Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.
Il duo composto da Oscar Robertson e Kareem Abdul-Jabbar ha condotto i Milwaukee Bucks alla vittoria del titolo NBA nel 1971. Oggi, come allora, nel Wisconsin si trovano due All-Star dal talento paragonabile a quello di Robertson e Abdul-Jabbar, capaci di farne rivivere i fasti: stiamo parlando, ovviamente, di Giannis Antetokounmpo e Damian Lillard.
Entrambi giocatori dal talento cristallino e indiscutibile, con un posto assicurato nella storia della palla a spicchi. Ma prima di poter accettare un paragone con Oscar e Kareem, Kobe Bryant e Shaquille O’Neal ai Los Angeles Lakers o qualsiasi altro storico tandem vincente in NBA, sembrerebbe che Giannis voglia attendere di portare a casa un Larry O’Brien Trophy insieme al neo-arrivato dai Portland Trail Blazers. Questo e altro, infatti, sono i temi toccati dallo stesso The Greek Freak in un’intervista rilasciata a Marc J. Spears di Andscape, che riportiamo di seguito.
“Non abbiamo vinto nulla. Ci sarà tantissimo hype attorno a noi, moltissime aspettative, ma non abbiamo vinto ancora nulla. Non abbiamo giocato neppure una partita ufficiale insieme, perciò… Ne possiamo parlare tutto il giorno e tutti i giorni, ma i fatti raccontano più delle parole. Abbiamo una chance di fare qualcosa di grande, e questo mi stuzzica molto. Kobe, Shaq, Oscar, Kareem e tutti gli altri duo come loro sono davvero speciali. Il motivo per cui sono considerati così forti è che hanno vinto titoli. Perciò per poter far parte di questa conversazione bisogna almeno portare a casa un anello. Quindi, per come la vedo io, al momento non rientriamo nel paragone.”
– Giannis Antetokounmpo
Antetokounmpo ha concesso l’intervista a ESPN e Andscape durante il media-day dei Milwaukee Bucks. A seguito il testo, in cui il due volte All-Star ha toccato vari argomenti, tra cui la blockbuster trade che ha portato Damian Lillard in Wisconsin, ma anche il suo carissimo e fedele ex compagno di squadra Jrue Holiday ai rivali per la leadership della Eastern Conference, i Boston Celtics; la voglia di aiutare il nuovo compagno a vincere il suo primo titolo in carriera; il licenziamento dello storico allenatore Mike Budenholzer in favore di coach Adrian Griffin, dopo la sconfitta al First Round dei Playoffs contro i Miami Heat; infine, del suo futuro a lungo termine ai Bucks e altro ancora. Come preannunciato dallo stesso coach Griffin all’NBA Today Show, Antetokounmpo e Lillard hanno disputato la loro prima partita con la canotta dei Milwaukee Bucks nell’impegno prestagionale contro i Los Angeles Lakers, vinto dai Deers per 108-97 (di cui abbiamo parlato QUI).
- Hai detto che giocare al fianco di Damian Lillard è una fortuna: in che senso?
Per me è una fortuna, poiché ho l’opportunità di giocare con un ragazzo che è cresciuto come me, con esperienze simili alle mie. Cestisticamente è un killer, ed è come se giocasse con un chip in testa che gli fa scegliere le giocate giuste. Per anni ha giocato e dominato questa lega. Avere in squadra un giocatore come lui, pronto ad andare in guerra ogni giorno, che vuole vincere come lo voglio io, è certamente una cosa positiva. Sono affamato, ma lui mi rende ancor più bramoso, perché lui è un grande, al livello dei più forti, ma non ha ancora vinto il titolo. Non si tralascia nulla, ci si fa forza a vicenda. Anche lui sa che deve mettercela tutta.
Averlo in roster ci da una chance in più. Abbiamo un seria opportunità di realizzare qualcosa di grande. Sono davvero eccitato al pensiero di ciò che ci aspetta in futuro, ma bisogna procedere un passo alla volta.
- Cosa vorrebbe dire per te vincere un altro titolo NBA e aiutare Damian a vincere il suo primo?
Vincere un altro anello è tutto per me. Perché molte persone non pensano sia possibile. Ma credo che fino a quando avrò fede e lavorerò duro su questo progetto, giorno per giorno, è possibile raggiungere un’altra volta quel traguardo. Ovviamente, anche Damian la pensa così.
Me ne rendo conto quando parliamo, quando lo vedo muoversi in campo e da come si allena. Ho notato sia una cosa che vuole tremendamente. Quindi, quando si è in tanti ad avere certe aspirazioni si è spinti ad andare oltre ciò che è nelle possibilità del proprio corpo. Si è pronti ad affrontare qualunque cosa, esponendo il proprio corpo ad enormi sacrifici e stress per realizzare un sogno. In passato è già successo. Perciò è questione di tempo prima che accada di nuovo. E accadrà.
- Puoi dirci come ti sei sentito successivamente all’eliminazione – essendo il 1° seed ad Est – e tutto ciò che è successo dopo?
Chiaramente è stata dura per noi, dopo aver giocato una grandissima Regular Season non volevamo uscire al First Round e in quel modo. È brutto poiché non siamo riusciti a prenderci un momento per rialzarci, e non voglio cercare scuse. Certamente la squadra non è stata di buon umore. Nessuno aveva fiducia dopo la sconfitta in Gara 5 in casa nostra, ci guardavamo in faccia increduli come a dire: “Abbiamo appena perso al First Round dei Playoffs”.
Però bisogna accettare che nella vita possa capitare e che non si possa fare nulla per cambiare il corso degli eventi. Altrimenti si rimane fermi a rimuginare sul cosa si sarebbe potuto fare, ripensando agli eventi, ma preferisco fare qualcosa piuttosto che restare a pensarci. Per fortuna quest’anno avremo l’opportunità di ripeterci e riprovarci, con una marcia in più. Dovremo affrontare la stagione pensando ad ogni singolo incontro ed essere pronti ad affrontare ogni insidia. Non è stata una bella estate. A volte è positivo attraversare dei periodi simili, perché lasciano con un sapore amaro in bocca.
Ti fa lavorare più duro, fa serrare i ranghi alla squadra rendendola più compatta, poiché pur essendo una buona squadra non siamo riusciti ad andare fino in fondo. Un periodo duro per tutta la squadra. Ed anche a causa di ciò sono stati apportati parecchi cambiamenti. Coach Bud è stato con noi per 5 anni, abbiamo vinto un anello con lui e adesso non è più il nostro coach. Ed è stata una dura lezione da cui spero che sia io che la squadra trarremo degli insegnamenti. E quando torneremo a competere allo stesso livello, vorrà dire che saremo migliorati.
- Acquisire Damian è valso la cessione di Jrue, un amico oltre che compagno di squadra: cosa significa per te?
La gente spesso parla solo del campo, ma non si tratta solo di quello. Andavo a scuola e lo incontravo lì ad accompagnare i suoi bambini mentre io portavo il mio, e restavamo lì a parlare della vita. Il nostro legame va molto oltre il basket, chiaro. Con Jrue ho vinto un anello NBA ed è anche grazie a lui se sono un campione. Per molto tempo è venuto a sedersi al mio fianco a parlarmi prima delle partite, specialmente prima delle varie Gara 5, 6 o 7, in cui eravamo sempre fianco a fianco. “Hey amico, tutto a posto? Come va oggi? Io tutto bene. Che mi racconti, Big Fella? Stasera la portiamo a casa, okay?”
I nostri discorsi prima di entrare in campo erano più o meno questi, era come se andassimo in guerra, ma si trattava di basket. Le nostre famiglie si conoscono profondamente, tanto che i nostri figli sono molto amici. Jrue è un ragazzo con un’incredibile energia positiva che sprigiona ogni volta che mette piede al campo di allenamento o all’Arena. La sua presenza ha qualcosa che, da sola, rende allegri e più fiduciosi. Mi mancherà di certo. Gli auguro il meglio, in qualunque cosa si cimenti. Chissà, in questo pazzo viaggio che è la vita, nessuno può mai dire se prima o poi saremo ancora compagni di squadra. Lo adoro, non come giocatore ma come fratello.
