Ci ha lasciati 34 anni fa, ma oggi la sua tragica storia vive ancora.

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FOTO: AP Photos

Questo articolo, scritto da David Steele per The Undefeated e tradotto in italiano da Alessandro Di Marzo per Around the Game, è stato pubblicato in data 28 novembre 2020.


19 giugno. Ogni volta che arriva questo giorno, anche con il passare degli anni, ci si rende conto che la ferita non si sta chiudendo affatto, e che il dolore sembra non alleviarsi mai.


Chi non conosce la storia pensa che il dolore, dopo tanto tempo, non possa che essere passato quasi del tutto. Ma chi è abbastanza anziano da aver vissuto la storia o comunque chi la conosce, pur non essendo ancora nato nel 1986, non può che dissentire.

“Dov’eri quando sei venuto a sapere della notizia?” – è questa la domanda che molti pongono quando si parla di Leonard “Len” Bias, seconda scelta assoluta dei Boston Celtics al Draft 1986, dalla University of Maryland.

Si sono disputate 34 NBA Finals da allora, 34 stagioni dei Celtics (che erano i campioni in carica, al momento della scelta), 34 di Maryland senza Bias, ma resta impossibile staccarsi definitivamente da ciò che ha lasciato alle culture che aveva coinvolto.

Rimane immortale, e la sua storia rimane una grande lezione sulla morte.

Bias avrebbe dovuto lasciare un’eredità fatta di grandi giocate e grandi vittorie sui campi NBA; la sua “legacy”, però, si è formata solamente a seguito della sua tragica scomparsa, e nessuno avrebbe potuto prevederlo.

Alcune conseguenze hanno avuto enorme rilevanza dal puntosi vista legale: il 27 ottobre 1986, infatti, il presidente USA Ronald Reagan firmò l’Anti-Drug Abuse Act, in parte ispirato dalla vicenda Bias e per questo conosciuto anche come Len Bias Law.

Sono tanti i giocatori ad ammirarlo ancora oggi, come Karl Anthony Towns, che ai tempi del college ha affermato di averlo come punto di riferimento.

Nel maggio del 2019 la madre, Lonise P. Bias, ha tenuto una conferenza al campus dell’Università di Maryland parlando a nome della famiglia:

“Ci sentiamo davvero onorati e sbalorditi quando pensiamo che, dopo 33 anni, la gente parla ancora di Len…”


FOTO: The Boston Globe

“Sbalorditi”. Sorprendente, ma perché esserlo, quando nel 2019 parli con la stessa profondità del 1986 a Cold Field House (il complesso sportivo di Maryland)?

Nella conferenza in questione la madre ha poi voluto promuovere un libro uscito nell’autunno del 2018: “Lessons From Lenny: The Journey Beyond a Shooting Star”, scritto da Tony Massenburg e Walt Williams, ex giocatori di Maryland. Il titolo riflette in pieno le contraddizioni presenti nella legacy che ci ha lasciato: abbiamo infatti la possibilità di imparare da ciò che era come giocatore e persona, ma allo stesso tempo siamo anche avvertiti severamente riguardo a ciò che dobbiamo evitare.

Quel giorno, tra la folla che riempiva la sala da ballo in cui si tenne l’evento, un uomo indossava una replica della canotta di Bias: merce tutt’altro che rara nei dintorni del college, molti spettatori delle partite di pallacanestro ne hanno una.

Ma l’abbigliamento che lo ricorda non è l’unico elemento in cui Bias è ancora onnipresente: i ricordi delle sue giocate, infatti, non se ne sono mai andati. Come non menzionare un due volte giocatore dell’anno ACC quando si discute riguardo a chi sia stato il più grande giocatore di sempre di quella Conference? Oppure, ancora: come non ricordare la performance da MVP del 1984, se si parla di grandi partite del passato del college basketball?

Una delle più celebri prestazioni, ad ogni modo, è quella del 1986 contro North Carolina, che ha visto i Tar Heels perdere la prima partita della loro storia al Dean Dome all’overtime, col punteggio di 77-72. Quella sequenza di giocate spettacolari di Bias è rimasta scolpita nel cuore degli spettatori:

Tutto ciò non può che generare un enorme “What if”.

Bias sarebbe diventato un giocatore del livello di Michael Jordan, collega per due anni nella Atlantic Coast Conference? Cosa ne sarebbe stato della dinastia Celtics, con lui? Quest’ultima domanda, in particolare, è stata sollevata spesso nel 2008, quando Boston vinse il suo diciassettesimo titolo dopo ben 22 anni di digiuno.

Ma, oltre al mondo Celtics, che impatto ha avuto l’evento sulla Lega? Cercare risposta a domande impossibili come questa sembra una perdita di tempo. Oggi quelli che erano suoi coetanei sono ormai uomini di mezza età che allenano, commentano partite o sono nella dirigenza delle franchigie NBA. Alcuni come Bias, però, sono morti o hanno visto svanire certe occasioni, proprio a causa di problemi con la droga.

La redenzione di Maryland sembra recentissima, quando in realtà il titolo NCAA è arrivato nel 2002, ben 18 anni fa. Questo significa che, tra pochissimo, al college ci saranno ragazzi che non erano nemmeno nati quando i Terrapins hanno battuto Indiana al Georgia Dome (lo stadio, oggi, non esiste nemmeno più).

Anche il documentario ESPN “Without Bias” è uscito già 10 anni fa, mentre sono ben 6 gli anni trascorsi da quando Bias è stato inserito nella Athetic Hall of Fame dell’università.

E non finisce qui: Lefty Driesell, l’allenatore della squadra del 1986 licenziato pochi mesi dopo la morte di Bias, è stato infatti inserito nella Naismith Hall of Fame nel settembre del 2018. Non erano pochi quelli a pensare che tra i due ci fossero stati tanti scontri; tuttavia Driesell, oggi 87enne, ha dichiarato di non aver mai puntato il dito contro di lui. Anzi, non ha mai smesso di parlare di lui (chiamandolo anche “Leonard”, appellativo utilizzato anche al Cole Field House davanti ai giornalisti, mentre si asciugava le lacrime).


FOTO: NBA.com

Dopo l’entrata nella Hall of Fame, Driesell ha parlato a una radio di Baltimora, spiegando che vorrebbe fortemente vedere il nome di Bias accanto al suo a Springfield:

“Leonard, a mio avviso, sarebbe sicuramente stato parte della Hall of Fame. Era davvero, davvero forte. Non so se sarebbe stato simile a LeBron James, ma di certo avrebbe avuto un impatto simile. È triste tutto questo, ci penso tutto il tempo”.

Purtroppo, il ricordo di Len torna più vivo che mai anche ripensando ad un’altra morte di un allievo della Maryland University, quella di Jordan McNair, scomparso il 13 giugno 2018 per un improvviso colpo di calore a seguito di un allenamento di football. Un altro decesso tragico e certamente evitabile.

“Il nome di Len Bias è scritto nei libri di storia” , ha dichiarato più volte la madre di Bias durante i suoi discorsi pubblici. E ha ragione.

Suo figlio è un pezzo di storia da 34 anni, e continuerà ad esserlo.