Tra innovazioni stilistiche non sempre riuscite e intramontabili classici da collezione, il meglio e il peggio delle maglie delle franchigie NBA della Eastern Conference.
ATLANTA HAWKS
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Una delle divise più iconiche degli anni ’80, sicuramente la più memorabile della storia degli Hawks, anche perché
in quegli anni The Human Highlight Film aveva creato una certa qual attenzione attorno alla franchigia della Georgia.
Un design azzardato ma che ha resistito benissimo alla prova del tempo.
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Usata tra la metà degli anni ’90 fino quasi a fine millennio, rientra nella casistica di quelle squadre che hanno pensato fosse una buona idea mettere una gigantografia dell’animale-franchigia sulla maglia. In questo caso non una scelta vincente: l’uccello è davvero troppo kitsch e il nero e il rosso della versione da trasferta risultano troppo invasivi. Siamo sicuri che verrà comunque rivalutata nel tempo.
BROOKLYN NETS
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Questa maglia viene addirittura dagli anni ’70 dei New York Nets in ABA, ma è troppo bella per lasciarla fuori dalla nostra lista. Il rosso, il blu, il bianco e le stelline a lato ovviamente ricordano la bandiera americana, perfettamente combinati e bilanciati tra loro. Poi se è Doctor J ad indossarla vale ancora di più.
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Una maglia triste, che rispecchia la faccia di Joe Johnson in foto. Un grigio che sicuramente non può regalare grandi emozioni.
La maglia appare qualche volta nel 2014 in onore dei Brooklyn Dodgers, vecchia squadra di Baseball del distretto newyorkese più popolato, ora, invece, trasferiti a Los Angeles.
BOSTON CELTICS
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Semplice, quasi banale, iconica, ma soprattutto insostituibile. Rispecchia i due valori dei Boston Celtics: tradizione e vittoria.
Indossata da Bill Russel, Larry Bird e Paul Pierce, la maglia di un verde classico e i bordini bianchi non a caso è la canotta più vincente dell’NBA.
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Con l’obiettivo di modernizzarsi Boston fa uscire per la prima volta tra il 2014 e il 2015 questa maglia a mezze maniche di un grigio scialbo, quasi malinconico. Se l’intento era quello di rinnovarsi e svecchiarsi, cari Celtics, avete fallito.
CHARLOTTE HORNETS
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Tra il 1988 e il 2002, prima che la franchigia venisse momentaneamente spostata a New Orleans, gli Hornets hanno sempre avuto bellissime divise. Ma questa, tinta di un color “tè blu”, con delle strisce sottili più scure e degli accenni di verde e viola è quasi perfetta.
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I Bobcats sono durati solo 10 anni in NBA, ed è piuttosto triste che l’unica divisa da trasferta della loro storia sia una delle maglie più brutte di sempre. D’altronde non ci si può aspettare molto da una combinazione tra blu, arancione e bianco.
CHIACAGO BULLS
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Ai Bulls, come ai Celtics, piace tenere le cose semplici. Non hanno mai cambiato drasticamente la propria divisa, sempre rossa con i dettagli in bianco o nero. Tra tutte la più bella è sicuramente quella tra gli anni 70′ e ’80 con la scritta “Chicago” in corsivo: un vero tocco di classe.
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Scommetto che non ve la ricordate. Scelta piuttosto coraggiosa da parte dei Bulls, che riportano nel 2005 in NBA una “throwback jersey” in memoria dei Chicago Stags, una delle prime squadre di Bob Cousy. Molto raro vedere Oltreoceano un completo multicolore, e ora abbiamo capito anche perché. Il rosso della canotta e il blu dei pantaloncini stonano particolarmente.
CLEVELAND CAVALIERS
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Sfoggiata tra il 1983 e il 1987, era la divisa ufficiale da trasferta della franchigia dell’Ohio in anni non entusiasmanti dal punto di vista dei risultati sportivi. L’arancione è sempre un azzardo, ma in questo caso pensiamo abbia pagato, accompagnato da una scritta/logo semplice ma efficace. Design ripreso anche durante una delle serate throwback nella seconda esperienza di LeBron ai Cavs.
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Compare a metà degli anni ’90, quando un po’ tutte le squadre cominciano a osare un po’ di più: c’è chi azzecca e chi, come in questo caso, cade in fallo nel tentativo di ammodernarsi. Dalla scritta e il numero con il filamento rosso su campo bianco – non particolarmente piacevole alla vista – al cambio cromatico a fulmine che la attraversa, sembra un design svogliato e finto-modernista: bocciata.
DETROIT PISTONS
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Non c’è molto da dire di fronte a questo classico, se non che ci troviamo di fronte al prototipo della maglia perfetta: semplice ma elegante, bilanciata negli spazi e nei colori. Ha accompagnato le storiche campagne dei Bad Boys di fine anni ’80
e quasi stonava addosso a cagnacci come Laimbeer o Mahorne…
Worst
Indossata tra la fine degli anni ’90 e i primi duemila, all’epoca piacque molto ma onestamente il giudizio andrebbe rivisto.
Va bene che Detroit è la capitale dei motori d’America, ma questo non giustifica il pacchiano cavallino infuocato con annessi tubi di scappamento degni del peggior episodio di Pimp My Ride.INDIANA PACERS
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È la divisa più utilizzata dai Pacers durante gli anni ’90. Fu denominata FloJo, nome che deriva dalla sua creatrice, la velocista pluri-campionessa olimpica Florence Griffith Joyner, icona della moda, invitata a curare il restyling della franchigia. E se ne uscì con uno dei design più rappresentativi degli anni ’90, introducendo anche l’innovativo scollo a V, fino ad allora inusitato sui campi NBA.
