La storia degli ASG di “Larry Legend” è ricca di momenti indimenticabili, gesta eroiche e titoli vinti nella gara del tiro da tre punti. Ripercorriamo il suo percorso nei weekend delle stelle degli anni ’80.

Scopriamo (o ri-scopriamo) le gesta stellari di Larry Bird nel classico appuntamento di metà stagione, l’All Star weekend, quando era ancora una vera competizione e non uno show dove non si difende e si gioca al rallentatore, badando più che altro a limitare il dispendio di energie e a non farsi male.


Ai tempi in cui Bird giocava gli ASG, la paga era buona ma non straordinaria, e le partite erano “vere”. A testimonianza di ciò, basti pensare che l’Est di Bird vinse i primi cinque confronti, dal 1980 al 1984, perdendo il primo scontro solo nell’85, all’Indianapolis Hoosierdome, in buona parte perchè nel secondo tempo Larry fu colpito da una gomitata e dovette, sanguinante, lasciare il campo e rientrare negli spogliatoi. Fu proprio a seguito di quell’infortunio che il team West riuscì a prendere il largo e involarsi verso la vittoria. La seconda sconfitta arrivò nel 1987 al Seattle Kingdome, quando l’East perse un’epica partita all’overtime dove l’eroe locale dei SuperSonics, Tom Chambers, mise a referto ben 34 punti.

Le performance leggendarie di Larry Bird all’All-Star Game ebbero inizio già durante la sua rookie season, quando Boston si presentò alla pausa di metà stagione con un record di 40-13. Ironicamente, nella loro ultima partita prima dell’ASG, i Celtics batterono i Washington Bullets 119-103 al Capital Centre, dimora del “mid-season classic”. Bird segnò 24 punti, catturò 13 rimbalzi e distribuì 5 assist, contribuendo in maniera importante alla vittoria contro i due volte campioni della Eastern Conference.

Tre giorni dopo, Bird e il compagno di squadra Nate Archibald rappresentarono i Celtics all’All-Star Game. Anche il centro Dave Cowens fu selezionato, ma non fu in grado di giocare a causa di un infortunio.

Larry fu impiegato a sprazzi in quella sfida East vs West del 1980, giocando solamente 17 dei primi 47 minuti. Poi, sul finire di partita, quando si era in parità sul 128-128, fu messo in campo dall’head coach dei 76ers, Billy Cunningham. Bird uscì freddo dalla panchina ma, sorprendentemente, il team gli affidò il tiro della potenziale vittoria, che Larry scoccò da 6 metri ma che rimbalzò sul ferro appena prima della sirena finale.

Forse lasciargli prendere quel tiro, fu il poco accogliente modo dei veterani di dirgli “Hey tu, rookie super-pompato! Visto che sei così bravo, vediamo come te la cavi con questo!”. O magari, avevano semplicemente fiducia che potesse mettere quel tiro.

O forse, entrambe le ipotesi corrispondono a verità. Quel tiro avrebbe potuto decretare la vittoria, e quando mancò il bersaglio, il normalmente imperturbabile Kareem Andul-Jabbar alzò entrambe le braccia, anche se si trattava solamente di andare all’overtime.

Anche il rookie dei Lakers Earvin Johnson si mise a saltare dopo l’errore di Bird, alzando il pungo verso l’alto in segno di celebrazione e danzando in maniera disinvolta rivolto verso il pubblico a supporto dell’Ovest.

Quando, pochi secondi più tardi, incrociò il passo con Bird mentre si recavano verso le rispettive panchine, abbassò prudenzialmente il braccio, ma senza smettere di agitarsi come un bambino eccitato, mentre passava di fronte al rookie dei Celtics, in quel che sembrò un atteggiamento vagamente provocatorio. Un Larry Bird scocciato gli diede una pacca sulla schiena, mentre si dirigeva con un’andatura che tradiva rabbia verso la sua panchina.

Provocare Bird dopo un (raro) canestro fallito nel clutch time era una pessima idea, dato che ora era più motivato che mai a rifarsi durante l’overtime. E difatti, rientrò davvero determinato in campo, offrendo una grandissima prestazione che condusse il team East alla vittoria per 144 a 138. Quella fu la prima di una lunga serie di straordinarie prestazioni durante il clutch time che contribuirono a renderlo una leggenda e che diedero lustro a tutta la Lega.

Tornando a quell’overtime, dopo che la sua “nemesi”, Johnson, segnò il 136-136, Larry rispose dall’angolo sinistro rendendo memorabile il primo canestro da tre punti nella storia dell’ASG. La sua “bomba”, in un’epoca in cui i tiri dalla lunga distanza erano ancora una rarità (la stagione 1979/80 fu la prima in cui la regola del tiro da tre punti fu applicata) portò il team East in vantaggio per 139 a 136.

“Bisogna essere dei giocatori speciali, per volersi prendere quel tiro in un momento del genere.”

Bill Russell

Alla “bomba” di cui sopra, aggiungete due grandi rimbalzi e il fatto di aver chiuso la partita con l’assist dell’anno: un passaggio no-look a mezz’aria per George Gervin, che gli permise di realizzare il layup che mise fine ai giochi. Lì nacque la leggenda di Larry come uomo decisivo nei momenti cruciali della partita. Sembrava fosse sempre in grado di alzare il suo livello, quando il momento lo richiedeva.

