La cocente sconfitta in Gara 4 non cambia la situazione dei Boston Celtics

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Questo contenuto è tratto da un articolo di Rich Jensen per Celtics Blog, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Esiste una teoria riguardo agli orizzonti mentali, anche se non molto recente. La frase “non poter vedere la foresta per via degli alberi” è stata un refrain costante, e sembra banale dover rimarcare che si riferisca a foreste e alberi ipotetici. Ma è una teoria che permette di comprendere ciò che si riesce a vedere attraverso una visione mentale in prospettiva. Sedendo su una collina, con attorno soltanto pianura, è possibile vedere l’orizzonte osservando in ogni direzione. Si può vedere ciò che si trova all’orizzonte, ma solo in maniera più ampia. Un punto in movimento potrebbe essere un’automobile, una motocicletta o un camion: l’unica certezza è che ci sia un oggetto su ruote in movimento. La nostra mente lavora nello stesso modo. Mi infastidiva molto la gente di entrambe le coste, che non fosse capace di distinguere North e South Dakota, o altri amici che raccontavano di essersi trasferiti “nelle Carolina” – costringendomi a dover ricordare quale fosse. Le Carolina sono il limite, il mio orizzonte mentale, e mi ci vuole un pò per risalire a quale delle 2 si tratti. Gli orizzonti mentali esistono a prescindere da quelli geografici. Ogni essere umano ha i propri orizzonti mentali riguardo ogni cosa – il punto in cui ciò che ricordiamo svanisce di fronte a ciò che stiamo affrontando. 


Così, nelle fasi iniziali delle NBA Finals, c’era una narrativa “di disappunto” attorno a Jayson Tatum, un ragazzo i cui numeri on/off sono impeccabili, il cui totale di assist era migliore della sua media ai Playoffs ma che, di contro, vede le statistiche di tiro e scoring in calo. L’ambiente si è talmente concentrato su quest’aspetto da non permettere alla loro mente di raggiungere il 1981, quando un giovane Larry Bird sembrò abbastanza “normale” – almeno per quanto riguarda i punti di media a partita – nella sua prima apparizione alle Finals. Dal punto di vista delle critiche mosse a Tatum, Bird era soltanto un punto all’orizzonte – riconoscibile, ma non in maniera dettagliata. Poi, la narrativa è cambiata dopo Gara 3. I Dallas Mavericks erano riusciti a rimontare, ancora una volta, e i Boston Celtics avevano sprecato un buon vantaggio senza chiudere la gara, con conseguenti opinioni sul fatto che i bianco-verdi non avrebbero dovuto concedere tale rimonta ai texani. Ancora una volta, gli orizzonti mentali erano entrati in scena. Chi ha mosso certe affermazioni probabilmente non riesce a ricordare il 1969, anno in cui Bill Russell e i suoi Celtics hanno sprecato un vantaggio di 15 punti nei minuti finali di Gara 7, dovendo lottare con le unghie e con i denti. E va tenuto conto che un vantaggio di 15 punti in un era precedente all’introduzione della linea da 3 punti, equivale ad un vantaggio odierno di 21 punti. I C’s, di fatto, sono stati sconfitti con un parziale di 12-5 nei 5 minuti finali di Gara 7, una partita divenuta una pietra miliare nella storia e tradizione dei Boston Celtics. 

