L’NBA Cup è bella, ma ha bisogno del fattore campo

Ci siamo appena lasciati alle spalle la seconda edizione dell’NBA Cup, la prima con il nuovo nome, tanto banale quanto più efficace del terrificante “In-Season Tournament”. I Milwaukee Bucks hanno schiantato i Thunder, e ora è arrivato il momento di tirare le somme.

La sensazione avuta l’anno scorso è confermata: la nuova competizione è stata una buona idea. Le partite di NBA Cup, al netto di alcuni parquet dai colori troppo sgargianti, sono mediamente parecchio più divertenti da seguire. Il premio oneroso e la possibilità di alzare un trofeo spinge i giocatori a schiacciare di più sul pedale dell’acceleratore, a partire dai gironi.

Ancor di più dell’anno scorso, tuttavia, l’atmosfera delle Final Four a Las Vegas ha compromesso anche l’esperienza di chi guardava le partite dal divano di casa. Senza i Los Angeles Lakers e LeBron James ad attirare i cosiddetti casual fans, a Las Vegas sono rimasti solamente silenzio e seggiolini vuoti.

La stoppata di Giannis Antetokounmpo nel finale contro gli Hawks, che avrebbe fatto esplodere qualsiasi arena del mondo, è stata accolta con qualche timido applauso.

Una location neutra come Las Vegas garantisce sicuramente un ritorno economico importante, ma l’NBA ha in mano un prodotto di valore ed è chiamata a massimizzarlo. Per farlo, è necessaria la presenza dei tifosi veri e propri. Quelli che sarebbero in grado di creare un atmosfera da Playoff anche a dicembre, ma che non possono permettersi di viaggiare fino a Las Vegas nel bel mezzo della settimana.

Dateci il fattore campo anche nella fase finale dell’NBA Cup, e datecelo già a partire dal 2025.