In appena 23 minuti di gioco nell’ASG del 1980, totalizzò 7 assist (team-high), 6 rimbalzi e segnò 7 importantissimi punti. Tutto questo con soli 6 tiri, con i veterani a giocare la maggior parte del tempo, per poi prendere lui le redini della partita nell’overtime.

Con quello spettacolare passaggio da mezz’aria, Bird realizzò l’higlight della sua prima apparizione da All-Star. Tutto ebbe inizio raccogliendo un rimbalzo sul tiro da tre mancato dal centro di Seattle Jack Sikma. Ne nacque un fast break condotto da Larry che, arrivando a metà campo, sparò un passaggio no-look di 12 metri per Moses Malone. Il buon Moses sbagliò il tiro ravvicinato, per poi fare un “tap out” mentre lottava a rimbalzo con Sikma. Bird, che nel frattempo aveva continuato a seguire dopo il suo passaggio, andò a rimbalzo con la mano sinistra, per poi dispensare un altro no-look da più di 3 metri raggirando un attonito Sikma, con la palla che giunse direttamente nella mani dell’MVP della partita George Gervin, che realizzò un reverse layup.

“Quel passaggio è stato semplicemente fenomenale!” – tuonò l’analista di CBS “Hot Rod” Hundley, anch’egli famoso per delle giocate del genere ai tempi in cui militava nei Lakers.

“IO NON CI CREDO che abbia visto George Gervin”, affermò un meravigliato Brent Musburger, anche lui speaker CBS.

Quel passaggio improvvisato dimostrò la reattività mentale e la rapidità di mani di Bird, assieme alla sua vena creativa e inclinazione alla teatralità. Si trattava di un segno premonitore di tutto ciò che ci si poteva attendere da Bird per gli anni a venire e, a parte la bellezza della giocata, seppellì le chance residue del team West di poter vincere la partita. Come disse ripetutamente l’Hall of Fame Tom Heinsohn:

“Larry giocava a scacchi mentre gli altri giocavano a dama. Era tre mosse avanti a tutti.

Siccome Larry, a dispetto delle sue doti creative, era uno che badava al sodo e (soprattutto) alla vittoria, diventava “appariscente” solamente quando il momento lo richiedeva. E, in ogni caso, possedeva dei fondamentali solidissimi.

Giocò un ruolo chiave per suo team East nelle vittorie contro la squadra West di Earvin Johnson, avvenute in cinque confronti consecutivi dal 1980 al 1984. La striscia vincente più lunga nella storia di questo confronto.

L’unico anno in cui il suo arci-rivale Johnson non giocò nel classico di metà inverno 1981 a Richfield, Ohio, a causa di un infortunio al ginocchio), Larry giocò il suo peggior All-Star Game. Come se l’assenza del suo storico rivale facesse venire meno gli stimoli delle edizioni passate.

Il team East vinse comunque, 123 a 120, e il suo compagno di squadra Archibald venne nominato MVP. Ancora una volta, stranamente, Bird non venne votato come partente in quintetto, ma partì comunque titolare a causa dell’infortunio di Dan Roundfield. Larry in 18 minuti segnò solamente 2 punti, catturò 4 rimbalzi e fornì 3 assist.

Quando Johnson ritornò all’ASG nel 1982, Bird salì ancora di livello, vincendo anche l’MVP con 19 punti, 12 rimbalzi e 5 assist. Con l’aggiunta di una palla rubata e una stoppata. Tutto questo in 28 minuti. Risultato finale: 120 a 118 per il team East.

Negli ultimi 7 minuti, Bird segnò 12 punti con 4 o 5 tiri dal campo e 4 liberi.

Larry iniziò la partita in modo aggressivo, mettendo a bersaglio i suoi primi tre tiri. “Sebbene lo abbiamo visto giocare aggressivamente anche in passato, nelle partite alle quali ho assistito in questa stagione Bird pare ancora più determinato”, fece notare Bill Russell, sempre ai microfoni di CBS TV.

Per cominciare la sua serata, mise a segno un jumper. Poi, mostrò a tutti la sua (sottovalutata) rapidità con una classica mossa “stop & go”, quando fintò un tiro dai sei metri per poi superare sulla destra un pietrificato difensore. Qualche azione più tardi, finalizzò con una schiacciata a due mani un contropiede. Ma dopo, l’head coach del team East (nonché dei Celtics) Bill Fitch, lo mise in panchina per la maggior parte del primo tempo.

Nel secondo tempo, Bird subì un fallo mentre cercava di concludere in layup un contropiede. Larry mise a segno i due liberi che ne scaturirono, arrivando a segnare il proprio settimo punto, ma poco più tardi, un suo runner venne bloccato da Dennis Johnson, rappresentante di Phoenix, mentre Bird era fuori equilibrio. Come da par suo, considerando il suo spirito competitivo, Larry gli restituì il favore qualche momento dopo intercettando un passaggio a mezz’aria di Dennis, e generando un fast break per la sua squadra. Più tardi, in occasione di due tiri liberi, Larry curiosamente si posizionò circa 15 cm dietro la linea del tiro libero – dopo che, stranamente, aveva mancato i primi tre tiri liberi della partita. Li segnò entrambi.

