Nikola Jokic non sta giocando al livello a cui ci ha abituato, e i Nuggets ne risentono

Questo contenuto è tratto da un articolo di Troy Renck per The Denver Post, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


Quasi ogni domanda ha portato a una confessione.

I Nuggets, con i corpi doloranti e le teste che scuotevano, hanno faticato ad affrontare la gelida realtà del loro crollo nella sconfitta per 105-102 in Gara 2 contro i Clippers.

Ma non su chi dare la colpa. Michael Porter Jr. ha girato per lo spogliatoio chiedendo scusa ai compagni per un passaggio di uscita avventato che ha portato a una palla persa e a una spalla sinistra infortunata.

«Mi dispiace», ha detto ad Aaron Gordon. «Questa partita è colpa mia.». Gordon gli ha assicurato, giustamente, che non era così.

I Nuggets hanno sbagliato otto tiri liberi. Gordon ha mancato una schiacciata con 2:43 da giocare. David Adelman ha scelto di non chiamare un timeout quando i Nuggets hanno recuperato palla per l’ultimo possesso, il che ha portato a una sequenza caotica.

Christian Braun ha sbagliato un tiro da tre da 8 metri per pareggiare a 5 secondi dalla fine. E Nikola Jokic ha chiuso con una tripla doppia più simile a un dipinto con le dita che a un Picasso, commettendo sette palle perse e tirando dopo soli tre secondi da un rimbalzo offensivo nel quarto quarto.

«Tutti possiamo dire quello che ha detto Porter. CB può incolparsi per il tiro da tre sbagliato. Io posso incolparmi per le palle perse», ha spiegato Jokic ben oltre mezzanotte nella sua conferenza stampa. «Possiamo incolparci a vicenda. Ci teniamo, quindi è una cosa buona.»

Un colpo così fa riflettere. Ed è scomodo.

I Nuggets sono in cattive acque ora che la serie si sposta a Los Angeles, se Jokic è solo “buono”. Murray ha giocato nonostante un malanno che lo ha costretto a indossare maniche lunghe sotto la maglia, segnando 23 punti. Porter è uscito dal nulla, chiudendo con 15 punti e 15 rimbalzi.

E i Nuggets hanno comunque perso.

Jokic era infuocato, la faccia rossa mentre supplicava gli arbitri dopo vari contatti con Ivica Zubac. Nessuna stella NBA ottiene meno fischi del tre volte MVP. Ma l’arbitraggio non è stato il problema quanto la difesa dei Clippers.

Giocano con tenacia, con mani veloci. Hanno forzato 20 palle perse.

Mandano più difensori su Jokic, a volte anche tre contemporaneamente. Tagliano le linee di passaggio quando lui mette palla a terra, limitando le occasioni facili. Inseriscono concetti di zona per eliminare i tagli sul lato debole.

E Zubac è fastidioso, quando non sta simulando — cosa che anche Jokic ha iniziato a fare in questa serie perché ne ha visto l’efficacia.

«Voglio dire, ha comunque fatto 26 punti con il 50% al tiro, ma si tratta di fargli sudare ogni singolo punto», ha detto Zubac. «Rendere tutto difficile, giocare fisico, e solo — sappiamo che non lo fermeremo, quindi bisogna solo rendergli la vita il più dura possibile.»

Aumentare la difficoltà per Jokic richiede che i suoi compagni lo aiutino. In Gara 1, Russell Westbrook ha chiuso in bellezza. Ma con tre vittorie ancora necessarie nelle prossime cinque partite, non è sostenibile.

In Gara 2, Jokic, anche se Clippers non stavano facendo nulla di straordinario, ha rinunciato a tiri aperti. Ha tentato solo sei conclusioni nel primo tempo. Questo tipo di calcolo non funziona contro una squadra con Kawhi Leonard e James Harden.

Questa serie è diversa dalle tre vittorie di fine Regular Season — più fisica, più brutta, meno indulgente. I Clippers giocano con urgenza, con rabbia. Per lunghi tratti, i Nuggets hanno pareggiato l’intensità, incluso un sollevamento in stile “muletto” di Norman Powell da parte di Murray nel terzo quarto, che è stato a un passo da una presa da UFC.

La tensione è aumentata durante tutta la partita, con Powell che ha più volte colpito Murray senza fischi arbitrali. Quello scontro avrebbe dovuto essere la scintilla, con il pubblico che applaudiva la reazione di Murray e fischiava Powell.

Ma non c’è stato nulla di speciale nel finale, se non la sua stranezza. Tiri liberi sbagliati, passaggi scellerati, marcature sbagliate, e Jokic che sembrava vulnerabile dopo 43 minuti in campo.

La narrativa nazionale era che i Clippers avrebbero dovuto sentirsi meglio dopo la sconfitta di sabato rispetto a come si sentivano i Nuggets dopo la vittoria. Ora si può dire lo stesso, al contrario, per la partita di lunedì.

Ma Los Angeles non è terra fortunata, e i Clippers sono entrati nel cuore dei Nuggets. Hanno tolto spazio a Jokic. E alcune pedine si sono scambiate. Leonard aveva sette palle perse in Gara 1. Jokic lo ha eguagliato lunedì. Westbrook è calato, mentre Powell si è goduto la ribalta.

In una serata in cui ogni dettaglio contava, i Nuggets hanno commesso grandi errori. La loro panchina è composta da una sola certezza (Westbrook) e due incognite (Peyton Watson e Jalen Pickett). I residui della guerra fredda tra Michael Malone e Calvin Booth continuano a emanare un cattivo odore, tra l’ex allenatore riluttante a usare i giovani e l’ex GM incapace di dargli alternative migliori.

Possiamo però ricordarci che i Playoff non sono una strada liscia, che notti del genere capitano.

«Ho visto fare cose che non ho mai visto fare da quando sono qui», ha detto Gordon. «Se sistemiamo queste cose, saremo a posto.»

La tentazione è quella di credergli.

Ma la verità resta: i Nuggets non hanno abbastanza talento per resistere con un Jokic che vive momenti così fuori dal comune.