Il veterano discute i risvolti del suo articolo scritto per “The Players’ Tribune”

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FOTO: NBA.com

Questo articolo, scritto da Marc J. Spears per The Undefeated e tradotto in italiano da Andrea Campagnoli per Around the Game, è stato pubblicato in data 7 febbraio 2020.


L’articolo con cui Kyle Korver aveva deciso di discutere del problema del razzismo nella Lega e del cosiddetto “white privilege”, pubblicato su The Players’ Tribune l’8 Aprile 2019, ha creato parecchio scalpore.


Circa un anno dopo, Korver ha deciso di parlare a noi di The Undefeated e ci ha rivelato che i commenti che il suo articolo ha suscitato sono stati misti, ma più positivi di quanto si aspettasse.

“Alcune persone si sono dimostrate toccate nel profondo”, ha dichiarato Korver, che ai tempi era un giocatore degli Utah Jazz. “Molti ‘anziani’, anche del mondo NBA, mi hanno scritto, anche solo per dirmi grazie. Non mi aspettavo tutte queste reazioni positive, anzi, mi ero preparato per il contrario. Mi ha fatto molto piacere. Sono grato di quanto successo.”

“Non è un argomento semplice, un argomento di cui poter parlare apertamente, perché causerebbe tantissime reazioni e tantissime opinioni differenti. Malgrado abbia pensato più volte di discuterne in pubblico, ho preferito esprimere i miei pensieri con una lettera. Il cambiamento che sarebbe dovuto avvenire non si è ancora verificato. È un qualcosa di complicato, ma penso che sia necessario che ognuno faccia la propria parte e che condivida le proprie esperienze.”

Aver giocato prevalentemente con compagni di squadra di colore ha aiutato Korver a comprendere pienamente il suo “white privilege”. Kyle, che ora gioca per i Bucks, ha discusso delle conseguenze di quanto scritto nel seguente Q&A.

Quali sono stati i tuoi pensieri quando hai finito di scrivere il tuo articolo e aspettavi che fosse pubblicato?

Bisogna fare una distinzione importante: una cosa è avere opinioni e pensieri, un’altra è metterli per iscritto. Ad essere onesto, non ho mai pensato a cosa sarebbe potuto succedere una volta pubblicato il mio pezzo. Non sono stato obbligato da nessuno, volevo solo condividere le mie esperienze e per questo ci ho messo il cuore. L’articolo è frutto di anni e anni di pensieri e ragionamenti. Ci ho messo molto tempo a trovare le giuste parole, non è stata di certo un’illuminazione divina.

Come ho già detto, l’unica cosa che potevo fare era condividere la mia esperienza e i miei difetti. Siamo atterrati da una trasferta il giorno della deadline con The Players’ Tribune. Erano le 3 del mattino e ho passato tutta la notte nel mio garage a leggere e rileggere quanto avevo scritto. Finalmente mi sono convinto che quello che avevo buttato giù poteva andare bene, era un argomento di cui volevo davvero parlare.

Come ti è venuta in mente l’idea di scriverlo?

L’idea è nata ad Atlanta (quando Korver militava nelle file degli Hawks, ndr). Era un periodo in cui stavano accadendo molte cose, sia a livello locale che a livello nazionale. E io non riuscivo bene a capirne il significato. Ero imbarazzato.

Ho vissuto in diversi luoghi durante la mia vita, posti dove la diversità era vista in maniera diametralmente opposta. Sono nato a Paramount, California. Mi sono trasferito in Iowa. Poi Omaha, in Nebraska, Philadelphia, Utah, Chicago, Atlanta, Cleveland e di nuovo in Utah.

Ho quindi cercato di comprendere meglio ciò che non mi era chiaro, ho iniziato a parlare con molte persone e a fare le mie ricerche. Quante cose non avevo capito, nonostante giocassi nella NBA. Erano i tempi delle proteste in NFL e io continuavo a non capire.

Ma quando sono capitati una serie di eventi significativi, ho come compreso di avere la possibilità di dire qualcosa. Quindi ci ho provato per davvero. Se quello che ho provato a raccontare contribuirà a cambiare davvero qualcosa, però, non lo so.

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FOTO: NBA.com

Quali sono state le reazioni al tuo articolo?

Alcune persone si sono dimostrate molto espressive. Ho ricevuto mail. Ho ricevuto lettere. E ovviamente, sui social ho trovato opinioni contrastanti. Ho ricevuto anche un po’ di spazio su diversi media. Le reazioni sono state sia positive che negative. C’è chi ha pensato che il mio lavoro sia stato di grande aiuto, come chi il contrario, anzi quasi doloroso. Alcune persone hanno mostrato rabbia. Altre hanno deciso di fare lo stesso, ma in modo silenzioso.

Tra coloro che hanno reagito positivamente, c’è stata una persona che ti ha colpito in modo particolare?

Diverse persone, ogni giorno, venivano da me. Ora la situazione si è appiattita, è da un po’ che non se ne parla più. Diversa gente mi ha detto che le mie parole sono state ricche di significato per loro. Sono molto orgoglioso di quanto ho fatto, spero possa essere stato d’aiuto per qualcuno.

Come hanno reagito i tuoi compagni dei Jazz?

Ho condiviso quasi tutto il percorso con loro. Poi, ovviamente, avevo un piccolo gruppo di compagni con i quali mi confrontavo maggiormente, poiché ritenevo potessero aiutarmi a non perdere di vista l’obiettivo. Un paio di loro sono stati direttamente coinvolti nel progetto.

Come ti sei sentito dopo aver espresso la tua voce?

Ho cercato veramente di mettere il cuore in quello che ho scritto. Ho capito che c’è un’enorme differenza tra l’avere pensieri casuali nella propria testa ed esprimerli con una persona a porte chiuse, e il dover articolare qualcosa con la consapevolezza che qualcuno te lo criticherà.

La cosa maggiormente positiva di questa esperienza è che mi ha permesso di pensare. Ho speso anni a cercare di capire e anni a parlare con tantissime persone diverse per arrivare al punto. Sono arrivato alla conclusione che questo è solo un punto di partenza, e che la strada per essere davvero d’aiuto è ancora lunghissima.

Cerco anche di non rilasciare troppe interviste, non voglio che si pensi che mi voglia creare una narrativa. Sono piuttosto riservato e lascio che il pezzo parli per me. E penso che questo articolo sia in grado di farlo.

Dopo che la tua voce è stata ascoltata, sono capitati particolari episodi?

Mi sono rimasti a cuore diversi momenti. Sto cercando di supportare delle tematiche che ho sempre sostenuto dietro le quinte. C’è stata una coppia che ha parlato con me di fidanzamento. Mi sono sentito entusiasta. Non mi spaventa entrare anche in questi ambiti, ovviamente con la giusta delicatezza. Cerco di essere umile.

Cerco di capire dove si trovi un’opportunità. Poter parlare con le persone è sicuramente un grande privilegio.