In quella partita, con 5 secondi restanti sul cronometro dell’ultimo quarto, il team West aveva un’ultima chance di vincere la partita. Nella giocata finale, Magic Johnson ricevette il pallone dalla rimessa e corse lungo la linea, ma sbagliò il tiro ravvicinato, con Parish a catturare il rimbalzo mentre il tempo scadeva. Questa volta fu il turno di Bird a poter festeggiare ai danni del suo rivale.

L’MVP Bird deviò le lodi di Dick Stockton, nell’intervista post partita. Fece notare che giocare con due dei suoi compagni ai Celtics (Parish e Archibald) gli aveva reso le cose più semplici sul campo. E poi c’era il coaching staff dei Celtics a bordo campo a chiamargli le giocate.

In ogni caso, Larry segnò 12 degli ultimi 15 punti della sua squadra, prendendo alcuni rimbalzi cruciali e facendo due azioni difensive di importanza capitale nel finale.

L’ASG del 1983 è ricordato più per la performance di Marvin Gaye durante il canto dell’inno nazionale, piuttosto che per la vittoria di Bird e del team West per 132 a 123. Larry giocò una partita solida con 14 punti, 13 rimbalzi (game-high), 7 assist (team-high) e 2 palle rubate in 29 minuti. Tuttavia, il titolo di MVP fu vinto dal prediletto dai fan Julius Irving, che mise a referto 29 punti con 11/19 dal campo.

Nel 1984 a Denver, Bird, alla sua quinta apparizione all’ASG, aiutò il team East a raggiungere la vittoria per la quinta volta, e segnò il secondo dei tre All-Star Game finiti all’overtime della carriera di Larry. Anche questa volte fece registrare ottimi numeri: 16 punti, 6 rimbalzi, 3 assist e 2 rubate. Ma soprattutto, diede mostra del suo unico e vasto skillset, qualcosa di incomparabile in una partita popolata per lo più da grandi realizzatori ai quali mancavano le sue incredibili abilità.

Nel secondo tempo inseguì un lungo passaggio, mostrando le doti di corsa che possedeva prima che arrivassero i grossi infortuni, e saltò quanto gli occorreva per prendere quella palla. Appena la raggiunse, fece un passaggio no-look (a una mano) di 6 metri, scavalcando Jabbar e raggiungendo Parish.

Dopo qualche azione, fece qualcosa che a quasi nessuno riuscì mai, contro Jabbar. Mentre Kareem ruotava a sinistra per prendere il suo leggendario “gancio cielo” dal lato destro del campo, Bird gli andò sotto per strappargli in modo pulito il pallone, mentre il centro dei Lakers si apprestava al tiro. Jabbar fu shockato da quella rara palla persa, ma si trattava di qualcosa tipico di Bird: senso dell’anticipo e mani veloci. Lui solo aveva capito come arrestare l’inarrestabile gancio: muovesi verso il basso, anziché vero l’alto. Dopo la rubata, Larry corse in transizione e ricevette un passaggio lungo per quello che sarebbe stato un tiro facile, ma preferì passare a Dr J che arrivava a rimorchio e fece una reverse dunk.

In quella partita fece anche quelle piccole cose che le grandi star non fanno. Soprattutto nella partita delle stelle. Quando Bird, da rimessa, fece un passaggio praticamente perfetto per uno smarcato Isiah Thomas, questi si fece cogliere di sorpresa, lasciandosi sfuggire il pallone, che gli cascò sul piede rotolando via verso bordo campo. Thomas che non fece nemmeno un passo per provare a evitare che la palla uscisse; Bird invece si lanciò a tutta velocità verso il pallone, correndo per quasi 5 metri e riuscendo a effettuare il salvataggio un istante prima che il pallone uscisse. Poi, evitando di attirare l’attenzione su di sé, restituì la palla a un attonito Thomas, proseguendo l’azione di gioco come se nulla di strano fosse successo.

Fu una di quelle giocate di cui non vi è traccia nelle statistiche post partita e che vengono notate solamente dai presenti (spettatori e giocatori). Una di quelle giocate che mai si vedono in quella che rimane comunque un “exhibition game”…

In una partita zeppa di giocatori dalle grandi doti realizzative (ma comunque meno dotati di lui), Bird era quello che meno degli altri aveva bisogno di “possedere” il pallone. Non cercava giocate in isolamento e non forzava uno-contro-uno, come ad esempio faceva Thomas. Larry al contrario cercava il movimento di palla e trovava giocate offensive per tutti i suoi compagni, con visione, intelligenza e altruismo. In questa maniera, mentre coinvolgeva gli altri, sublimava il suo stesso essere offensivo (nonché il suo ego).

Solamente quando si trovava a giocare assieme a compagni dalle grandi doti di passatori, come Walton (ma anche Archibald e DJ, anche se in misura minore), Larry ritagliava per sé più tempo con la palla in mano. Per il resto, era piuttosto un facilitatore di gioco a beneficio degli altri.

