Grant Williams ha iniziato alla grande la stagione. L’ala dei Celtics ha conquistato la fiducia di Udoka: è lui il role player su cui puntare?
La stagione 2020/21 dei Boston Celtics è stata un disastro su quasi tutta la linea. La squadra che aveva accarezzato il sogno delle NBA Finals appena sei mesi prima non esisteva già più. Il gruppo era ormai saturo, le uniche certezze rappresentate dal duo Tatum-Brown, con quest’ultimo infortunatosi proprio a ridosso dei Playoffs.
A tutti sembrava necessario un cambio di rotta e la scossa non ha tardato ad arrivare. Al termine della serie di Playoffs persa 4-1 contro i Nets, lo storico General Manager Danny Ainge ha rassegnato le dimissioni, affidando il timone a Brad Stevens, che ha lasciato la panca per approdare al piano di sopra. La rivoluzione ha così avuto inizio.
L’ex-coach ha nominato come suo successore Ime Udoka, a cui spetta adesso il compito di plasmare, quasi da zero, un gruppo con poche certezze e tante incognite. Il roster è stato stravolto con le partenze illustri di Kemba Walker e Tristan Thompson ed il ritorno di Horford, tutte e fare da apripista ad un’estate molto movimentata in quel di Boston.
L’idea è chiara: costruire un roster competitivo imperniato su Jayson Tatum e Jaylen Brown, cercando al contempo di mantenere una certa flessibilità salariale. Gli arrivi di J-Rich, Schroeder e Kanter, oltre ai rinnovi di Smart e Robert Williams, vanno in questa direzione.
Nonostante le ottime premesse estive la stagione dei Celtics non è iniziata come previsto. La squadra sta faticando a trovare continuità in attacco e manca di comunicazione in difesa; sembra quasi che gli spettri della passata stagione non siano ancora stati scacciati. Udoka predica calma e sperimenta, giustamente, sia a livello di rotazioni che di minutaggio dei vari interpreti, peccando qualche volta di normale inesperienza.
In questo clima di inizio Regular Season sta risultando bravo a farsi trovare pronto, su tutti, Grant Williams, in cerca di riscatto dopo una complicata annata da sophomore.
Play and rewind: i primi due anni di Grant Williams in NBA
Nel Draft 2019 i Boston Celtics erano alla disperata ricerca di talento da aggiungere ad un roster sulla carta pronto per il grande salto. Dopo aver puntato con la 14esima scelta assoluta su un progetto a lungo termine come Romeo Langford, la 22esima pick viene utilizzata per selezionare Grant Williams da Tennessee University. Ainge e soci si ritengono soddisfatti: in tutti i report pre-draft Williams viene descritto come un potenziale glue-guy di livello, un versione lite di Draymond Green.
Grant è un’ala grande di 198 cm x 107kg con 211cm di wingspan. Passatore di buon livello, rimbalzista di qualità e difensore d’elitè, Williams ha il suo principale punto di forza offensiva nel post basso. Il baricentro basso infatti gli consente di spostare gli avversari senza fatica, arrivando spesso a creare separazione per un comodo layup o un’apertura per i compagni.
Gli enormi dubbi che si portava dietro Grant erano legati al suo essere undersized per il ruolo (troppo piccolo per tenere i quattro, troppo lento per switchare sulle ali piccole) e al suo tiro perimetrale. Williams ha chiuso infatti la sua ultima stagione a Tennessee con il 29.1%, troppo poco per poter essere un fattore al piano di sopra.
I Celtics decidono di puntarci come potenziale sostituto di Al Horford, finito ai Sixers, e Brad Stevens sembra apprezzarne sin da subito le qualità difensive ed il QI cestistico. Grant si rivela nell’immediato abile a switchare sui cambi in difesa e diventa uno dei migliori contestatori di tiri della NBA. I suoi problemi si dimostrano tutti di natura offensiva. La maggior parte dei suoi punti (3.4 ppg in 15 minuti sul parquet) proviene infatti da rimbalzo offensivo o da situazioni statiche in post basso, mentre il tiro (25% da tre a fine stagione) è pressoché inesistente.
