I Suns sono in un purgatorio, e stavolta non dipende da Frank Vogel.

FOTO: NBA Central

Questo contenuto è tratto da un articolo di John Voita per Bright Side Of The Sun, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


I Phoenix Suns sono ammaccati e malconci, e tutti i tifosi sono proprio lì, in trincea, a sentirne il peso. Una commedia di errori ha portato a questo momento desolante della storia dei Suns. Un record di 15-18, un monte stipendi sovraccarico, un tesoro sterile di scelte al Draft e un senso di soffocante stagnazione. Sembra che non ci sia via d’uscita, vero? Ma nell’NBA c’è sempre una via d’uscita. Quando il proprietario è disposto ad aprire il libretto degli assegni e a spendere come se non ci fosse un domani, la speranza si affaccia all’orizzonte. Il problema è che Mat Ishbia ha costruito lui stesso questo campo minato e ora deve trovare un modo per attraversarlo. Parliamo della sindrome del nuovo proprietario. Ne avete sentito parlare. Il fenomeno per cui il proprietario di una franchigia appena nata si presenta con le armi spianate e prende decisioni come se stesse giocando a NBA 2K in modalità rookie. Phoenix lo sta vivendo in questo momento. L’inchiostro sui documenti di proprietà di Ishbia si era a malapena asciugato, prima che egli procedesse a tutta velocità, ribaltando il copione e acquistando Kevin Durant. Si è trattato di una blockbuster trade, certo, ma che ha sventrato una squadra costruita su una chimica organica; una squadra che aveva lottato fino alle finali NBA del 2021. Il Draft capital? Sparpagliato nella Lega come coriandoli. I tifosi di Houston non vedono l’ora di avere tra le mani la prima scelta di Phoenix per la prossima stagione.

Sono stati commessi degli errori. E la vera paura derivante da questi errori? La spirale frenetica dei tentativi di rimediare, per poi scavare una fossa ancora più profonda. Ecco Bradley Beal: un segno luminoso, al neon, di questo circolo vizioso. Lo scambio di Beal è l’albatros intorno al collo di questa squadra, un monumento alla disperazione miope. Guardia anziana e soggetta a infortuni, che si sovrappone a Devin Booker – indiscussa pietra miliare della franchigia dei Suns – Beal si presenta con un contratto al massimo che si estende fino al 2027 e con la ciliegina più esasperante della lega: una clausola di non scambio. Se si volesse progettare in laboratorio un contratto di un giocatore nel peggiore dei casi, l’accordo di Beal è il mostro di Frankenstein della cattiva gestione. La sua acquisizione ha incatenato i Suns, sprecando l’era Durant-Booker in maniera lenta e agonizzante. E mentre l’errore di Beal si fa sempre più lampante, altre crepe nelle fondamenta dei Suns vengono alla luce. Sono stati anche questi passi falsi?

Prendiamo Frank Vogel, l’agnello sacrificale. Licenziato dopo una sola stagione, è diventato il capro espiatorio di una squadra che l’anno scorso è inciampata nonostante abbia raggiunto un record di 32-18 nelle ultime 50 partite, assicurandosi la sesta testa di serie a Ovest. Certo, sono stati sbattuti fuori dai Playoffs da dei feroci Timberwolves, ma il crollo è stato davvero colpa di Vogel? O è stato predisposto per fallire fin dall’inizio? Ricordiamo che il coach è stato assunto il 2 giugno con un contratto quinquennale e la promessa di allenare una squadra guidata da Kevin Durant e Devin Booker. Questa era l’attrazione, la carota che penzolava sul bastone. Due settimane dopo, Bradley Beal è entrato in scena e improvvisamente la visione di Vogel per la squadra è stata stravolta. Chris Paul è stato spedito via, Deandre Ayton – il centro che Vogel aveva apertamente elogiato come potenziale perno difensivo – è stato ceduto e il roster è diventato un mosaico di pezzi mal assortiti. La squadra che Frank Vogel aveva firmato per allenare non era quella che ha avuto. E quando le vittorie non si sono accumulate, il front office non ha esitato a cacciarlo. Ma la colpa era sua? O è stata la mano impossibile che gli è stata data? Lo scambio di Beal, i cambiamenti nel roster, le aspettative non allineate? Ogni decisione si è sovrapposta all’altra fino a quando anche il miglior allenatore non è riuscito a dare un senso al caos. Frank Vogel aveva i suoi difetti, non bisogna fraintendere. Alla fine della stagione, le voci si sono trasformate in grida sul fatto che avesse perso lo spogliatoio. Ma, nonostante le turbolenze, la sua squadra ha continuato a lottare in difesa, conquistando il 13° posto nella classifica difensiva dell’NBA. Si confronti con i Suns di questa stagione, in caduta libera verso un misero 25° posto. Vogel, con il suo roster disordinato e i suoi pezzi mal assortiti, ha comunque ottenuto 49 vittorie.

Un anno dopo, James Jones ha presumibilmente “rafforzato la profondità”, eppure eccoci qui, a fissare il barile di una stagione da 37 vittorie. Le probabilità? Più alte che mai. Quindi, chi si prenderà la colpa questa volta? Mike Budenholzer sarà il prossimo a essere macellato? No, non è questa la risposta. Non è Vogel. Non è Budenholzer. È la cattiva costruzione del roster. È l’acquisizione di Bradley Beal. Questo è il peccato originale, il momento di passaggio che ha portato quest’era del basket dei Suns nel suo attuale purgatorio.

La festa del papà del 2023 è diventata il giorno in cui questa squadra ha segnato il suo destino. Lo scambio di Beal avrebbe dovuto essere il pezzo mancante del puzzle, ma invece ha sconvolto completamente il quadro. I giocatori sono stati incolpati. Gli allenatori hanno perso il lavoro. Eppure la verità è cruda come il sole dell’Arizona: i Phoenix Suns hanno fallito con Devin Booker. Hanno fallito con Kevin Durant. Hanno fallito con Frank Vogel. E ora stanno fallendo con Mike Budenholzer. Perché, una volta commesso l’errore iniziale, la frenetica corsa per rimediare ha solo aggravato il problema. Ora, quella che si vede è una squadra divisa. Un All-Star che invecchia e che è l’involucro di se stesso è alla base di un roster paralizzato dal suo contratto gonfiato. I Suns si sono messi in un angolo senza margini di manovra, senza flessibilità e senza un percorso chiaro per il futuro. Frank Vogel meritava di più. Anche Booker. Anche Durant. Così come questa tifoseria. I Suns devono a tutti delle scuse e possono iniziare a guardarsi allo specchio.