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Ironicamente, la prima volta che Bird perse un All-Star Game fu a “casa sua”, all’HoosierDome di Indianapolis, nel 1985. Quella volta si trovò a giocare non lontano dalla sua casa, in Indiana, di fronte a 43.000 spettatori. Larry ammise di fronte a Dick Stockton e Tom Heinsohn che, prima dell’inizio della partita, ebbe un raro caso di “farfalle nello stomaco”.

In TV, mentre Bird tirava due liberi, Heinsohn paragonò il suo gioco a quello del grande giocatore di scacchi Americano Bobby Fisher. Heinsohn disse che Larry era tre mosse avanti a tutti. “Lui gioca a scacchi, gli altri a dama.”

Segnò 21 punti, inclusa una strepitosa giocata da tre punti con un reverse-layup eseguito con la mano sinistra, a conclusione di un contropiede. Nel secondo tempo fece letteralmente impazzire il suo pubblico quando prese un jumper da dietro il tabellone e riuscì a segnare, anche se poi il canestro non fu convalidato.

Il team East era in svantaggio di 7 punti (112 a 105) con 7’30” ancora da giocare. A quel punto, però, la partita prese una brutta piega.

Adrian Dantley (West) si trovò, durante un’azione in attacco, a fare i conti proprio con Bird. Dantley era un maestro nell’attirare i falli, grazie al suo ottimo controllo del corpo e alle sue larghe spalle. Ma Larry non era tipo da cadere nel tranello. Perciò, per creare spazio ed evitare che il suo tiro venisse stoppato, Dantley usò il suo (potente) braccio sinistro per allontanarlo. Facendo questo, colpì Larry con una brutta gomitata, dritta sul naso e sulla parte superiore del labbro.

Bird cadde a terra pesantemente sotto il canestro, in una maniera che poteva far presagire delle brutte conseguenze. Dantley si precipitò a chiedere se stesse bene, ma Larry non gli rispose e non lo degnò neppure di uno sguardo, rialzandosi silenziosamente e apparentemente privo di rancore. Ma quella gomitata era del tutto non necessaria, immotivata e pericolosa.

Il giocatore dei Jazz, vedendo che Larry non aveva molto da dire, si allontanò da lui. Bird provava dolore, ma non era interessato a farlo notare verbalmente o fisicamente a Dantley; e facendo così gli fece capire, in maniera del tutto non-violenta, che quella era stata una mossa che non avrebbe dovuto fare.

Bird dovetta abbandonare momentaneamente la partita, con il suo trainer a controllare scrupolosamente la sua bocca, alla ricerca di qualche dente rotto o assente (o peggio ancora). Quando tornò in campo, una striscia di sangue scura cominciò a gocciolargli dai baffi per ricadere sulla canotta.

Pochissimi altre star (ma anche giocatori nella media) avrebbero subito un colpo del genere, in una partita del genere, senza poi infuriarsi, urlare e lamentarsi con gli arbitri, o chiunque altro a tiro.

Appena arrivato nella Lega, Bird giocava con tutta l’intensità possibile. Si precepiva: aveva qualcosa da dimostrare. Raggiunto il picco, però, iniziò a giocare con meno rabbia e meno “paranoie”.

Ma in aggiunta al dolore per il colpo o al fastidio per l’accaduto, quella volta, c’era il fatto di essere costretto a sedersi nel momento cruciale dell’All-Star Game, l’unico che abbia mai giocato nel suo Indiana. Larry viveva per questi momenti, per essere decisivo in una partita combattuta. E ora, tutto ciò che poteva fare era piegarsi in avanti e abbassare la testa, perché il trainer doveva tenergli una borsa con del ghiaccio sul collo per alcuni minuti.

Quando rientrò in campo, con la narice destra colma di carta da fazzoletti per evitare ulteriori perdite di sangue, i suoi occhi erano vitrei e leggermente umidi. Larry si passò la lingua sull’arcata dentale superiore mentre camminava lentamente verso il campo.

L’inerzia della partita a quel punto voltò a favore degli avversari di Larry, che era fuori ritmo e sbagliò dei tiri che avrebbero potuto rimettere in corsa al squadra. Con Bird ferito e frastornato, il coach KC Jones decise che era il momento di rimettere in panchina la sua star, per il bene della squadra. Il team West conduceva di 13 punti con soli due minuti da giocare. Con del sangue a macchiare i suoi baffi biondi, Larry guardò gli ultimi scampoli della partita volutamente lontano dalla panchina, seduto tra Parish e Cummings. Il team West era riuscito a vincere (140 a 129), a circa 90 minuti di macchina dal suo vialetto di casa…

Mentre Larry, da solo, si allontanava dal campo al termine di quella gara, la sua prima sconfitta su sei partecipazioni all’All-Star Game, si pulì ancora una volta la bocca con l’asciugamano, per poi lanciarselo sulla spalla con nonchalance, seppure lo sguardo tradisse una certa mortificazione. Ci si potrebbe chiedere se stesse pensando alla gomitata presa da Dantley, e magari alle botte che prendeva dai suoi fratelli maggiori quando giocava con loro da quelle parti, sui campetti di French Lick, 15/20 anni prima.