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Intanto, gli oltraggiosi specialisti dei media, vedendo sfumare le loro predizioni di vittoria sui Mavericks, hanno virato verso il bersaglio più facile: Luka Doncic. Si potrebbe dire che a volte anche Doncic sia stato sopravalutato. I suoi numeri sono il frutto di un sistema di gioco messo a punto per farlo rendere in tal modo, per via della sensibile carenza di talento del roster dei Dallas Mavericks. Comunque, puntare il dito su di lui appena dopo una settimana l’averlo candidato MVP delle Finals rende ancora una volta l’idea su quanto possano influenzare gli orizzonti mentali. Luka non è il responsabile delle sconfitte dei Mavs, ma bisognerebbe invece apprezzare la qualità del lavoro svolto dai Celtics. Non va incolpato da coloro che ritenevano i C’s non temprati dalla battaglia – a prescindere da ciò che possa significare. E non è colpa sua se degli opinionisti ben pagati ritenevano che i Celtics avrebbero affrontato i Mavs proprio come i Minnesota Timberwolves hanno affrontato Dallas. Perché tutta quella rabbia rivolta contro Luka Doncic dopo Gara 3? Era solo rabbia di gente che non è riuscita a comprendere i propri limiti mentali, e neppure il vero e proprio livello acui i Boston Celtics sono giunti. Adesso, si è giunti in conseguenza alla peggior sconfitta della franchigia alle Finals: siamo pronti a guardare all’orizzonte e allargare le nostre prospettive? Poiché, dalla cima della collina, è possibile vedere l’intero quadro. E anche se non è possibile focalizzare i dettagli all’orizzonte, è possibile scorgerne la sagoma. Cosa si evince da tutto ciò? Cos’hanno messo in mostra i Boston Celtics durante i Playoffs? Si sono buttati di vittoria in vittoria? No. Hanno perso 2 volte soltanto prima di venerdì scorso, e in entrambi i casi si è trattato di sconfitte scottanti. Sembrerebbe quasi che coach Joe Mazzulla – per quanto possa odiare la sconfitta – abbia preferito perdere in quel modo piuttosto che in altri. Ma quando le acque si sono calmate, è rimasta una squadra incapace di perdere 4 partite consecutive da maggio 2021, trovarsi in una serie di Playoffs in cui nessuna squadra ha mai rimontato uno svantaggio di 3-0. I C’s non hanno mai perso 2 partite di fila ai Playoffs quest’anno, perciò ci sono davvero poche chance che le Finals arrivino a Gara 6. Ancora una volta, osservando l’intero quadro, gli sweep alle Finals sono davvero rari. Sono stati 9 in totale, e solo 2 nel Nuovo Millennio: i Cleveland Cavaliers nel 2007 e poi nel 2018. Perciò, i tifosi bianco-verdi dovrebbero preoccuparsi? No, nemmeno per idea. I Mavs non hanno nelle loro corde la capacità di sconfiggere i Celtics per 4 volte di fila – e questi C’s non sono tanto inclini a perdere in partite combattute.

La franchigia del Massachussetts ha occupato parecchio le menti di giornalisti e opinionisti, tornando indietro per 8 anni fino al momento in cui Jaylen Brown è stato ottenuto al Draft. Essi hanno potuto criticare gli obiettivi bianco-verdi in Free Agency, le loro scelte al Draft, le varie trade ed i coach assecondatisi sulla panchina nel corso degli anni. Sempre, incluso il 2022, hanno potuto affermare che i Jays non fossero abbastanza per condurre i Celtics alla vittoria, e che questi ultimi avrebbero dovuto scambiarli. Gli orizzonti sono vaghi, ma non ipotetici. Lo scenario mentale di questi membri del mondo dei media era vasto quanto l’Impero Romano: c’erano gli scettici del Draft in Britannia, i critici dei coach nel lussureggiante Mediterraneo di Alessandria; gli ideatori di ipotetiche trade si trovavano in Antiochia, mentre al centro di tutto si trovavano i buoni, vecchi haters, che disapprovavano qualsiasi cosa dai centralissimi 7 Colli di Roma. Bene, corre l’anno 1453 e gli Ottomani sono alle porte di Costantinopoli: è l’unica terra rimasta libera dalle critiche. Si è trattato di critiche aspre, ma hanno evitato di curare la difesa proprio come i Bizantini. E, utilizzando la stessa logica bizantina, i Mavericks erano visti come favoriti poiché avevano i 2 migliori giocatori, perché erano battletested e avevano affrontato avversari più duri. I C’s hanno distrutto parecchi record, tra cui quello delle vittoria in Regular Season, imparagonabile ai risultati ottenuti nella Western Conference. L’abilità dei bianco-verdi di assimilare gli errori messa in mostra contro gli Indiana Pacers è stata sminuita perché i Pacers erano considerati avversari poco credibili, e quindi i Celtics avrebbero dovuto semplicemente surclassarli. Si è trattato di un susseguirsi di affermazioni sul fatto che ciò che era sotto gli occhi di tutti fosse in realtà un trucco d’illusionismo, e che il mondo sia fatto solo per persone con visioni speciali, che permettono di rivelare la natura “seria” dei Mavs e “non seria” dei Celtics. Tutto ciò si è rivelato completamente errato, e la sconfitta di venerdì non cambia le cose. Basta scalare la collinetta e dare un’occhiata attorno. C’è solo Boston, a qualsiasi distanza possa vedere l’occhio umano.