Stephen Curry si è raccontato ai microfoni di JJ Redick nel podcast “The Old Man and the Three”

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Vedere Stephen Curry impegnato in dichiarazioni e riflessioni pubbliche non è cosa da tutti i giorni. A discapito delle apparenze, il numero 30 è infatti molto riservato. Dopo mesi di “corteggiamento”, l’ex giocatore JJ Redick è riuscito ad averlo come ospite d’eccezione nel suo famoso podcast “The Old Man and the Three”, per un’intervista di circa un’ora e 40 minuti.

Spaziando tra passato e presente, i temi affrontati sono stati tanti. Vediamone qualcuno tra i più interessanti.


  • I look-away dopo le triple

Da buon ex-tiratore specialista, Redick non può fare a meno di chiedere a Curry della massima espressione della fiducia nei suoi mezzi, ovvero del gesto di girarsi dall’altra parte subito dopo aver rilasciato un tiro. In particolare, la domanda è sull’origine:


Era Gara 3 o Gara 4 della nostra prima serie Playoffs contro Denver nel 2013. Eravamo nel terzo quarto, penso di aver segnato qualcosa come 20 punti nel quarto, e una delle ultime triple è stata proprio di fronte alla panchina di Denver. [pausa in cui parla dell’Oracle]. C’era JaVale McGee in piedi e 5 o 6 giocatori intorno a lui, ho ricevuto la palla in angolo e in quella situazione senti sempre gli insulti della panchina dietro di te, ma è stata un’out-of-body experience, ho tirato e non ho mai sentito il tiro uscire meglio di così. Mi sono girato, ho guardato JaVale, sono corso indietro e il tiro è entrato. Non ho nemmeno controllato se andasse dentro, ho solamente aspettato il rumore del pubblico. È stato un momento davvero speciale.

  • L’MVP delle Finals mancato nel 2015

Nonostante la vittoria del titolo, uno degli episodi più controversi della carriera di Curry rimane la mancata assegnazione dell’MVP delle Finals del 2015, assegnato invece a Andre Iguodala. Redick chiede dunque a Steph se pensasse di meritarlo:

Non avremmo vinto se io non avessi giocato in quel modo, e penso di aver giocato molto bene, ma non avremmo vinto nemmeno se Andre non avesse giocato in quel modo. Probabilmente entrambi pensavamo di meritarlo. Quando ha sentito il suo nome era tipo “no, è lui” indicandomi, e io avrei fatto la stessa cosa. È stata un’esperienza tipica da Warriors, e lo stesso è stato poi con KD.

  • Il cambio di allenatore non voluto

Forse non tutti sanno che una volta Curry tentò di bloccare una decisione del front office. Era il 2014 e Bob Myers non era più convinto dell’operato di Mark Jackson, optando quindi per l’esonero. Steph provò a opporsi:

Ho lottato molto perché non volevo che licenziassero Mark Jackson. Bob mi disse “mi fido di te, so che lo pensi per il bene della squadra, ma non scombinarci i piani”. Gli risposi di aiutarci a raggiungere il livello successivo. E’ arrivato Steve e abbiamo vinto il titolo la stagione successiva.

  • La sconfitta alle Finals 2016

Nonostante i quattro titoli conquistati, la debacle alle Finals 2016 rimane una ferita ancora aperta nella carriera del due volte MVP. Tuttavia, le sue sono più che altro parole di elogio per LeBron James e Kyrie Irving:

Quello che dico su quella serie è che non ho mai visto due giocatori giocare a quel livello per tre partite consecutive. Noi abbiamo giocato bene, loro hanno semplicemente giocato meglio. È stata dura essere li a guardare e non poterci fare nulla.

Non poteva mancare il ricordo amaro del possesso decisivo di Gara 7, in cui Curry forzò un improbabile tiro dall’arco in isolamento contro Kevin Love:

Se c’è una giocata che so per certo avrei potuto fare in modo diverso è sicuramente quella. C’era molto più tempo sul cronometro di quanto pensassi, e nella mia testa volevo rispondere alla tripla di Kyrie. Ho forzato il tiro e abbiamo perso.

  • Gara 4 al TD Garden e il titolo 2022

Passando a un ricordo molto più positivo, Redick esorta Curry a parlare della famosa prestazione da 43 punti in Gara 4 delle ultime Finals, il crocevia decisivo per la conquista dell’anello, e in particolare dell’urlo liberatorio già a partire dal primo quarto di quella partita:

Ho approcciato quella partita in modo particolare. Avevamo esperienza in quel palcoscenico, era la sesta volta, ma è stato diverso perché era Boston ed era un ambiente molto ostile. Siamo stati testati in maniera nuova, con un’intera fan-base che attaccava costantemente in modo pesante un nostro compagno (Draymond Green, n.d.r.). Abbiamo perso Gara 3 in quell’ambiente, e abbiamo capito che sarebbe stata una guerra; lo sapevamo già ma in quel caso richiedeva una risposta emotiva diversa. È arrivata Gara 4, sotto 2-1, e dopo qualche minuto eravamo già in svantaggio 12-4; abbiamo recuperato lentamente e dopo una tripla ho urlato al pubblico che sarebbe stata una partita diversa. Mia madre si è arrabbiata per il mio linguaggio ma volevo far capire che noi c’eravamo.
Da lì è iniziato il filotto di tre partite per il titolo, e Gara 4 è sicuramente la mia miglior partita in carriera. Anche per la posta in palio, se avessimo perso quella partita forse non avremmo più avuto l’opportunità di vincere un titolo.


Qui sotto potete trovare l’intervista completa: