacco anche e soprattutto senza palla, indicando a tutti i compagni cosa fare e dove piazzarsi. Essenziali soprattutto i due possessi, in back-to-back, per rimettere subito in ritmo Karl-Anthony Towns nel quarto periodo, reduce da oltre 7 minuti in panchina per problemi di falli nonostante un terzo quarto da 10 punti:
La presenza di un portatore così grosso permette di poterlo usare come bloccante dopo il passaggio, ma ciò che salta subito all’occhio è il suo movimento delle braccia: prima indica a Towns di salire all’altezza del gomito per mettersi nella classica posizione di “horns”, poi urla a McDaniels di andare a spaziarsi nell’angolo opposto come previsto dal set. Il risultato è un esecuzione perfetta per l’uscita dal blocco di KAT, che sfrutta anche la posizione profonda di Doncic – più preoccupato probabilmente di un taglio di Edwards al ferro in caso di aiuto di Derrick Jones Jr. Anche se la giocata diventata (giustamente) virale è quella immediatamente successiva:
La difesa è completamente concentrata nel pitturato: Gafford lo presidia all’altezza della lunetta ignorando McDaniels, su Anthony Edwards (portatore) c’è PJ Washington, mentre il primo aiuto sul lato forte è quello di Derrick Jones Jr. che ignora Gobert ed è pronto a cambiare in caso di pick&roll; Doncic fa da low man helper senza nemmeno guardare SloMo, mentre sul lato debole Irving sta “fra i pali” in caso di scarico fuori per uno fra Towns e McDaniels. Si può notare come Kyle Anderson prima si sveni per far posizionare KAT in angolo, poi come indichi a Edwards di effettuare lo skip in angolo, nel frattempo posizionandosi per il blocco senza palla sul tentativo di closeout di Kyrie Irving. Playmaking puro, anche senza palla, ma importantissimo per un attacco a metà campo che fino a questo momento ha fatto tanta, troppa fatica nella serie, fattore determinante dal momento che è arrivata sempre meno produzione dalla fase di transizione. Un piccolo bonus è infine rappresentato dalla giocata che ha chiuso definitivamente la partita, dove Kyle Anderson ha semplicemente effettuato la rimessa:
Questo disegnato da Chris Finch e staff è un grande ATO (after time out): i Mavs vogliono e devono fare un fallo rapido per fermare il cronometro, così seguono lo scatto di Anthony Edwards dal cuore dell’area fino alla metà campo in due – Derrick Jones Jr., in marcatura, e Luka Doncic, di fronte a Slo Mo sulla rimessa; questa è però solo una tattica per liberare l’uscita di Mike Conley dal blocco in punta di Naz Reid, sulla quale PJ Washington applica un semplice cambio, mentre Kyrie Irving se ne accorge troppo tardi e insegue; alla fine, Naz Reid è liberissimo a centro area, mentre Doncic se ne è andato lasciando aperta la finestra di passaggio. La bravura di Kyle Anderson qui sta in primis nella pazienza, poi nella lettura e nell’esecuzione del passaggio a centro area anziché schiacciato per Conley, una linea di passaggio non banale e piuttosto “lunga”, che ben si presta a un intercetto, ma gestita con i tempi giusti. Giusti, come quelli di Slo Mo, forse unica nota positiva in toto per i Minnesota Timberwolves in questa Conference Finals.