Auguro a lui, sua moglie ed i suoi figli il meglio. Hanno sempre voluto bene me e la mia famiglia, e sono state sempre delle bravissime persone nei nostri confronti. Hanno dato e fatto tutto quanto potessero non solo per i Milwaukee Bucks, ma anche per la comunità e la città di Milwaukee. Ancora una volta, gli auguro il meglio per la sua prossima esperienza ai Boston Celtics – ma non contro di noi, contro tutti gli altri team. Per me è un boccone amaro da digerire. Ora, però, bisogna guardare al futuro e come poter migliorare giorno per giorno. Bisogna farci trovare pronti ai nastri di partenza della Regular Season. Sono davvero entusiasta dell’arrivo di Dame e di poter andare a sfidare le altre squadre con lui al mio fianco.
- Come te, Damian è un giovane padre di tre figli. Le vostre famiglie si sono incontrate dopo la sua trade al campo di allenamento. Potresti parlarci di questo rapporto fuori dal campo?
Si, sono davvero entusiasta di aver incontrato la sua famiglia e vice versa. Sono entusiasta che la mia famiglia lo abbia conosciuto. Ci stiamo conoscendo sempre meglio, giornalmente. È incredibile avere in roster un Top 75 NBA, All-NBA, All-Star e minaccia al tiro anche da metà campo. Avere un compagno del genere può dare una marcia in più per superare gli ostacoli ogni sera, facendoci sentire dominanti con la sua sola presenza. Perciò sono davvero entusiasta e trepidante all’idea di giocare con lui quest’anno.
- Nonostante la tua lealtà verso i Bucks sia immutata, hai comunque ribadito che il tuo focus principale sia rivolto verso la vittoria. L’arrivo di Lillard ti fa pensare ad una permanenza a lungo termine a Milwaukee? Oppure, preferisci rimanere più cauto in vista della tua free agency?
Ho sempre pensato ad una lunga permanenza a Milwaukee, e ribadisco spesso di volerci giocare per 20 anni. Vorrei essere come Tim Duncan, Kobe Bryant e tutte quelle bandiere che hanno giocato per tutta la carriera con una sola maglia addosso. Ma per me la vittoria viene prima che la lealtà. Sono un vincente e voglio vincere. Penso inoltre che le parole che dico e che ho detto siano state ingigantite dal fatto che ripeta le stesse cose da oramai cinque o sei anni. Non so dire perché adesso sia un pò diverso per me. Quando il rinnovo contrattuale è lontano è un periodo particolare, specie quando mancano tre o quattro anni e ci si trova a dire frasi come: “Vorrei che la mia squadra fosse la miglior squadra possibile e che tutti la pensino così”, ma alla fine pochi le notano.
Quando invece si arriva a ridosso del rinnovo le opinioni cambiano, del tipo: “Oh no, potrebbe andar via.” No, no, non è il caso. Voglio la miglior squadra possibile. Voglio svegliarmi ogni giorno consapevole di venire a lavoro ed avere la chance di vincere. E che l’intera organizzazione la pensi in questo modo e che non gli vada bene il fatto di aver già vinto un titolo. Bisogna aspettare altri 15 anni per vincerne un altro? No, assolutamente. Dobbiamo crederci ogni giorno, perciò provo a trasmettere quotidianamente questa grinta, aspettandomi lo stesso da coloro che mi stanno vicino.
L’arrivo di Damian rappresenta chiaramente un nuovo inizio. Ma ciò non cambia il fatto che io voglia essere un contender per il titolo. Provo sempre a circondarmi di persone che aspirano al massimo, di vincenti, perché voglio essere un vincente. In questi ultimi cinque anni siamo stati la squadra più vincente in NBA e continueremo ad esserlo, nella speranza di poter competere ancora per l’anello, e non mollare mai fino a quel momento.
Non mi sono “accomodato”. Ho 28 anni, non posso averlo fatto. Voglio lo stesso approccio ed attitudine che ho da tutto il resto del team. Se sarà così allora andremo tutti d’accordo. Sono certo che sia la città di Milwaukee che la franchigia dei Bucks attendano con ansia l’inizio della Regular Season, perché vogliono vedere i loro giocatori all’opera sul parquet. Quindi sono entusiasta all’idea di scendere in campo e dare il mio massimo.