Il tempo delle valutazioni è finito: i Golden State Warriors devono decidere cosa vogliono fare da grandi

I Golden State Warriors sono entrati in un vortice in cui ogni stagione sembra seguire lo stesso copione. Una continua alternanza tra vittorie esaltanti e sconfitte estremamente deludenti, anche a distanza di due giorni, che li porta a navigare nella mediocrità delle posizioni da Play-In. La presenza di Stephen Curry e Draymond Green alza le aspettative, la realtà dei risultati le abbassa.

Rispetto alla squadra che ha vinto il titolo due anni e mezzo fa hanno salutato Jordan Poole e Klay Thompson. Oggi il roster è pieno di difetti, e lo stesso core principale non sembra più avere le energie mentali per sostenere una Regular Season di alto livello.

Kuminga è l’occhio del ciclone

E poi ci sono le voci di mercato. La maggior parte di esse, da ormai due anni, riguardano Jonathan Kuminga.

La carriera della settima scelta assoluta del Draft 2021 è stata finora una lunga corsa sulle montagne russe. Kerr ha cambiato il suo ruolo all’interno della rotazione almeno una dozzina di volte, non dimostrando mai fiducia totale nei suoi confronti. Kuminga, dal canto suo, non ha fatto veri e propri passi in avanti; è un giocatore che sfrutta il suo atletismo straripante per difendere sulla palla e attaccare il ferro, ma ha ancora lacune nel tiro da fuori e nel decision making.

Per lui Golden State ha rinunciato a diverse opportunità negli ultimi due anni, una su tutte l’accordo che avrebbe portato OG Anunoby nel febbraio 2023. Eppure, in estate non è arrivato il rinnovo, e nel giro di qualche mese il congolese diventerà Restricted Free Agent.

In tutta questa incertezza, e con la stagione degli Warriors che fatica a decollare, il front office si affida ancora al caro vecchio alibi del “Lo stiamo valutando”. E la sensazione è che all’interno ci sia una spaccatura interna più o meno implicita, tra un reparto tecnico che vorrebbe puntare aggressivamente sul presente e un reparto societario che non vuole passare il rischio di attraversare una lunga fase di tanking negli anni post-Curry.

Le recenti prestazioni di Kuminga stavano in qualche modo assecondando l’eterna attesa del front office, ma l’infortunio subito due giorni fa contro i Grizzlies rischia di cambiare lo scenario. Il 21enne sarà fuori dei giochi per almeno 11 partite, e quindi oltre la data della trade deadline.

Non c’è più niente da valutare. Ora gli Warriors devono decidere cosa vogliono fare da grandi. Se credono ancora nella Curry era, Kuminga va scambiato senza se e senza ma, magari insieme ad un paio di future scelte al primo giro tra quelle a disposizione, per ottenere il giocatore migliore possibile in ottica Playoff. Altrimenti, il massimo a cui i Dubs potranno ambire sarà una triste uscita al primo turno.

In tal caso, Joe Lacob, che negli anni d’oro si è spesso pavoneggiato di guidare una franchigia “anni luce avanti” rispetto alle altre, dovrebbe ammettere di aver fallito nella gestione degli ultimi anni della carriera di Curry. La celebre strategia a due timeline si è tradotta in un disastro su due fronti: i risultati sono pessimi e non è stata costruita una solida base per il futuro.

Gli Warriors sono diventati un colosso dello sport mondiale, con un valore secondo solamente a quello dei Dallas Cowboys. Ma Stephen Curry non giocherà per sempre, e anzi potrebbe stancarsi di essere unicamente “sfruttato” dal punto di vista commerciale e decidere di finire la carriera altrove. Se nelle prossime tre settimane non verrà intrapresa una direzione chiara e definitiva, i nodi verranno presto al pettine.