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Il restyling voluto dai dirigenti e affidato a FloJo è una diretta conseguenza di questa maglia, eredità della franchigia durante gli anni ’80, spesso oggetto di scherno da parte dei tifosi propri e avversari. E come dargli torto: più che la divisa di una squadra NBA,
sembrava l’uniforme di un commesso di un negozio di informatica.
MIAMI HEAT
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Di tutte le recenti City Edition apparse in NBA, quella dei Miami Heat è sicuramente la più solida e stilosa.
Non si può non lodare l’operazione citazionista della storica serie televisiva degli anni ’80 Miami Vice.È bellissima in tutte le versioni presentate: rosa, bianca o nera
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Se non ve la ricordate non preoccupatevi, non è colpa vostra. È durata molto poco e… verrebbe da dire “Grazie al Signore”.
Sfoggiata in sparute occasioni nella storica stagione del titolo 2006, era un tributo ai Miami Floridians, squadra attiva
nella ABA alla fine degli anni ’60. Di una bruttezza talmente palese che non servono parole.
MILWAUKEE BUCKS
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Questa divisa arriva a cavallo del nuovo millennio: è semplice, affidabile e dignifica la franchigia che nell’era post Jordan sembrava poter assumere il ruolo di seria contender a est, non riuscendoci del tutto. Ma per essere credibili come squadra serve una maglia credibile,
e questa era la giusta reazione alla divisa che segue.
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I responsabili dei Bucks hanno decisamente imparato la lezione da questo kit di dubbio gusto. Il cervo è troppo grande e invadente, così come le lettere viola/bianche che si mischiano in modo confusionario con le corna.
Oltre al già complicato abbinamento di colore, molto pericoloso se non si mantiene una linea semplice.
NEW YORK KNICKS
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Come per i Celtics, i Bulls e i Pistons anche i Knicks non hanno mai apportato grandi cambiamenti alla propria canotta. A fine degli anni 90′ viene sfoggiata questa semplice, ma straordinaria divisa, con i classici blu e arancione e in più un tocco di nero che la rendono una delle più belle dell’intera Lega.
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Per favore NBA non far fare più una maglia verde ai Knicks, anche se per San Patrizio. Questa è quella usata tra il 2006 e il 2012 per il Sant Patrick’s Day. L’arancio e il verde non sono assolutamente complementari, e se qualche irlandese si fosse offeso lo capiremmo benissimo.
ORLANDO MAGIC
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Gli Orlando Magic si presentano in NBA con un design che ammicca alla fantasia e all’universo Disney, strettamente legato alla città.E lo fa in modo davvero convincente, un design che regge benissimo anche nella versione casalinga bianca
e che è rimasto iconico fino ai giorni nostri.
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Tralasciando la faccenda maniche, capitolo che per fortuna sembra essere chiuso per sempre, questa maglia denominata Pride, usata per due stagioni tra il 2014 e il 2016 sembra più un pigiama che la divisa di una squadra NBA. Sorprendente quasi che i giocatori non si siano ribellati, di fronte all’obbligo di scendere in campo nella stessa mise che avrebbero utilizzato per buttarsi a letto.
PHILADELPHIA 76ers
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Di maglie di pregevole fattura, nella storia dei Sixers, ce ne sono tantissime, ma alla fine optiamo per la recente City Edition. Anch’essa segue l’insegnamento sempre prezioso del “less is more”: semplice ma estremamente pulita ed elegante, con un bel font che richiama la dichiarazione d’indipendenza dei padri fondatori.
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Neanche la recente ondata di retromania può giustificare questa maglia dei primi anni ’90 che sembra uscita dalla cover di un videogioco del Super Nintendo. È un design talmente dozzinale che non rientra neanche nella categoria “è talmente brutta che diventa bella”: da allora la franchigia ha imparato la lezione, tornando a kit molto più semplici e credibili.
TORONTO RAPTORS
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Qualcuno – pochi – potrebbe pensare: “Anche questa ha un design grossolano, con un maxi dinosauro che palleggia: che credibilità puoi avere se la tua divisa sembra il costume da carnevale di un bambino?”. Ma la neonata franchigia canadese ai tempi aveva bisogno di attrarre simpatia, curiosità e nuovi tifosi. E con questo kit fumettoso ci è riuscita alla grande.
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Nostro parere: il camouflage dovrebbe essere vietato al di fuori delle divise militari. Capendo che si tratta di una richiesta eccessiva, il divieto dovrebbe perlomeno valere per le maglie della Lega, visto che tutti i tentativi fatti in questa direzione sono stati uno peggio dell’altro: quello dei Raptors non è da meno.
WASHINGTON WIZARDS
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Di nuovo, come abbiamo visto per i Nets, viene fuori il patriottismo americano. Il bianco, il rosso, il blu e le stelle calzano perfettamente su una maglia, soprattutto in questo caso, dal momento che la protagonista è la squadra della capitale statunitense.
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Questa è la “Gold Alternate” jersey dei Wizards, sfoggiata tra il 2006 e il 2009. Un misto tra oro – che è meglio lasciare solo sui trofei -, bianco e stelline nere. La divisa è piuttosto confusionaria. Si merita sicuramente uno tra i primi posti della classifica per le divise più brutte dell’intera Lega.
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