Nel 1986, a Dallas, Bird segnò 23 punti con 8 rimbalzi, 7 assist e 7 rubate. Il team East, con un parziale nel finale, vinse il 36esimo ASG per 139 a 132.

Determinato dall’inizio, cominciò la partita ricevendo la palla con Jabbar a difendere su di lui dopo uno switch. Larry palleggiò due volte a sinistra, concludendo con un gancio mancino da tre metri e mezzo dal canestro, scavalcando i 2.20m di Kareem. Era probabilmente l’unico in campo con le capacità e l’audacia per provare un tiro così difficile contro Jabbar.

Più tardi, Bird con un incredibile lavoro di mani rubò la palla a Jabbar. Due possessi dopo, di nuovo riuscì a sottrarre il pallone a Kareem mentre si apprestava a effettuare il suo celebre (e instopppabile) gancio.

Ma veniamo alla prima edizione in assoluto della gara del tiro da tre punti, che si svolse proprio in quel 1986. Larry riuscì, partendo da un gruppetto iniziale di otto giocatori, ad arrivare in finale contro la guardia Craig Hodges, che nel primo round aveva segnato un incredibile punteggio di 25 punti (su 30 potenziali). Hodges vinse al tiro della monetina il fatto di tirare per primo, e Bird gli si mise vicino prima che lui iniziasse, in una sorta di forma di intimidazione.

Ma Craig era stanco e più lento, e dopo esser partito piano a e aver segnato appena 12 punti, dovette affrettarsi per riuscire a prendere tutti e 25 i tiri consentiti prima dello scadere del tempo. Dominique Wilkins e suo fratello Gerald stavano assistendo mentre attendevano di cominciare la gara delle schiacciate e, non con sorpresa, ‘Nique stava apertamente facendo il tifo per Hodges. “Sapevo che Bird sarebbe arrivato in finale, ma penso che Craig possa riuscire a batterlo”, disse al fratello.

Dall’altra parte, Bird non ebbe grandi problemi col cronometro e iniziò bene la sfida. Dopo aver mancato il primo tiro dall’angolo sinistro, mise a segno un’incredibile serie di canestri: iniziò mettendo a bersaglio i quattro palloni rimanenti nel rack, per poi procedere a quello successivo, dove segnò tutti e cinque i canestri per un totale di 10 punti. Con 15 tiri restanti, non gli rimaneva che fare ancora 3 punti per vincere il titolo.

La platea di Dallas, in una sorta di trance, cominciò a contare ogni canestro di Bird: “Seven…Eight… Nine…”

La folla urlava, ed era in piedi per meglio apprezzare il suo classico stile di tiro. Larry si spostò al rack centrale, pozionato e ne segnò altri due.

“Ten…Eleven…”

In tutto, segnò undici canestri consecutivi arrivando a pareggiare il punteggio di Hodges, ma con ancora 13 tiri a disposizione! E mentre continuava a segnare triple, il sorriso sul volto di Dominique Wilkins si tramutò in broncio. Terminò la gara con 22 punti, battendo facilmente Hodges di ben 10 punti.

Nel tunnel, Wilkins guardò il suo compagno schiacciatore e, con un leggero sorriso gli disse: “Ecco perchè lo chiamano the Birdman…”

Danny Ainge e Scott Wedman, suoi compagni di squadra, avevano preso in giro Larry nelle settimane precedenti allo “shootout”, dicendogli che sarebbero dovuti essere scelti loro al suo posto. Probabilmente, sapevano che questo sarebbe servito solamente a motivarlo di più, e infatti Bird iniziò a fare pratica coi rack da tre punti per provare loro che si sbagliavano.

Invece, c’era un compagno dei Celtics che non aveva alcun dubbio sulla vittoria di Bird: Kevin McHale, che ben conosceva sia l’abilità di Larry nel tiro, sia la sua cupidigia (entrambe leggendarie).

“Quando ho sentito che Larry avrebbe potuto guadagnare 10.000 $ in un giorno, solo mettendo dentro un po’ di tiri da tre, SAPEVO che non ci sarebbe stata partita…”

Nell’ ASG vero e proprio, svoltosi il pomeriggio seguente, un Bird più che mai sicuro di sé e all’apice della sua carriera, mise un’ipoteca sul suo secondo titolo di MVP con una solida performance a tutti i livelli. Segnò 23 punti, punteggio più alto dopo i 30 di Isiah Thomas, contribuendo in maniera decisa alla vittoria per 139 a 132. Mise anche a referto 8 rimbalzi, 7 palle rubate e 5 assist. Sulla scia della sua vittoria nella gara del tiro da tre punti del giorno precedente, segnò 2 delle sue 4 triple, con 8/18 dal campo e 5/6 ai liberi.

Con il team East avanti 133 a 130 e poco più di un minuto ancora da giocare, Magic Johnson partì in contropiede. L’unico difensore era Bird, che lo stava attendendo sulla sinistra del canestro. Si trattò di un raro confronto diretto tra i due arci-nemici, che raramente si marcavano l’uno con l’altro.