Se il rookie year lascia buone speranze per il futuro, l’anno da sophomore è molto sottotono. Williams, in piena linea con il resto della squadra, non riesce mai ad entrare in ritmo e spesso sembra faticare anche in difesa. I Celtics non vivono un periodo semplice e Grant ne risente molto.
A fine stagione i suoi numeri sono in crescita rispetto alla precedente annata (4.7 ppg in 18 minuti, 2.8 rpg), pur tuttavia il calo complessivo delle prestazioni non permette un giudizio oggettivo sulla crescita. L’unica nota lieta sembra essere un miglioramento della meccanica di tiro: i tentativi però sono troppo pochi per farne un campione statistico rilevante.
L’estate della svolta: Williams (ri)conquista i Celtics
Durante la offseason il nome di Grant Williams finisce spesso nella lista di coloro che potrebbero lasciare Boston. I tifosi che tanto avevano amato i suoi modi da nerd ed il suo impegno per il sociale ora invocano la trade, la sua permanenza sembra tutt’altro che scontata nonostante sia ancora in rookie scale a livello salariale.
Il nativo di Houston però non si lascia condizionare dai rumors, e trascorre l’estate lavorando duramente sul proprio fisico per presentarsi in forma smagliante al training camp. I risultati non tardano ad arrivare: Williams appare molto più asciutto e tonico rispetto alle passate stagioni e impressiona positivamente il nuovo coaching staff.
Grant sin dalle prime, complicate, uscite conferma i miglioramenti al tiro della passata stagione, ma lo fa con una rinnovata fiducia nei suoi mezzi. La forma di tiro è molto più unitaria e fluida, non ci sono più esitazioni, tanto che le 24 triple segnate nell’anno da rookie (che gli valsero il soprannome di “Ben Simmons”) sono ormai un lontano ricordo. Se nella stagione 2020/21 Grant aveva tentato 52 triple dall’angolo realizzandone 23, solo nei primi mesi di questa stagione ne ha già tentate più di 40 con una percentuale realizzativa sopra il 51%.
In generale il #12 dei Celtics sta tirando con un ottimo 42.4% (ventiduesima miglior percentuale in NBA) dal perimetro con 3.4 tentativi, un’autentica benedizione per le spaziature in quel di Boston. Prima di questa stagione, infatti, Williams veniva battezzato dalla linea dei tre punti, causando non pochi problemi alla fluidità della manovra offensiva. Grant in fase di ricezione risultava prevedibile e consentiva alla difesa di concentrarsi sui principali scorer.
Oggi l’ex Tennessee rappresenta un enigma per gli avversari che tendono a lasciarlo ancora tirare con discreta libertà (43 delle sue 58 triple sono arrivate senza un difensore nel giro di due metri), pur pagando spesso dazio. Se la tendenza dovesse continuare, anche le difese più scettiche dovranno iniziare a rispettare il suo tiro.
Williams è diventato per questi motivi, oltre che per un buon apporto difensivo, una pedina quasi insostituibile nello scacchiere tattico di Ime Udoka. L’ex-assistente di Popovich lo ha provato più volte in diversi quintetti: da 4 con Timelord da 5, in coppia con Horford per avere un duo di lunghi versatili e abili nei cambi, da 5 in quintetti piccoli per agevolare le penetrazioni di Tatum e Brown. Grant è molto più coinvolto nella costruzione della manovra, i compagni lo cercano con insistenza e lui ne trae beneficio per trovare ritmo offensivo.
È difficile dire quanto margine di crescita possa avere Grant Williams.
Il ragazzo, che si presentava come macchina da intangibles, sta diventando un importante role player con un potenziale futuro da lungo 3&D, merce sempre più richiesta nella NBA moderna. Le percentuali con ogni probabilità caleranno, soprattutto in ottica Playoffs, dove le difese alzano il livello. Tuttavia, se si dovessero assestare su un 36/37%, sarebbe oro per le spaziature di Tatum e soci.
Anche i tifosi lo sostengono di nuovo: Grant Williams si è (ri)conquistato i Boston Celtics.