King’s Diesel: i Cleveland Cavaliers del 2009/10

FOTO: USA Today

Le simpatie cestistiche di chi scrive sono note agli habitué di questo spazio, ma anche in questa sezione si cercherà di mantenere un giusto equilibrio, evitando di rimembrare i sogni infranti del bambino che in quella stagione andava approcciandosi per la prima volta seriamente al mondo NBA.

Il LeBron James del 2009, nonostante le differenze di età e status, non è poi molto diverso da quello odierno: anche all’approcciarsi di questa stagione, infatti Bron era in febbrili discussioni con la propria franchigia riguardanti un rinnovo di contratto che non sarebbe probabilmente mai arrivato (e che infatti avrebbe infine portato alla Decision con cui abbiamo aperto l’articolo).

Per evitare di perdere l’idolo di casa – un uomo dal giro d’affari per la città di oltre un milione di dollari a partita – il front office dei Cleveland Cavaliers ha bene in mente quale sia il piano d’azione: andare all-in per tornare in Finale tre anni dopo la delusione del 2007 e provare finalmente a dare una chance di vittoria al proprio condottiero.

Le stelle affermate disponibili sul mercato, tuttavia, non sono molte: Wade e Bosh, come noto, sono in quel momento nella stessa situazione di James e stanno cercando di capire il da farsi delle loro franchigie, Gasol e Bryant hanno appena vinto un Titolo e non sembrano cercare cambiamenti, i Big Three di Boston – dal canto loro – stanno invece già cercando modi per tenere unito il core e tornare in vetta.

Tra i team ed i giocatori di vertice, quindi, gli unici realmente approcciabili sembrano essere Shaquille O’Neal ed i Phoenix Suns, reduci anch’essi da un esperimento all or nothing altrettanto degno di nota.

Il 25 giugno 2009, quindi, viene organizzata una blockbuster trade tra le due franchigie che porta in Arizona Ben Wallace – formalmente lo stesso che avete ammirato ai Pistons, cestisticamente, fidatevi, no -,  Sasha Pavlovic, una scelta al secondo giro e 500 mila dollari di cash considerations, una cifra importante, se si considera il cap di allora.

O’Neal, sbarcato in Ohio il 2 luglio, ci mette pochissimo ad esaltare i sempre illusi tifosi del Lago Erie. Nella conferenza stampa di quello stesso giorno, The Big Diesel lancia un motto che diverrà da quel momento oggetto di culto – e derisione – da parte di tutti gli appassionati della palla a spicchi.

“Il mio motto è molto semplice: ‘Win a Ring for the King.’ “

Nonostante qualche incomprensione iniziale, la squadra sembra veleggiare per tutto l’inverno verso un comodo primo posto nella Eastern Conference, priva di grandi squadre se si escludono i Celtics in pieno load management.

Proprio contro Boston alla fine di febbraio, tuttavia, uno scontro di gioco con Glen ‘Big Baby’ Davis causerà un grave infortunio al pollice a Shaq, che rimarrà fuori per tutta la stagione regolare, terminata comunque da Cleveland con l’ottimo record di 61-21.

La riabilitazione segna la rottura definitiva del sodalizio e del progetto Ring. O’Neal passa il tempo a fare scherzi di dubbio gusto al preparatore Sibel, tra cui si segnala la scelta di placcarlo senza preavviso in qualunque momento dell’allenamento. James, dal canto suo, vive una situazione ancor più da privilegiato di quanto si potesse pensare. Una scelta che anche a distanza di un paio d’anni avrebbe molto infastidito Shaquille.

“Il nostro coach, Mike Brown, era un bravo ragazzo, ma doveva vivere nella costante preoccupazione di non avere un confronto schietto con LeBron. Nessuno voleva che lasciasse Cleveland in estate, quindi poteva fare tutto quello che voleva.

Per esempio, un giorno durante una film session ci siamo accorti che LeBron non era tornato in difesa dopo un tiro sbagliato. Brown non ha commentato la cosa, andando avanti. Nella clip successiva Mo Williams commetteva lo stesso identico errore, e Mike lo ha sgridato davanti a tutti, dicendogli di sforzarsi di più.

Allora Delonte West si è alzato e ha detto a Mike: ‘Ehi, non puoi fare così. Dobbiamo essere tutti responsabili dei nostri errori, non solo qualcuno.”

Favoritismi a parte, la stagione si concluderà con un’inspiegabile sconfitta al Secondo Turno proprio per mano dei Boston Celtics, con ogni probabilità aiutati dall’implosione dello spogliatoio Cavs a causa delle voci su una presunta storia tra Gloria James e lo stesso Delonte. Un finale con l’amaro in bocca che ancora infesta i ricordi della parte finale di carriera di O’Neal.

“So di per certo che avremmo raggiunto l’obiettivo e vinto in quella stagione se fossi rimasto sano.”

– Shaquille O’Neal