Mentre Magic si stava apprestando a un layup con la destra, Larry gli si fece addosso (intenzionalmente) con un po’ di ritardo, lasciando che Johnson lo sopravanzasse di poco. A quel punto, mentre gli era appena dietro, piazzò la stoppata. Bird sembrò bloccare in maniera pulita, con la mano sinistra, il tiro del rivale, ma gli arbitri fischiarono il fallo. Bird, che normalmente era sempre in grado di mantenere il controllo, era talmente arrabbiato che scaraventò con forza il pallone a terra.

Dopo che Johnson mise a segno entrambi i liberi, il team East aveva la chance di chiudere la partita. James Worthy sbagliò la tripla, ma il rimbalzo venne catturato proprio da Bird: lanciò per il compagno McHale, che in maniera intelligente temporeggiò qualche secondo prima di mettere dentro il canestro-partita.

Larry Bird allora era all’apice del suo gioco e quell’anno condusse Boston al titolo mentre, praticamente per l’ultima volta, poteva giocare a basket senza problemi fisici. In quella stagione giocò in tutte e 100 le partite (tra Regular Season e Playoffs), con ben 82 vittorie totali. Ebbe modo di divertirsi assieme ai compagni Walton, McHale e Parish, costituendo il più grande frontcourt della storia della NBA, arrivando vicino a realizzare la tripla-doppia di media nel corso della stagione (25.8 ppg, 9.8 rpg e 6.8 apg).

Quella per Bird fu anche una grande stagione al tiro, con quasi il 50% dal campo, il 42% da tre e il 90% ai liberi. Finì quarto nella Lega per punti e, tra tutti coloro che non ricoprivano il ruolo di guardia, primo come assist (166) e secondo in palle rubate (più di 2 a partita). Poi, settimo assoluto in rimbalzi e primo in canestri da tre segnati (82). Aggiungiamo infine 51 stoppate. Se a tutto questo sommiamo le sue grandi abilità difensive di squadra, l’incisività nel clutch time e le grandi doti di leadership, fu, semplicemente, una delle annate migliori che un giocatore di NBA abbia mai avuto.

I Boston Celtics in quella magica stagione vinsero 67 partite, record della Lega tra il 1974 e il 1995, battendo quattro avversarie ai Playoffs con un 15-3. Allora sembrava che il dominio di Boston potesse andare avanti ancora per un bel po’, finché non arrivarono gli infortuni e la morte di Len Bias.

Se Bird avesse vinto il titolo di MVP all’ASG dell’86, avrebbe conseguito un raro threepeat in quella stagione, come MVP della Regular Season, dell’All-Star Game e dei Playoffs. Solamente Willis Reed dei Knicks, nel 1970, ci riuscì.

La stella di Seattle, Tom Chambers, fu convocata come sostituto per l’infortunato Ralph Sampson, riuscendo a vincere l’MVP dell’ASG del 1987, davanti a una folla record al King Dome.

Il team East stava conducendo 140 a 138 all’approssimarsi della fine del tempo regolamentare, quando la guardia Rolando Blackman superò Bird e prese fallo proprio sulla sirena, mentre prendeva il tiro. Fu molto freddo e segnò entrambi i liberi, mandando la gara all’OT. Il team West, con un parziale di 14-9 nei tempi supplementari, si aggiudicò la partita, mettendo a segno la seconda vittoria in otto anni.

Bird segnò 18 punti, prese 6 rimbalzi e dispensò 5 assist, con in aggiunta 2 rubate. Il giorno prima, nel Seattle Civic Coliseum, aveva difeso con successo il titolo di vincitore della gara del tiro da tre punti. Nella finale, sconfisse il tiratore dei Mavericks (e futura star dei Sonics) Detlef Schremp, con un punteggio di 16-14, vincendo il secondo titolo di fila.

Larry Bird ebbe poi una leggendaria prestazione nella gara del tiro da tre punti, quando l’ASG si tenne al vecchio Chicago Stadium nel 1988.

Nella partita di quell’anno, Bird fu titolare per l’ottava volta consecutiva e il team East vinse per la settima volta sulle nove edizioni nelle quali lui era presente. La partita finì 138-133, con Michael Jordan che piazzò 40 punti davanti ai tifosi di casa.

Fino a quell’edizione, Larry non aveva mai mancato un All-Star Game in nove stagioni. Un record superato solamente da Jerry West (14 su 14) e Bob Pettit (11 su 11). Bird fu scelto per l’evento in ognuna delle 12 stagioni nelle quali fu in salute, ma mancò le edizioni del 1991 e 1992, come quella del 1989, dove fu assente per quasi tutta la stagione.

Era la prima volta che KC Jones, nell’arco dei suoi cinque anni come head coach dei Celtics, non era anche l’allenatore degli East All-Stars. Questa volta a opporsi a Pat Riley, che allenava il team West per la sesta volta consecutiva dalla sua prima volta nell’82, c’era l’head coach di Atlanta, Mike Fratello.

L’ultima volta che qualcuno che non fosse Jones aveva allenato il team East, eravamo nel 1983, quando il mentore dei 76ers, Billy Cunningham, guidò la squadra alla vittoria per 132 a 123 in quel di Los Angeles.

