FOTO: Bright Side of the Sun

Questo contenuto è tratto da un articolo di John Volta per Bright Side of the Sun, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Il roster dei Phoenix Suns, come ogni altro in giro per la NBA, ha delle falle. Anche quelli di Dallas Mavericks e Boston Celtics, hanno appena messo in scena il primo atto della serie di NBA Finals 2024. In alcuni casi sono più evidenti, il altri meno. Nel caso dei Suns si tratta principalmente di playmaking e ampiezza delle rotazioni. La franchigia confidava nel fatto che Devin Booker e Bradley Beal avrebbero costituito un backcourt dall’impatto nettamente migliore rispetto a quanto fatto. Sono due tiratori d’élite, che non hanno alcun problema a creare le proprie occasioni e capitalizzarle. Le loro abilità nello scoring avrebbero dovuto creare grossi grattacapi alle difese avversarie, no? E perché, invece, spesso non è andata così? Probabilmente perché il basket dipende maggiormente dall’impatto che un giocatore ha sugli altri attorno a lui piuttosto che sulle skills e abilità individuali. Le abilità al tiro sono solo un ramo di un albero di caratteristiche utili per vincere, tra cui saper creare spazi per i compagni e metterli nelle migliori condizioni. Basta osservare quanto compiuto dai Mavs: hanno farcito il backcourt, ma lo hanno fatto con due guardie eccellenti nel playmaking. Luka Doncic e Kyrie Irving non hanno alcun problema nel crearsi spazi e realizzare canestri, esattamente come Booker e Beal. La differenza tra i due backcourt è che il primo sa servire i compagni senza problemi e difficilmente commettono errori nel farlo nel clutch time per via delle loro lacune nel playmaking. Basta addentrarsi nell’argomento, osservando la media di assist stagionali, senza eccedere nelle statistiche avanzate, ma osservando semplicemente la media degli assist durante la Regular Season e nel clutch time. 


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Luka e Kyrie hanno messo insieme una media di 15.0 assist a partita e 1.3 nel clutch time. Il duo dei Suns, invece, 11.9 in totale e 0.8 nel clutch time. Inoltre, il backcourt dei Mavs ha prodotto 5.8 palle perse di media e 0.4 nei finali di gara combattuti. Ciò gli permette di avere un rapporto di 2.6 assist su turnover in Regular Season e 3.25 nel clutch. D-Book e Beal hanno messo a referto 5.1 palle perse in totale e 0.3 nei finali di gara, che si traduce in un rapporto di 2.3 in stagione e 2.6 nel clutch time. Colmare la lacuna nel playmaking è qualcosa che anche coach Mike Budenholzer è voglioso di migliorare, affermandolo sin dalla sua conferenza introduttiva. 

“I colloqui sono stati fantastici e non c’è dubbio che dobbiamo dare un’occhiata all’intero roster, in particolare alle point guard. Sono certo che sia un tasto dolente qui, che sia con i ragazzi, coi tifosi, il Front Office o i media. Dobbiamo pensarci bene: dobbiamo adattarci a giocare senza, oppure trovarne una valida.”

“Dobbiamo essere versatili e giocare in differenti e svariate maniere: quintetto big, quintetto small ed altro. Penso che il ruolo di point guard sia comunque fondamentale.”

Coach Mike Budenholzer

Il vuoto deve essere colmato, e dovrebbe essere una priorità per i Phoenix Suns. Ci sono playmaker da poter inserire in quintetto disponibili in Free Agency o via trade? Probabilmente no, a meno che James Harden non accetti il minimo salariale da Unrestricted free agent. La scelta migliore sarebbe quella di vagliare il mercato dei free agent alla ricerca di trovare il miglior fit per il roster, consapevoli del fatto che il prescelto dovrebbe condividere il parquet a tratti con Booker ed per altri con Beal. Un asset a loro disposizione è la scelta #22 all’NBA Draft. Tuttavia, dai workout effettuati parrebbe chiaro che i Suns non siano intenzionati a selezionare un playmaker con la loro pick.

Dovrebbe essere la scelta giusta, anche perché una giovane point guard avrebbe bisogno di tempo per crescere e abituarsi al ritmo partita della NBA. Ci sono alcuni giocatori a livello collegiale o internazionale, capaci di adattarsi istantaneamente e avere un impatto positivo sulle nuove loro squadre in NBA, ma di solito vengono scelti a inizio Draft, non resistendo fino alle ultime scelte del First round. Se la franchigia dell’Arizona dovesse scegliere una point guard con la loro #22, ci sono alte possibilità che risulti uno spreco. Sarebbe certamente un’aggiunta numerica nelle rotazioni, ma non dal punto di vista della consistenza del playmaking. Gettare un giovane playmaker in un contesto di elevato stress e aspettative come quello del playmaking dei Suns equivarrebbe a sacrificarlo. Quel ruolo necessita di un giocatore più meditativo e dall’approccio comprensivo del gioco, che sappia condurlo contro le difese schierate avversarie e riuscendo a mettere i compagni nella miglior posizione possibile per fare centro. Tutto ciò non si ottiene tanto facilmente con una #22: è più facile trovare dei lunghi atletici e dotati di stazza, che possono confidare su doti e attributi fisici per avere successo mentre apprendono l’aspetto mentale delle sfide. Sarebbe meglio puntare su giocatori come Yves Missi, Tyler Smith, Kyle Filipowski o Bobi Klintman. Non su altri come Isaiah Collier e KJ Simpson. Non si colma la lacuna nel playmaking dei Suns con giocatori del loro calibro. E parrebbe che la squadra allenata da coach Mike Budenholzer concordi con quest’opinione. Hanno sottoposto a workout Fardaws Aimaq, Tristan Enaruna, Trentyn Flowers, Jaylon Tyson e Jaylin Williams. E ovviamente anche Bronny James (ne abbiamo parlato QUI). Nessuno di essi è una point guard, nonostante ce ne siano ancora disponibili. Questi, infatti, sembrerebbero giocatori adatti a una Second Round pick. Oppure da scambiare per ottenere un paio di pick migliori. La Free Agency è tutta un’altra storia. Non ci sono parecchie point guard a disposizione per una franchigia che non ha molto tempo per attendere il prossimo fenomeno offensivo. Ecco come i Suns dovrebbero spendere tempo ed energie: cercando tra i disponibili e provare ad imbastire discorsi per convincerli ad unirsi alla causa dei Phoenix Suns.