In quell’edizione dell’88, Kareem Abdul-Jabbar superò il record di punti segnati all’ASG in carriera, appartenente a Oscar Robertson. Kareem era alla 17esima partecipazione, all’età di 40 anni. Cunningham disse della sua grande longevità cestistica: “Nella mia vita, ho giocato l’All-Star Game contro Kareem, poi ho allenato contro di lui, e infine ora commento l’evento in TV, e lui sta ancora giocando…”

La guardia dei Celtics Danny Ainge, al suo secondo ASG, segnò 12 punti uscendo dalla panchina, segnando 3 delle sue 4 triple. Bird segnò solamente 6 punti e McHale 2. La partita fu probabilmente la peggior prestazione di Larry nel mid-season classic, con la scena che venne completamente presa dall’eroe di casa, Jordan. Sembrava che Larry fosse più interessato nel supportare MJ a dominare a “casa sua”, piuttosto che prendere dei tiri per sé. All’opposto, Jordan prese 23 tiri in 29 minuti.

I veri fuochi d’artificio per Larry, in quel All-Star Weekend, arrivarono nella gara del tiro da tre punti, dove si guadagnò il suo terzo titolo consecutivo.

Fu accoppiato nel primo round con Detlef Schrempf, l’uomo che batté di poco nella finale dell’anno precedente: il tedesco mancò la moneyball del potenziale pareggio. Dopo una lenta partenza, abbastanza tipica per lui, Bird cominciò a scaldarsi. Infilò tre moneyball consecutivamente, per un totale di 17 punti, che gli permisero di avanzare alla semifinali.

Bird a quel punto mise in mostra una serie di tiri eccezionali, totalizzando 23 fantastici punti sui 30 potenziali. Ainge fece un ampio sorriso e diede al suo compagno di squadra una generosa stretta di mano, mentre si dirigeva in panchina a seguito della sua eccellente prestazione. Il pubblico di Chicago concesse a Bird un’enorme ovazione.

“E’ una macchina, fatta e finita. Uno scienziato del tiro da tre punti.”

Rick Barry, analista WTBS

Nel suo round finale, Bird ebbe difficoltà nei primi 15 dei 25 tiri totali. A Larry per poter vincere (o almeno pareggiare il conto) serviva segnare almeno 7 dei 10 tiri restanti, a seconda dell’esito delle moneyball. “Ha solamente 7 punti con 25 secondi a disposizione”, avvertì il commentatore di CBS Bob Neal, mentre Bird si avvicinava agli ultimi due rack.

“Sembra che gli manchi quel ritmo… da Bird”, osservò Barry, “Gli manca consistenza nel tiro”.

Ma proprio come in un copione di Hollywood, Bird cominciò a ingranare , segnando quattro canestri consevutivi: “Questo rack l’ha fatto alla grande!”, disse il co-analista di WTBS, Steve Jones. Quando anche la moneyball finì nel canestro, Ainge, seduto in panchina a tifare il suo leggendario compagno di squadra, si alzò e strillò “Pow!”. Aveva uno sguardo colmo di ammirazione, come un ragazzino che ha occhi solamente per il suo eroe.

Bird si diresse verso il rack finale, dove gli servivano due punti per il pareggio e tre per la vittoria. Con ancora addosso la sua giacchetta da riscaldamento dei Celtics, sbagliò i primi due tiri. Doveva quindi segnare gli ultimi tre per vincere.

Larry segnò il primo in modo pulito. “Questo è per il pareggio”, disse Barry, mentre Bird scoccava il secondo tiro. Il pallone centrò perfettamente il bersaglio. Mentre raggiungeva il pallone rosso, bianco e blu che valeva gli ultimi due punti, Barry molto appropriatamente disse “e questo è per il bottino…”

Bird prese la palla quasi senza guardarla e, come faceva sempre, tenne lo sguardo rivolto verso il ferro, con grande concentrazione e risolutezza. Come Heinsohn aveva fatto notare in precedenza, Larry era “come un uomo che con delle funi trascina da solo una locomotiva sui binari. Resisterà a tutto pur di vincere.”

Un attimo dopo che la palla lasciò la sua mano, puntò l’indice in aria a indicare il numero uno e si incamminò verso il cerchio del vincitore, a indicazione del fatto che fosse certo che quella palla, che aveva iniziato la parabola discendente, gli avrebbe dato la vittoria.

Quel pallone multicolore volteggiava nell’aria mentre la folla del Chicago Stadium, e milioni di altri spettatori alla TV, trattenevano il respiro. La sfera compì il suo percorso ad arco in maniera del tutto lineare per adagiarsi sulla parte posteriore del ferro e affondare delicatamente nel canestro, mentre la platea esplodeva in un grido di apprezzamento per un’altra leggendaria prestazione. Barry, egli stesso un grande tiratore, strillò un indimenticabile “Whoooooaaa!” di ammirazione, mentre il tiro vincente si insaccava.

“LARRY BIRD!”, acclamò davanti al pubblico un eccitato Bob Neal. “Allo scoccare della sirena, con il pallone da due punti in mano, conferma il proprio titolo al Chicago Stadium vincendo per 17-15… Nelle sue vene scorre acqua ghiacciata”.

Persino un pubblico tipicamente anti-Celtics come quello di Chicago fu elettrizzato a tal punto da riservare una standing ovation per questo incredibile comeback da parte del maestro. I fan, come gli hater, di Boston fecero il tifo per lui e persino i suoi avversari sorrisero come bambini, applaudendo e congratulandosi col vincitore che, in un finale “teatrale”, aveva di nuovo portato a casa il titolo.

Mentre si allontanava, Bird sorrise colmo di soddisfazione per un’altra vittoria nella gara del tiro da tre punti. “Quest’uomo è davvero uno spettacolo”, disse ammirato Barry, il quale, da ex star NBA convertita in critico televisivo, non era certo tipo da impressionarsi facilmente. “Aveva bisogno di tre canestri per vincere… E questo è il terzo titolo di fila. (…) Lo ha saputo appena ha scoccato il tiro. Si è diretto immediatamente verso quel grande assegno a centrocampo…”

Ancora una volta, aveva rafforzato quel suo titolo di re del tiro da tre punti e, ancor di più, la sua fama di “clutch shooter” con un’inclinazione per il dramma.

Era stato l’unico giocatore a vincere il titolo nei primi tre anni del Contest, mostrando a tutti che, quando si metteva in testa di raggiungere un obbiettivo, era quasi impossibile fermarlo. Specialmente quando qualcuno dubitava di lui, dato che ciò gli dava ancora più motivazione.

Di quel finale drammatico, Danny Ainge più tardi disse: “Era come se Larry avesse sbagliato i tiri precedenti solo per rendere il tutto più difficile, più drammatico”.

Sicuramente non è così, ma è possibile che dopo tutto ciò che il Gioco gli aveva dato, gli servisse una situazione drammatica per ingolosirlo e spingerlo a dare veramente il massimo.

Nel 2008, vent’anni dopo, in uno show su TNT a memoria dei vecchi All-Star Weekend, il team di “Inside the NBA” ha proposto una retrospettiva dei memorabili eventi accaduti in quel fine settimana dell’88. Anche il più che schietto Charles Barkley ha detto:

“Adoro riguardare ai bei tempi andati, quando si giocava del vero basket e non questa roba di oggi. I giocatori moderni non hanno alcun rispetto per il passato”.

Messo ai box da un intervento chirurgico, Bird nel 1989 perse il suo primo All-Star Game della decade. C’era un oscuro presagio nella Lega, un segno che i grandi anni ’80 erano finiti e il cambiamento era ormai nell’aria.

Larry tornò in azione nella stagione 1989/90 come “Comeback Player of the Year”. Fu titolare nell’ASG di Miami, ma giocando solamente 23 minuti, dove segnò 8 punti, prese 8 rimbalzi, rubò 3 palloni e distribuì 3 assist. Ma fu da subito chiaro che un gruppo di giovani star in rampa di lancio (Barkley, Karl Malone e Jordan su tutti) e il loro stile di gioco avevano preso il sopravvento, durante l’assenza di Bird.

Bird inoltre non riuscì a superare il primo round della gara del tiro da tre punti. A quella edizione partecipò anche Jordan, (sua prima e unica volta) totalizzando appena 5 punti, che è anche il peggior punteggio di sempre nella storia dell’evento. Craig Hodges batté in finale Reggie Miller, vincendo il primo dei suoi tre titoli nell’evento. Ancora oggi, Bird e Hodges sono gli unici ad aver vinto per tre volte il titolo di campione nel tiro da tre punti.

In quanto a Leggenda ormai consacrata, in una Lega segnata dal suo immenso talento, Bird fu votato dai fan come partente in quintetto per le edizioni 1991 e 1992 del mid-season classic, ma in entrambe le occasioni fu costretto a rinunciare per via di dolori alla schiena. Un fatto curioso, se pensiamo che invece nelle annate ’80 e ’81 non ricevette sufficienti voti per giocare dall’inizio, nonostante avesse condotto Boston al miglior record dell’NBA in entrambe le stagioni, e fosse stato nominato per il “First Team All-NBA”.

L’NBA era a quel punto in una situazione finanziaria molto solida, essendosi espansa con sette nuove squadre e avendo stipulato dei remunerativi contratti televisivi, che permisero di incrementare notevolmente anche i salari dei giocatori. Quella stessa Lega di cui CBS aveva trasmesso le serie Playoffs in differita, ora era una potenza da “prime time”, grazie a Bird, a Magic, alla rinnovata rivalità tra Celtics e Lakers, alla stella nascente Jordan e al marketing del commissioner David Stern.

Dopo le vittorie del 1988 e del 1990, Bird contava 8 vittorie e 2 sconfitte nell’ASG (e 7-2 contro Johnson, dato che la star dei Lakers aveva saltato l’edizione dell’81). Questo risultato, ai tempi in cui l’All-Star Game era una vera e propria battaglia e non solamente uno show dove la difesa è meno che un optional, portano il confronto Bird-Johnson ad un più ravvicinato 23-22 a favore di Magic, che diventa 24-22 se consideriamo anche le finals NCAA del 1979.